Come sarebbe il mondo – noioso e retrogrado – se davvero assomigliasse a quello che la pubblicità del cibo ci descrive? Come sarebbero le nostre relazioni sociali, le nostre psicologie individuali? In quale tipo di società cresceremmo i nostri figli e quali questioni di genere fronteggeremmo tutti i giorni?
A questi e altri interrogativi risponde con ironia Cinzia Scaffidi nel libro Che mondo sarebbe. Pubblicità del cibo e modelli sociali, per i tipi di Slow Food Editore, appena arrivato in libreria.
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La comunicazione commerciale narra un mondo che non esiste, ma lo fa da talmente tanto tempo e così bene che spesso non vediamo più i paradossi, le follie, i nonsense che ci vengono suggeriti come se fossero desiderabili. Forse un po’ di ironia può aiutarci a recuperare quella consapevolezza di cittadini-consumatori, senza la quale nessun cambiamento qualitativo può avvenire nell’ambito di un sistema alimentare dominante, che oggi si sta rivelando il responsabile di tanti problemi economici, ambientali, di salute pubblica.
«Sugli acquisti stiamo prendendo coscienza, perché crescono le quote di consumatori attenti, consapevoli, critici e competenti che finiscono non solo per scegliere meglio il cibo, ma anche per comprarne meno. Rispetto ai modelli sociali trasmessi invece siamo culturalmente meno attrezzati. Se da un lato siamo coscienti che quelle famiglie, quelle mogli, quei mariti, quelle situazioni non ci assomigliano, dall’altro ne subiamo il fascino e, in una qualche misura, permettiamo a quella comunicazione di orientare, se non i nostri comportamenti, quantomeno i nostri desideri» commenta l’autrice.
L’evoluzione per allontanarsi dai modelli sociali e relazionali che il mercato propone si deve nutrire di tante e diverse capacità: osservare, ascoltare il non detto, interpretare i tanti segnali che le narrazioni commerciali ci offrono, fino a vedere quel che davvero abbiamo davanti agli occhi, imparando a riderne.
Patrizio Roversi nella sua prefazione ci invita a leggere il libro, «poi proviamo a risalire a monte di tutte le cose che racconta […] guardiamoci allo specchio, guardiamo la realtà, guardiamoci dentro, guardiamo cosa c’è sotto, guardiamo oltre… Poi possiamo persino guardare la pubblicità, ma con occhi diversi».
Cinzia Scaffidi è nata a Gioiosa Marea (Messina) nel 1964 e vive a Bra (Cuneo) dal 1965. Laureata in Filosofia, dal 1992 al 2015 ha fatto parte dello staff di Slow Food, di cui ha diretto il centro studi per dieci anni. Oggi opera come free lance nell’ambito del giornalismo e della formazione. Insegna Interdisciplinarità della Gastronomia presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Con Slow Food Editore ha pubblicato Guarda che mare. Come salvare una risorsa (2007, con Silvio Greco), Sementi e diritti. Grammatiche di libertà (2008, con Stefano Masini) e Mangia come parli. Come è cambiato il vocabolario del cibo (2014)