Quello della coltivazione casalinga della cannabis è un hobby sempre più diffuso nel nostro Paese. Nel momento in cui ci si approccia ad esso partendo da zero, capita spesso di sentirsi consigliare dai coltivatori più navigati il ricorso ai semi autofiorenti. Venduti da diversi e-commerce famosi – uno dei migliori è Fast Buds, noto anche come seed bank tra le più apprezzate – hanno iniziato la loro scalata verso il successo commerciale a metà del primo decennio degli anni 2000.

La loro caratteristica principale consiste nel non essere fotoperiodici. Ciò vuol dire che crescono non sulla base dei cicli di luce a cui sono esposti – che non devono comunque essere gestiti a caso – ma secondo l’età. Questa peculiarità è dovuta alla scelta di includere ibridi caratterizzati dalla presenza di ruderalis, una varietà di cannabis originaria della Siberia e in grado di crescere anche nelle condizioni oggettivamente avverse dal punto di vista climatico di quella terra.

Resistenti e facili da coltivare, i semi di cannabis autofiorenti richiedono l’attenzione a diversi aspetti quando si punta ad avere successo per quanto riguarda i raccolti. Scopriamone assieme sette.

Quando piantarli?

Quando è meglio piantare i semi di cannabis autofiorenti? Dipende innanzitutto da dove si ha intenzione di coltivarli. Se si opta per uno spazio outdoor – il fatto che le piantine non crescano eccessivamente è fantastico in quanto permette di non ingombrare troppo e garantisce il massimo della discrezione – il momento perfetto è la tarda primavera.

Dopo aver piantato i semi, bisogna attendere fino alla fine della stagione estiva per la conclusione della fase vegetativa. A questo punto, inizierà quella di fioritura. Più o meno a inizio autunno, arriveranno invece i primi raccolti.

Non rinvasare

Una regola d’oro quando si parla di consigli per coltivare la cannabis autofiorente prevede il fatto di non rinvasare le piantine. A differenza di quelle fotoperiodiche, le autofiorenti non sopportano molto la suddetta operazione.

L’acidità giusta

Quando si coltiva la cannabis – ma anche con tutte le altre piante – è fondamentale porre attenzione al pH. Qual è il valore ideale? Tra 6 e 6,5. Se si esagera sia per eccesso, sia per difetto, si può infatti avere a che fare con delle criticità riguardanti l’assorbimento dei nutrienti. Il risultato? La pianta che fa fatica a crescere.

Come scegliere il vaso

Un pensiero che è naturale fare quando ci si chiede come coltivare la cannabis autofiorente riguarda la scelta del vaso. Tutti i breeder più esperti sono concordi nel sottolineare che la tipologia di piante a cui stiamo dedicando questo articolo cresce bene anche in vasi piccoli. Attenzione, però: è bene non esagerare con le dimensioni ridotte e, se possibile, orientarsi verso vasi caratterizzati da una capacità compresa tra i 7 e i 15 litri.

La composizione del terriccio

Fino ad ora, non abbiamo parlato della composizione del terriccio, un aspetto di indubbia importanza da considerare quando si parla di coltivazione della cannabis autofiorente. Il mix ideale è quello caratterizzato dalla presenza di tre parti di torba e altrettante di compost. Proseguendo con l’elenco delle caratteristiche del terriccio perfetto per la cannabis autofiorente, ricordiamo l’importanza della presenza di perlite inumidita e vermiculite (per quanto riguarda le proporzioni, consideriamo due parti per la prima e una per la seconda).

Il giusto equilibrio con l’acqua

Quando si parla di cannabis autofiorente, è necessario fare molta attenzione all’equilibrio nella gestione dell’acqua. Trattandosi di piante compatte, non è necessario abbondare, ma nemmeno essere troppo parchi. Il miglior “termometro” per capire se si sta facendo bene è l’osservazione delle piantine.

La temperatura perfetta

Concludiamo con un cenno all’aspetto della temperatura. Quella perfetta per la coltivazione della cannabis autofiorente è compresa tra i 22 e i 25°C.

Redazione Foodmakers

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