Lo Chef Gianvito Matarrese ha fatto dell’evoluzione la sua filosofia di cucina, cosi nasce il suo Evo, nel cuore della splendida Alberobello, che è sì l’acrononimo di Extra Vergine di Oliva ma Evo sta anche per Evoluzione, un’evoluzione in cucina che affonda però tenacemente le radici nella tradizione.
La sua cucina fatta di equilibri tra i sapori, dove le ottime materie prime possono essere sentite e gustate in maniera distinta, una cucina chiara netta senza arzigogoli ma ricca. Evo” condensa la genuinità del territorio con la rigogliosa semplicità, qui troviamo una cucina pugliese che è diretta manifestazione dei valori umani ed emozionali del suo giovane executive chef.
Nelle sale interne il Ristorante ospita anche delle esposizioni temporanee di quadri, queste collezioni cambiano ogni tre-quattro mesi, esattamente come il menu, sempre attento alla stagionalità dei prodotti serviti.
Ciao Gianvito, ci racconti come nasce la tua passione per la cucina?
Nasce fin da giovane, volevo fare gli studi alberghieri, ma ho intrapreso gli studi di ragioneria e poi universitari con una laurea come formatore e risorse umane. In seguito ho intrapreso “sul campo” il mestiere anche se, sto provando a conseguire il diploma ugualmente da privatista perché rimane un sogno nel cassetto.
Hai avuto esperienze in cucina con Angelo Sabatelli, Marianna Vitale e Pierluca Ardito, ci racconti cosa ti hanno lasciato nella tua crescita professionale?
Credo di aver avuto dei Maestri severi, mi hanno trasmesso tanto, hanno tolto tanti anni di esperienza non fatta, con la loro pazienza nel seguirmi, le loro idee e la loro voglia di fare. Anche con qualche scappellotto in più! Credo che sono un pezzo di loro anche oggi, sono una persona piena di idee grazie a loro.
Nel 2015 hai fondato EVO, che sta per Evolution e Extra Vergin Oil”, ci racconti i suoi inizi?
Avevo diversi nomi in corsa, ma EVO racconta la filosofia del ristorante. E’ concetto, studio artistico, emozione, vita fatta di sensazioni e migrata verso un piatto, ma è anche territorio, quel territorio fortunato che abbiamo, dove pianti un seme e cresce oro.
La tua cucina s’ispira a quella delle nonne pugliesi, fatta di ingredienti tradizionali, ma con un tocco di innovazione, ci riveli il tuo segreto?
Prendo tanta ispirazione dalla gente che mi circonda. Sono un sentimentalista, uno che se non si emoziona e non vive alcune sensibilità nei rapporti umani, perde tutti gli stimoli, e di conseguenza quel “mood” creativo.
Il segreto è insito in quel sentimento, in una emozione, in una vita piena di rapporti umani, degni di essere chiamati tali, quindi oggi purtroppo rari.
Per fare un esempio, io allontano all’istante chi tradisce la mia fiducia, anche nei piccoli gesti, se ciò accade, non riesco mai più a recuperare la stessa, spegnendomi gradualmente. Meglio staccare quelle connessioni umane per me.
Purtroppo ho questo “difetto” e non riuscirò mai a perdonare questi tradimenti.
Per arrivare al piatto, inoltre, amo farmi contaminare da altre arti visive e creative. Sono un appassionato di fotografia, di arte contemporanea.
Credo che l’arte salverà il mondo. Essa è sincera.
L’arte è sincera, non mente l’arte, non nasconde nulla ma lancia dei messaggi chiari.
L’8 giugno del 1963 l’Illustrated London News presentò un articolo su un’esposizione nel Bronx Zoo, a New York. L’esibizione avvertiva i visitatori: “State guardando l’animale più pericoloso del mondo. Solo lui, di tutti gli animali mai vissuti, può sterminare (e lo ha già fatto) intere specie di animali. Ora ha il potere di distruggere ogni forma di vita sulla Terra.”
In realtà l’opera era uno specchio con delle sbarre, lo stesso rifletteva l’immagine del visitatore dello zoo.
Ecco l’arte per me è questo. Messaggio e verità.
Se ti ispiri all’arte unita ai piatti tramandati, dando una nuova idea di cucina, il gioco è fatto!
Hai partecipato e vinto la puntata di 4 Ristoranti, programma condotto da Alessandro Borghese, come miglior ristorante in un trullo, che esperienza è stata?
E’ stata una esperienza piena di emozioni, che va gestita in modo duro e solido. Aver vinto quella trasmissione ci ha fatto conoscere tanto, ma poi devi essere bravo a consolidare certi risultati. Se non hai senso di responsabilità in certi casi, la stessa ti si ritorce contro.
Ma le soddisfazioni non erano finite, Evo Ristorante» premiato come «Eccellenza ristorativa del territorio» nel corso di Splash, ti aspettavi questo riconoscimento?
Sinceramente no. Sono stato premiato da un mentore dell’enogastronomia pugliese, che è Il Professor Rizzi, una persona di una umiltà disarmante e una pacatezza che invidio tantissimo. Credo però che nel lavoro come nella vita i sacrifici ripaghino. Sono strafelice di questo risultato.
Ci racconti qual è la tua idea di cucina e come nascono alcuni dei tuoi piatti?
Credo tanto nell’ingrediente, come alleato principale nei miei piatti. Una idea di cucina diversa senza troppi artifizi ci può essere. Credo in abbinamenti azzardati, ma che funzionano. La mia isola felice è quella. La mia idea è insita in abbinamenti territoriali nuovi.
Da buon pugliese qual è il piatto del territorio a cui sei particolarmente legato?
Per assurdo non è un piatto ma due dessert.
Amo il tiramisù e i sospiri. Sono due piatti che mi fanno sognare, che mi portano, solo se rigorosamente fatti a dovere, un appagamento culinario enorme.
Sei ancora giovane, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Questa domanda porta sempre nell’intervistatore, una aspettativa di risposta a livello professionale. E col sorriso smentisco sempre. Sono appagato professionalmente, mi sento felice. Dove tutti pensano, a mio parere sbagliando a stelle e a firmamenti vari, perdendosi poi il percorso, pensando all’arrivo, il mio sogno nel cassetto ora è una famiglia mia. Sono un ragazzo che da una importanza vitale al valore umano, e tramite quello lavoriamo anche sodo in cucina con Debora, Domenico e Teresa per crescere piano piano e migliorarci.