In continuo divenire il progetto di Angela Gargiulo, titolare della Buatta Trattoria di Conversazione, che al Vomero apre il suo salotto d’epoca dove degustare le piccole Maison della Champagne. 

Angela Gargiulo è imprenditrice, con un termine quanto mai pregnante, in continuo fermento. Non paga di aver qualificato una strada pedonale – Via Filippo Cifariello, contigua alla Via Scarlatti arteria dello shopping – del Vomero, quartiere residenziale anticamente votato alla ristorazione d’accomodamento, con i suoi locali “Buatta – Trattoria di Conversazione” e “Angelina”, fa tris con l’ambiziosa “Champagneria Popolare”.

Un progetto ambizioso, nato dall’amicizia personale di Angela con Tommaso Luongo, delegato dell’A.I.S. su Napoli, imperniato essenzialmente su un lavoro di destrutturazione concettuale: sfatare il mito dello Champagne come prodotto elitario, accessibile solo ad un pubblico di bevitori qualificati e pedanti, e renderlo fruibile tout-court.

L’ingresso è totalmente coerente con la filosofia informatrice, una porta in legno anticato preceduta da un piccolo dehor esterno, una lavagna decentrata con l’indicazione dei prodotti del giorno in accompagnamento ai calici, a restituire il senso di un’informale, eppur calda, accoglienza.

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L’impressione, una volta entrati, è quella di un’anticamera belle epoque, se non che, chiosa Angela, potrebbe attagliarsi anche la descrizione di “un postribolo e casa di tolleranza, abbiamo rimandato all’atmosfera giocosa di quei luoghi, nati proprio in Francia, con una serie di suppellettili e mobilio vintage, tutti prescelti rigorosamente da me, per dare un senso unitario di arredo ai clienti ed amici che ci vengono a visitare”.

La direzione del locale è stata affidata da Angela alla propria figlia Maria Giulia Paesano, già precedentemente cerniera operativa fra cucina e sala in “Buatta”, a rimarcare l’interscambio fra le proprie attività, con relativo consolidamento della clientela, con la collaborazione tecnica della sommelier A.I.S. Sandra Restrepo, di supporto al banco.

champagneria team con carlo straface

Doveroso menzionare, preliminarmente, la disponibilità dei tre calici devoluti alla tipologia, fra cui la coppa – “modellata, agli albori, sulla forma del seno della regina Maria Antonietta, per il cui simbolismo ho un debole e che ho prescelto personalmente” puntualizza Angela – la flute tradizionale, ed infine un innovativo modello con punti perlage incisi sul fondo del bicchiere, per permettere alle bollicine di essere convogliate verso l’alto (per inciso, misconosciuto dallo scrivente e prescelto con grande interesse).

champagneria calici

Bella ed evocativa la carta degli Champagne, come accennavamo definita sotto l’egida di Tommaso Luongo, con una selezione di circa quaranta referenze, divise in zone di produzione, tra cui Valleè De La Marne, Montagne de Reims, Cote Des Blancs e Cotes Des Bar. Spazio assoluto concesso ai piccoli vigneron, nella quasi pressoché totalità recoltant manipulant, con una fascia di prezzo oscillante dai quaranta agli ottantacinque euro, possibilità di ordinare al calice quattro referenze a rotazione, per ora, con l’imminente arrivo del Coravin per bollicine, per consentire l’estensione generalizzata di tale opzione.

Per ciò che concerne il food, oltre alla concessione all’ortodossia del pairing con le ostriche – disponibili da varie provenienze – interessanti e gustosi i due taglieri, di terra e di mare. Il primo, con una teoria di prodotti D.O.P. come Gorgonzola, caprini e pecorini, prosciutto crudo sgambato, capocollo di Martina Franca, Pancetta, Giardiniera, mentre il secondo con il sigillo dello chef stellato Pasquale Palamaro. La linea Marificio rappresenta infatti i suoi “salumi di mare”, e dunque spazio alla bresaola di tonno, al girello di pesce spada speziato, ventresca di ricciola ai quattro pepi, tartina con baccalà e salmone affumicato, per quel tocco di creatività fine-dining che non guasta.

Funzionale anche la possibilità di ordinare, rispettando tempistica e modalità di preparazione, i piatti in carta dalla trattoria “Buatta”: debitamente stuzzicati dalla padrona di casa, ordiniamo delle alici fritte di giornata, e montanarine in padella, davvero dalla croccantezza notabile, pervenute al banco calde e mai untuose.

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Fra gli Champagne assaggiati, Esterlin Brut Eclat, blend di Meunier, Chardonnay e Pinot Noir, ideali sugli entree, seguendo con Seconde-Simon Grand Cru Cuveè N, dalla cremosità più marcata, fruttato e floreale. Ancora, forse il preferito dello scrivente, Pierre Legras Orior Brut, profondo e complesso, figlio di un terroir unico e da godere a tutto pasto, concludendo con il prestigioso Jean Vesselle Demi-Sec, sentori di miele e leggere note tostate, sovviene in abbinamento un dolce tipico della tradizione partenopea, ancora una volta dalla cucina di “Buatta”, i mitici struffoli, che ne sorreggono la complessità gustativa.

champagneria pierre legras

carlo straface

Carlo Straface

Carlo Straface, partenopeo di nascita, corso di studi in giurisprudenza, di professione avvocato e giornalista pubblicista, eno-gastronomia e letteratura le sue coordinate di riferimento. Sommelier di...

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