Modica è una città di vitale importanza per la storia della Sicilia e non solo. La Contea omonima è stata sicuramente uno degli stati feudali decisivi e strategici del sud Italia e ora Modica è diventata splendida in ogni vicolo e monumento: tanto ad essere definita da tutti “La città delle cento chiese”. Ogni pezzo di strada è straordinario, pieno di spunti artistici e di grande colpo d’occhio. Città natale di artisti importanti come Salvatore Quasimodo, la città è tuttora una delle tappe più visitate nel sud-est della Sicilia.
Non manca, giocoforza, la qualità enorme della cucina locale. Dalla cioccolata modicana fino agli ‘mpanatigghi o alle buonissime scacce o primi piatti incredibili come i lolli che favi o co maccu, la pasta che paddunedda, i cavatieddi, fino ai ravioli con la ricotta.
In questo territorio vasto e ispirato, Accursio Craparo detto anche “il cuoco delle due Sicilie” ha costruito un percorso incredibile grazie a stelle Michelin meritate con il suo attuale Accursio Ristorante. Stelle e fama che lo hanno portato ad aprire in seguito Accursio Radici: luogo incantevole che immerge il cliente nelle origini e nelle passioni culinarie dello stesso Accursio. Un viaggio nel fulcro di un territorio a diretto contatto con la parte più arcaica e culturale della gastronomia sicula, cioè quella dei contadini e dei pescatori.
Lo abbiamo intervistato in esclusiva per Food Makers.
Ci parli di “Radici”. Che tipo di cucina fa e cosa vuole esprimere?
Io sono di Sciacca, in provincia di Agrigento, ma vivo qui a Modica da più di quindici anni. Il mio modo di presentare la cucina è quello di osservare la Sicilia dall’alto e guardarla a 360 gradi mettendo insieme le tradizioni della Sicilia occidentale e quelle della Sicilia orientale. Due tradizioni forti e grandi storie di radici profonde. Qui da “Radici”, ad esempio, proponiamo piatti come il macco di fave con polpo arrosto e finocchietto selvatico oppure la pasta fritta, esempi di quella cucina che non è conosciuta da tutto il mondo in quanto strettamente legata alle tradizioni di famiglia. Non facciamo piatti commerciali che puoi trovare in tutte le trattorie della Sicilia. Sono strettamente legati alla tradizione della cucina contadina come per l’appunto la pasta fritta: piatto che “buttato” il giorno dopo in padella diventa anche più buono.
Torniamo un po’ indietro nella sua storia. Lei nasce a Sciacca e ha lavorato con chef importantissimi come Leemann e Alajmo. Arrivato a Modica ha aperto La Fattoria delle Torri e poi La Gazza Ladra dove ha vinto la prima stella. Quando è venuto a Modica per la prima volta, che tipo di realtà gastronomica ha trovato? Com’era la situazione a livello di stellati ma soprattutto di qualità in cucina?
Io sono arrivato a Modica nel 2003, ho trovato la provincia di Ragusa ancora vergine di stelle. Ricordo che a fine anno, quando uscì la Michelin, il ristorante “Il Duomo” di Ragusa ottenne la sua prima stella. Da lì è stato un susseguirsi di stelle, crescita ed evoluzione. Ricordo che c’erano pochissime pescherie qui perché, allora, a Modica non c’era l’usanza di mangiare pesce. La gente era abituata a mangiare pesce solo il venerdì, ma poi negli anni Modica si è evoluta, sono aumentate le pescherie e il prodotto offerto è diventato più vasto rispetto a prima.
Ricordo che quando venivo nel periodo estivo, la “surra” (che sarebbe la pancia del tonno) la regalavano, perché non la voleva nessuno. Era la parte più grassa e quindi le persone non erano interessate a quella qualità di taglio. Io invece l’acquistavo e sapevo già che la pancia del tonno era tra i migliori tagli in circolazione. Negli anni poi si sono resi conto del valore inestimabile e ha iniziato anche ad aumentare di prezzo. Questo esempio l’ho fatto per dirle che l’evoluzione c’è stata, sia nella ristorazione che nell’offerta dei prodotti. E ora si mira sempre ad andare in campagna, nelle piccole aziende, a comprare comunque prodotti di qualità.
Mi parli dell’esperienza che ha avuto con Pietro Leemann. La principale pecularità di Leemann è la cucina vegetariana di qualità, ma è anche la straordinaria commistione e contaminazione tra la cultura cinese/giapponese e la dieta ayurvedica. Come ha riportato il tipo di cucina di Leemann nella sua attività di chef?
Io sono figlio di contadini e sono cresciuto in una famiglia in cui la sera mio papà tornava dal lavoro e portava sempre cassette di verdura e frutta fresca dai nostri orti. Sono cresciuto quindi con un’alimentazione molto mirata e attenta. Per me era quindi fondamentale fare un’esperienza in un ristorante vegetariano, fra l’altro nel primo ristorante vegetariano in Europa ad avere una stella Michelin. Nel 2001, in tempi non sospetti, quando non si parlava minimamente dei valori di quel tipo di cucina, avevo già chiaro il concetto che una grande cucina si potesse fare in assenza di carne e di pesce. Ho quindi avuto la fortuna di entrare nello staff del Joia di Milano e sono stati due anni bellissimi, un’esperienza che a oggi riporto ad Accursio Ristorante perché non fa altro che arricchire definitivamente la mia proposta culinaria.
E con Massimiliano Alajmo?
È stata un’esperienza totale. La famiglia Alajmo è composta da grandissimi maestri. Ho avuto modo di imparare non solamente l’atteggiamento e l’approccio in cucina nei confronti delle materie prime, il senso di rispetto, di sensibilità e di dialogo, ma ho avuto qualcosa di più totale. Perché fare i cuochi non significa solamente saper cucinare, ma essere molto preparati anche a livello culturale. Studiare sempre: storia, filosofia, lingue, arte. Qualsiasi forma di arte si collega con la figura del cuoco. Il cuoco è un punto dove attorno a esso girano tanti raggi che sono collegati. Io sono molto curioso, ho sempre fame di conoscere e di studiare. Questo, a parer mio, è una fortuna perché così difficilmente ci si annoia. Ogni giorno è come rinascere, è come rinnovarsi.
La stessa cucina di Accursio Ristorante tutti gli anni si rinnova. Ogni anno raccontiamo il nostro territorio con una maturità sempre più forte e con una consapevolezza maggiore presentando ai nostri ospiti tutto ciò che sono le nostre emozioni. La cucina di Accursio non è altro che ascoltare, sfilare tutto ciò che ci offre quest’isola e sintetizzare queste emozioni in un piatto, per poi condividerlo con i nostri clienti.
Tornando alla provincia di Ragusa: cosa ne pensa della realtà gastronomica attuale? E soprattutto le chiedo: quella che viviamo a Ragusa o Modica è una situazione satura o si può ancora migliorare?
La provincia di Ragusa è cresciuta tantissimo negli ultimi anni un po’ come tutta la Sicilia, e come tutto il sud Italia. Noi singoli imprenditori e artigiani ogni anno vediamo una crescita che si vede benissimo ad occhio nudo. La mia paura è: noi ci mettiamo del nostro, ma le nostre amministrazioni quando si sveglieranno? Quando capiranno che la Sicilia è un territorio molto importante basato sull’agricoltura e il turismo? Modica è la città delle cento chiese, ma la maggior parte di esse sono chiuse. Perché non si aprono questi portoni? Perché non fare un calendario di eventi da presentare come vetrina di livello internazionale? C’è tanto da raccontare e c’è tanto potenziale.
L’ultima cosa che le chiedo è: ci sono altri nomi tra le nuove aperture in questa zona che possono ambire a risultati importanti, per esempio la stella Michelin?
A Ragusa direi il Vota Vota a Marina di Ragusa, sono molto bravi e anche loro affermati. Sono ragazzi bravi e giovani che hanno voglia di crescere e fanno questo lavoro con grande passione. Attualmente però, quella che spicca di più in questa provincia è assolutamente la Taverna Migliore di Lorenzo Ruta. A livello creativo ambisce alla stella e Lorenzo è un ragazzo umile e un grande lavoratore.