L’Azienda, nata nel 1941 per opera del suo fondatore Melchiorre Balbiano, è un gioiello incastonato nella collina di Torino. Da trent’anni la gestione è affidata a Franco Balbiano, ora con l’aiuto del figlio Luca, terza generazione di produttori.
Abbiamo intervista Luca Balbiano che rappresenta la terza generazione di questa famiglia!
Ciao Luca, la vostra azienda nasce nel 1941, ci racconti qualcosa in più?
14 Settembre 1941.
Melchiorre Balbiano è ormai un uomo e decide che gestire cascine e fare il mediatore di uve gli sta stretto. Si è sposato con Giuseppina, che porta in dote qualche terreno ed alcune vigne. Iniziare a far vino è una conseguenza naturale. In quegli anni in Piemonte, e soprattutto nel torinese, il vitigno predominante era uno solo: il Freisa. Una varietà complessa da gestire, un vero cavallo di razza, che negli anni si legherà a doppio filo alle Cantine Balbiano.
Il secondogenito di Melchiorre, Francesco, rivoluziona cantina e tecniche di vinificazione, trasformando il Freisa di Chieri (divenuto DOC nel 1973) in un vino prestigioso, sebbene ancora poco conosciuto.
La settecentesca cascina di campagna della famiglia si trasforma prima in Cantina di produzione, poi anche in enoteca ed in un museo. Nel 1990, infatti, si inaugura il Museo Balbiano: una raccolta che oggi conta oltre 2000 oggetti contadini del ‘900 e 600 giocattoli antichi.
Io sono la terza generazione di produttori. Ho scelto di legare le due passioni di famiglia: la linea di etichette dei vini Balbiano ha ora come concept proprio i giocattoli antichi del Museo Balbiano.
Molti degli investimenti fatti negli ultimi 40 anni sono stati mirati a rendere le Cantine Balbiano una realtà in grado di accogliere ospiti e visitatori da ogni parte del mondo, curiosi di conoscere l’enorme biodiversità enologica che la Collina Torinese è in grado di offrire. La nuova Villa Balbiano, appena terminata, ne rappresenta in modo chiaro e inequivocabile l’essenza.
Insieme a mio padre lavoriamo per far conoscere il Freisa molto oltre i propri confini piemontesi, anche grazie all’ambizioso progetto di recupero del Vigneto Reale di Villa della Regina a Torino.
Sono passati oltre 75 anni da quel 14 Settembre, ma l’amore per queste colline e la determinazione per metterle a disposizione del mondo non sono cambiati.
Sul vostro sito leggiamo che Luigi Veronelli, vi ha spronato tuo nonno e tuo padre a proseguire sul cammino del Freisa, ci racconti com’è andata?
Erano anni difficili per il vino italiano, specialmente quello Piemontese. Il post-metanolo è stata una fase complessa per l’intero comparto. Vitigni ormai poco diffusi come la Freisa avrebbero rischiato di scomparire. L’endorsement di un’icona come Luigi Veronelli è stata fondamentale per darci coraggio nell’andare avanti e non mollare.
ll Freisa è un vitigno complesso da vinificare, ci dai qualche informazione in più?
E’ un cavallo di razza. Bisogna saperlo domare, ma una volta capito come fare i risultati sono esaltanti. Tannino e acidità vanno gestiti con grande attenzione, a partire dalla vigna.
Luca sei il più giovane Presidente del Consorzio di Tutela delle DOC Freisa di Chieri e Collina Torinese, che effetto fa?
Dopo due mandati ora sono “ex” presidente 🙂
E’ stata un’avventura esaltante, che mi ha permesso di conoscere tantissime persone e che mi ha insegnato come si muovono le dinamiche “istituzionali” del mondo del vino. Un’esperienza molto impegnativa, che ha richiesto grandi sacrifici in termini di tempo libero e lavoro, ma che tornando indietro rifarei sempre.
Siete stati premiati nella sua Guida Essenziale ai Vini d’Italia 2019, come “Azienda emergente dell’anno” ed il nostro Freisa di Chieri DOC Superiore “Vigna Villa della Regina” 2015 con il punteggio di 95/100, un grande risultato…..qual’è il vostro segreto?
E 96/100 sulla 2020! Hehe!
Daniele Cernilli è stato per me quello che Veronelli è stato per mio padre: una grande iniezione di fiducia. Vedere riconosciuta la bontà del proprio lavoro da persone che stimi è sempre un’emozione, che ti motiva a fare ancora meglio. Nell’edizione 2019, proprio grazie al progetto Vigna della Regina, siamo stati anche premiati sulla Guida Essenziale come “Azienda emergente dell’anno”. Tanta roba!
Oltre al Fresia, tantissimi altri prodotti ci fai una carrellata evidenziandone le caratteristiche?
Da sempre lavoriamo sulle varietà autoctone della collina di Torino. La Freisa fa la parte del leone, con ben 4 vinificazioni che vanno dalla versione giovane frizzante alle superiori. Poi Collina Torinese Barbera e Collina Torinese Bonarda DOC, entrambe giovani e ferme. Infine una chicca che amo particolarmente: il Collina Torinese Cari DOC. Un vino da dessert rarissimo e quasi scomparso dalla faccia della terra: dolce ma non dolcissimo, non aromatico. Lo adoro.
Luca, entrato in azienda ti hanno affidato il progetto Vigna della Regina, ci vuoi raccontare qualcosa di più?
Beh, qui ci sarebbe da parlare per ore e ore. Quando si dice che i vini sono come dei figli è proprio vero: Vigna della Regina è praticamente la mia primogenita!
Il progetto “Vigna della Regina” nasce dall’amore e dal coraggio. Dall’amore per la nostra terra ed in particolare per Torino, una città ricca di storia, cultura, tradizioni e bellezza. Dal coraggio di rischiare, buttandosi a capofitto in un’avventura che molti credevano impossibile: ridare a Torino il suo Vigneto Reale. Dopo 400 anni di vita, viva e produttiva, negli anni ‘50 la Vigna della Regina venne completamente abbandonata, diventando un bosco. Nel 1993 la Villa della Regina inizia la sua rinascita grazie ad un lungo e paziente lavoro di restauro da parte della Soprintendenza, al termine del quale arriva una telefonata:
“Dottor Balbiano? Avremmo un progetto da proporle”.
“Di cosa si tratta?”
“Della Vigna della Regina”.
Non è servito molto per convincerci.
Guardando quella collina, in completo abbandono, ci siamo resi conto subito di quanto potesse essere importante riportare in vita un vigneto nel capoluogo di una delle regioni viticole più importanti del mondo.
Sono seguiti anni di duro lavoro: analisi dell’aria e del terreno, ricerche clonali, rimozione degli infestanti, risagomatura della collina, scasso, impianto.
Nel 2009 la prima vendemmia del “Vigna della Regina”, diventato DOC nel 2011 ed ora Freisa di Chieri Superiore “Vigna Villa della Regina”.
Uno dei pochissimi vigneti urbani del mondo, con una vista che toglie il fiato.
Un sogno, diventato realtà.
Avete anche la sezione dello shopping on line, quali sono i vostri riscontri e come sono distribuiti geograficamente i vostri clienti?
Sono un appassionato di tecnologia ed il nostro sito web ha un suo e-commerce da tanti anni.
Da qualche tempo ci siamo dedicati a svilupparlo in modo più approfondito e devo dire che ci sta dando ottime soddisfazioni.
Durante la quarantena, ad esempio, siamo cresciuti molto su quel segmento, come del resto tutti i nostri colleghi.
Da sempre crediamo molto nel rapporto diretto con i nostri clienti: chiamano al telefono e rispondiamo noi, scrivono un’email ed il risultato è lo stesso. Per questo, nell’approccio all’e-commerce abbiamo voluto fare in modo che riproponesse il più possibile l’esperienza dell’acquisto in cantina.
La nostra clientela è molto concentrata in Piemonte e nel nord Italia, probabilmente per un fatto di conoscibilità della Freisa.
Ci sono però sempre più persone che vogliono scoprire i nostri vini e le storie che hanno da raccontare: in questo il web è un grande aiuto.
Da qualche anno iniziamo ad avere delle belle soddisfazioni anche dall’export, sebbene pesi ancora molto poco nelle nostre dinamiche di vendita.
All’interno delle vostre cantine si posso ritrovare anche il “Museo delle contadinerie” ed il “Museo del giocattolo antico”, ci racconti come sono nati e cosa presentano?
Nascono dalla passione e dall’amore di mio padre per le nostre tradizioni.
Intorno alla fine degli anni ’80 è impegnato nel complesso lavoro di trasformazione della cascina di campagna della sua famiglia nella nuova sede aziendale. Nel 1986 si inaugura il punto vendita, nel 1988 è pronta la nuova cantina.
Durante il restauro degli spazi storici, sono molti gli oggetti d’uso contadino che vengono “sbaraccati” per far posto alle nuove strutture ed alle necessità di una cantina moderna. Dal vecchio granaio, dalla stalla, dal ricovero per le carrozze emergono una gran quantità di strumenti agricoli, utilizzati fino a pochi anni prima dai “vecchi” della famiglia.
Mio padre si sente molto legato a tutto questo ed il timore che la rappresentazione fisica della storia e delle tradizioni della sua famiglia venga dispersa è decisamente troppo. Per questo motivo, anzichè buttarli, gli oggetti vengono pazientemente ripuliti e restaurati in attesa di una collocazione. L’idea di un piccolo museo delle tradizioni contadine viene durante il restauro del vecchio ricovero delle carrozze: uno spazio ampio, al piano terra, perfetto per un’esposizione.
Nel 1990, dunque, viene inaugurato il Museo Balbiano. Gli oggetti che fanno parte della prima collezione derivano unicamente da ciò che si è salvato dal restauro della cascina e dagli oggetti che i vicini di casa, amici e parenti (anch’essi in fase di restauro) hanno volentieri donato, purchè gli si levasse l’impiccio di doverli buttare.
Di qui mio papà si appassiona sempre di più a questo piccolo mondo antico, iniziando a frequentare i mercatini delle pulci la domenica mattina e acquistando (con poche lire) qualche pezzo che andasse a completare la sua raccolta.
Sono passati, da allora, più di 30 anni ma la passione per l’antiquariato non è cambiata. Anzi.
Raccogliendo gli oggetti di uso contadino, qualche volta capitava di trovare anche qualche vecchio giocattolo.
Il colpo di fulmine con questo mondo è stato immediato, forse anche a causa della scarsità di giocattoli avuti durante la sua infanzia.
Durante le visite al Museo Balbiano, che spesso mio padre conduce personalmente, lo si sente di frequente dire: “Mi sono comprato da grande i giocattoli che non ho mai avuto da bambino!“.
Oggi il Museo Balbiano conta più di 2000 pezzi, gli spazi espositivi sono praticamente esauriti, ma se cercate “il boss” la Domenica mattina presto…sapete dove trovarlo!