Christian è un giovane chef valdostano di 23 anni, nonostante sia giovanissimo ha avuto la possibilità di perfezionare la sua cucina e di ampliare i suoi orizzonti grazie grazie ad esperienze europee e viaggi orientali. Terminati gli studi nella scuola alberghiera di Châtillon ha maturato esperienze in ristoranti stellati in Francia, in Spagna ed a Milano, queste esperienze lo hanno fatto maturare velocemente e gli hanno infuso diversi insegnamenti che Christian porta ancora con sè. Tutto il suo percorso gli ha permesso di scoprire differenti ingredienti, a rispettarli, prestando attenzione alla loro provenienza ed a trattarli nella giusta maniera.
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Christian, come nasce la tua passione per la cucina?
La mia passione per la cucina nasce da piccoli momenti vissuti, nei quali sono stati impressi nella mia mente profumi e gusti provenienti dalla stufa in ghisa della nonna. La cottura della trippa, una pentola di fagioli che sobbolle, sono soltanto una minima parte di ciò i miei sensi hanno assorbito. Di certo non basta solo quello, ovviamente intraprendendo la scuola alberghiera avevo capito che soltanto così stavo veramente portando avanti qualcosa, che tutt’ora amo e che è diventato un lavoro.
Quali e dove sono state le tue prime esperienze in cucina?
Le mie prime esperienze in cucina le ho avute in ristoranti e hotel valdostani, sono partito lavando i residui dei piatti sporchi fino ad apprendere le nozioni basilari.
Insieme a Alessandro Donadello gestisci la cucina di “Un mare di neve“ a Cervinia, dove presentate un menù di pesce ma anche un menù interamente vegetariano, ci racconti qualcosa di più?
Per quanto riguarda i piatti vegetariani, possiamo soltanto confermare che le abitudini alimentari si stanno maggiormente orientando verso l’utilizzo di verdure. Questo è uno dei tanti motivi per il quale abbiamo deciso di inserire l’aspetto vegetariano come principio del nostro ristorante.
L’idea di immettersi sul mercato con una strategia di pesce in montagna non è stato sicuramente facile, rispetto al panorama culinario che ci circonda. Abbiamo avuto molte persone che dubitavano del nostro progetto e di quanto poteva funzionare. Al momento abbiamo avuto un ottimo riscontro grazie anche ad alcuni riconoscimenti gastronomici ottenuti.
Tra i vostri piatti spiccano”spaghetto di barbabietola, toma e mostacciolo, affiancato dalla variazione di carciofo”, e “polpo arricciato a mano nel rooibos su spuma di patata e spinacino”, come li avete pensati?
Per lo spaghetto volevamo inserire degli ingredienti valdostani all’interno del nostro menù. Non vogliamo mai abbandonare la tradizione e l’utilizzo di prodotti squisiti che si coltivano in Valle D’Aosta. Un piccolo consiglio, per la dolcezza delle barbabietole dovete chiedere alla mia nonna!
Il carciofo ci è piaciuto fin da subito. L’intenzione era quello di servirlo con tre cotture diverse (crudo, piastrato e fritto) alfine di far degustare al cliente un prodotto con tre consistenze differenti.
Per quanto riguarda il polpo, tutto è partito da un pranzo a casa mia con un’insalata di polpo e patate alla vecchia maniera. Quindi la patata si è trasformata in una spuma calda molto soffice. Invece per il polpo abbiamo utilizzato due tecniche. Una tradizionale, che sarebbe il gesto di arricciare il polpo a mano, e la moderna, per quanto riguarda la cottura a bassa temperatura per conferire la giusta morbidezza al tentacolo.
Sei stato uno dei protagonisti per il premio #MigliorChefEmergente, che esperienza è stata?
Partecipare a #MigliorChefEmergente è stata un’esperienza indimenticabile perché c’erano colleghi di tutto il Nord Italia pronti a mettersi in gioco. Il bello di tutto ciò è nel back, dove c’erano le cucine, tutti eravamo disposti ad aiutarci tra noi, come una vera brigata nonostante si fosse in competizione. E qui capisci l’umiltà e il rispetto che devi avere quando fai questo mestiere.
Se dovessi definire la tua cucina, come lo faresti?
Direi che la mia cucina è semplice, intuitiva e gustosa. Personalmente amo ricercare ed inserire ingredienti poveri per poi valorizzarli con la nostra filosofia. Nel corso della mia esperienza mi hanno insegnato a conoscere, rispettare e successivamente a trattare la materia prima, così per come la natura ce la fornisce.
Sei un Valdostano doc, a quale piatto della tradizione della tua regione sei particolarmente legato e perché?
Alla polenta. Un piatto molto semplice, creato con pochissimi ingredienti.
È una pietanza che mi cucina tutt’ora la mia nonna, che alla sua età, coltiva ancora il mais.
Sei giovanissimo e con tanti sogni nel cassetto, qual è il più grande?
Ne ho tanti e per me sono tutti grandi. Forse uno dei quali è di avere un mio spazio non parlo soltanto di ristorante, ma anche di un terreno agricolo su cui poter coltivare e portare il cliente ad una maggiore concezione del legame tra uomo e terra.