Le due parole d’ordine, per Salvio Passariello, illuminato imprenditore partenopeo titolare dell’Agristor Due Torri, sono termini che a prima vista potrebbero sembrare antitetici: conversione e tradizione, ovverosia entrambi sostrati fondativi del suo resort, sito in Presenzano, provincia di Caserta, sulla strada statale venafrana, con annesso ristorante e sala eventi.
Un luogo che rappresenta un vero e proprio eco-sistema, uno scenario probabilmente unico al mondo, sintesi di due territori che confluiscono in un pedoclima fertile e composito: un canale irrigato, con annessa pianura, che unisce, da un lato, il Golfo di Gaeta, con la sua brezza marina, e dall’altro le correnti fredde di Roccaraso, margini meridionali dell’altopiano delle Cinquemiglia.
Le due Torri sono quelle della centrale idro-elettrica “Domenico Cimarosa” ubicata nel contiguo paese di Presenzano, prima per grandezza in Italia e seconda in Europa, con due bacini, uno a monte e l’altro a valle: il resort è formato, per giustapposizione, da due corpi distinti ma collegati che le richiamano simbolicamente nella forma dell’ingresso, quello costituente il ristorante, con cantina e camere per pernottamento, ed infine “Le due torri event”, villa per matrimoni, oltre alla fattoria didattica annessa.
L’anno di fondazione è il 2006, al termine di un prestigioso progetto di espianto dei vigneti pre-esistenti, riconvertiti in campi di coltivazione per vegetali, foraggi – principalmente mais e orzo – destinati all’alimentazione dei capi di bestiame di proprietà, provenienti dall’allevamento di famiglia, la Fattoria Carpineto. Un ciclo di totale autarchia produttiva, che è divenuto vero e proprio imprimatur aziendale, una selezione esclusiva di vitelli bianchi di razza marchigiana dell’Appennino centrale, con l’ambizione di asservire il benessere dell’animale alla qualità del prodotto finale da servire al consumatore,
Incontriamo Salvo Passariello in una piovosa ed uggiosa mattinata di metà Gennaio, appena rientrato da Roma, dove è operativo un altro dei suoi locali, la Chiancheria Gourmet Roma, che si è affiancata a quello originario della vicino Vairano: al suo fianco c’è l’inseparabile sommelier Giuseppe Ventriglia, talentuoso ventiseienne al ponte di comando di una cantina di oltre ottomila bottiglie, di circa millesettecento etichette, altra passione del titolare coltivata all’unisono con perseveranza e competenza, grande il risalto conferito ai vitigni autoctoni della terra di Lavoro, come ad esempio la leggendaria azienda Galardi.
Certamente quello che non manca è l’intesa fra i due accorti gestori, Passariello è imprenditore scafato, ma anche precedentemente cliente gourmet esigente, con una lunga gavetta nel settore eno-gastronomico: la notazione preliminare, e forse paradigmatica della sua visione, è che “spesso nel settore della carne non viene dato il giusto risalto al rispetto del ciclo biologico del bestiame, che si concreta in una mancata adeguata informazione al consumatore, sulle condizioni di crescita ed alimentazione della materia prima”.
La frollatura è un mantra rispetto alle richieste della clientela, ma spesso “è un concetto anodino rispetto alla qualità complessiva di un prodotto, il nostro obiettivo – continua Passariello – è quello di creare un ciclo integrato produttivo totalmente gestito in autonomia, dal pascolo all’ingrasso, sino ad arrivare alla macellazione, con delle tecniche di cucina e cottura che ne preservino le qualità nutrizionali, esaltandone nel contempo le caratteristiche organolettiche”.
“Il futuro – conclude Passariello – è da ricercare anche nei tagli cosiddetti poveri, come quelli del cosiddetto quinto quarto, che ci ha portato a fare un lavoro di progressivo perfezionamento e rifinitura delle preparazioni, sapori da valorizzare anche perché rappresentano il recupero di ricette ataviche della tradizione contadina dei nostri avi”.
A proposito della gestione dell’estesa cantina, Ventriglia ha le idee chiare, senza infingimenti né compiacimenti formali: “da un lato abbiamo il trend dell’abbinamento dei riesling e delle bollicine con la carne, penso ad esempio ai blanc de noirs con le tartare, dall’altro, per petizione di principio, offriamo grande risalto alle eccellenze del nostro territorio, ampiamente rappresentate anche per annate, spesso rivelatrici di virtù nascoste di aziende da scoprire”.
Non nasconde che “forse sono in voga dei vini dalle acidità e spinte fermentative eccessive, che a volte risulta complicato abbinare a piatti della tradizione come i nostri”, ma “davvero amiamo essere ecumenici e cosmopoliti, abbiamo vini di aziende da tutto il mondo, ritorniamo circolarmente ai grandi classici che hanno affermato la nostra identità enologica nel mondo, dal Barolo al Brunello, passando per il Taurasi, oltre ai bianchi da macerazione, duttili e strutturati, ed infine ai Borgogna e Bordeaux francesi”.
La degustazione conclusiva, affidata alle creazioni del nuovo chef, il trentacinquenne Giuseppe Auricchio, trascorsi prestigiosi in ristoranti stellati come il “Buco” dello chef Aversa, ne evidenzia pregi ed eterodossie, come la capacità di bilanciare freschezza vegetale e succulenza della carne, ed un’assoluta padronanza nella cottura dei diversi tagli: menzione speciale al carciofo “mammarella” ripieno di Venafro, alla successiva “tartare di manzo, burrata e zucca in saor”, concludendo con i “ravioli freschi ripieni di friarelli, erbe spontanee e brasato al Barolo” ed infine la classica tagliata di manzo.