Presentato stamattina a Napoli in Piazza dei Martiri, presso la sede dell’Ordine dei Dottori Commercialisti della Campania, il libro #CommecialistiChef a cura di Vittorio Carlomagno e Monica Montuoro, edito da Guida Editori.
Il libro si presenta come una raccolta di 100 ricette (per il rilancio del paese), così come recita il sottotitolo.
Nato da un’idea di Vittorio Carlomagno, commercialista e avvocato partenopeo, il volume si propone di rivelare una diversa anima di una categoria di professionisti che siamo solitamente abituati a vedere impegnata con scartoffie e numeri.
La visione di Carlomagno, come lui stesso ci conferma, della professione sia di dottore commercialista che di avvocato, è diversa da quella risalente alla nascita di queste figure professionali, anzi necessita di una sorta di revisione dettata dall’evolversi della società e soprattutto delle attività con cui questi professionisti vengono in contatto grazie al loro lavoro.
“Siamo in un’epoca che richiede specializzazione”, dichiara Vittorio Carlomagno, “ora più che mai il professionista deve conoscere bene la materia sulla quale va a intervenire, deve studiarla e capirla e molto spesso deve porsi come tramite per la internazionalizzazione delle aziende, sapendole anche comunicare e proporre, quindi la preparazione è fondamentale”.
Tutto ciò per comprendere meglio l’approccio che il professionista ha con materie più che mai attuali come appunto il food o il turismo e che ha portato a iniziative come quella che avrà luogo domani.
Negli ultimi due anni anche i professionisti più impegnati sono stati costretti dai vari lockdown a rallentare i propri ritmi e per molti di loro questo ha significato un riavvicinamento ai fornelli che ha riscoperto antiche passioni.
Da qui l’idea di riunire 43 professionisti che hanno proposto loro ricette, rinominate con diciture che richiamano la loro professione, con tanto di spiegazione e suggerimenti di abbinamento anche con il vino, che sono state raccolte da Vittorio Carlomango e Monica Montuoro.
Domani questi 43 professionisti sfileranno per l’occasione nella sala convegni dell’Odcec Napoli in Piazza dei Martiri 30, durante l’appuntamento che vedrà presenti anche protagonisti del mondo del food campano.
Indosseranno tutti una giacca da chef e non giacca e cravatta per sottolineare la poliedricità che oggi si richiede al professionista, la necessità di rompere in qualche modo gli schemi.
Al divertimento si unirà la beneficenza in quanto il ricavato della vendita del libro verrà devoluto al banco alimentare e già domani verrà consegnato un assegno ricavato dalla “autotassazione” degli autori.
Ecco alcune ricette
SUA MAESTA’ IL FRIARIELLO A SCAGLIONI
Dosi/ingredienti per quattro persone:
1/2 kg di friarielli
1 spicchio d’aglio
1 peperoncino piccante
olio extravergine d’oliva q.b.
sale q.b.
Il friariello è una verdura tipicamente napoletana, da non confondere con i broccoli. E’ considerato un contorno, ma è molto di più. Ci sono diverse teorie sulla sua preparazione. Mammina li preparava in una pentola alta, più stufati che fritti. A mio giudizio, invece, occorre un padellone largo, tipo il “wok” orientale (giapponese, se non vado errato). Come detto in premessa, mi faccio “pulire” i friarielli dal fornitore di fiducia. Arrivato a casa, li immergo nel lavandino pieno d’acqua per una decina di minuti, poi tolgo il tappo. Nel frattempo, dentro al padellone, l’aglio e il peperoncino, adeguatamente “sfrigolati”, avranno svolto il proprio lavoro e saranno eliminati. Dovrebbero approvare un D.P.C.M. che imponga l’espulsione dalla pentola dell’aglio soffritto. Per evitare fiammate, è bene far raffreddare un po’ l’olio; poi si aggiungono i friarielli, che sembreranno tanti, ma tranquilli, dopo un po’… si “ammosciano”! Con un grande coperchio che letteralmente “premo” sul padellone, faccio in modo che i friarielli in cottura diminuiscano di volume. Ogni tanto li mescolo (a Napoli diciamo: “li giro”). Se proprio occorre, per evitare bruciature, aggiungo un bicchierino d’acqua. Non mi sento di dare un minutaggio per la cottura, si va a occhio. L’acqua si deve asciugare e alla fine si sala il tutto. Secondo i classici, il friariello va servito insieme alle salsicce o alla cosiddette “cervellatine”, ovvero salsicce più magre e più lunghe. Ci vorrebbe un webinar per discutere del matrimonio “salsicce e friarielli” e sulla salsiccia con o senza il finocchietto. Io penso, piuttosto, che il friariello sia così soave da poter accompagnare qualsiasi pietanza. Anche la mozzarella, per intenderci. Sua Maestà si adatta a tutti gli scaglioni d’imposta.
Il vino da abbinare? Varia rispetto al secondo piatto a cui si accompagna il friariello. In linea generale, suggerirei un Aglianico o un Taurasi.
ORECCHIETTE PROGRESSIVE ALLE VONGOLE TRADITE
Dosi/ingredienti per quattro persone:
750 grammi – 1 kg di vongole veraci
1 spicchio d’aglio
olio extravergine d’oliva q.b.
5 pomodorini del piennolo
400 gr. di orecchiette di Gragnano
Quattro cucchiai di friarielli già cotti
prezzemolo
sale e pepe q.b.
Soffriggete in una padellona l’olio con l’aglio in camicia “scamazzato” con un pugno. Appena imbiondito l’aglio, toglietelo (come detto, l’aglio imbiondito si toglie per legge, per D.P.C.M.) e aggiungete le vongole. Aperte le vongole, sollevatele e mettetele in una ciotola, lasciando l’intingolo nel padellone (per prudenza, filtrate tutto per evitare che la maledetta sabbia rovini il piatto). Aggiungete i pomodorini del piennolo (squisitezza nostrana): uno a persona più uno per la padella, in questo caso cinque spaccati a metà. Se occorre, versare mezzo bicchiere d’acqua. Lasciate appassire i pomodorini. Nel frattempo, si saranno cotte le orecchiette da scolare “al dentissimo”. Mettete nella padellona le orecchiette e a cottura quasi ultimata aggiungete i friarielli (non troppi, i sapori devo essere in equilibrio) e le vongole. Spadellare per bene e impiattare, spolverando col prezzemolo tagliato finemente. Buon appetito.
p.s.
Vongole “tradite”….dai friarielli, con porzioni da aumentare progressivamente in relazione alla stazza dei commensali.
Vino suggerito: Fiano di Mastroberardino, ma non disdegnerei il rosato delle Cantine Farro di Bacoli, entrambi da servire freddi.
SPIGOLA IN AUTOTUTELA ALL’ACQUA PAZZA
Dosi/ingredienti:
2 Spigole da 500 grammi circa
2 spicchi d’aglio
100 gr. di olive di Gaeta
½ kg di vongole veraci
½ kg di cozze di scoglio
olio extravergine d’oliva q.b.
prezzemolo
sale q.b.
un bicchiere di vino bianco (Greco di Tufo)
Aprire in due pentolini (separatamente) vongole e cozze, fornelli spenti immediatamente perché la cottura continuerà dopo.
Imbottire le spigole, preventivamente eviscerate e pulite dal pescivendolo, con la metà delle cozze e delle vongole (chiaramente senza i gusci), aglio a pezzetti, prezzemolo. Disporre le spigole in un ruoto con olio, acqua, olive, pomodorini aperti con le mani. Cuocere a fuoco medio e a metà cottura aggiungere il vino lasciando asciugare. A cottura quasi ultimata aggiungere i frutti di mare (con i gusci) e aumentare la fiamma.
Ultimata la cottura, pulire le spigole e disporle in un vassoio (oppure le quattro metà della spigola in quattro piatti) guarnendo con i frutti di mare ancora nei gusci. Con un cucchiaione aggiungere il sughetto rimasto, spolverare di prezzemolo tritato finissimo. Una spigola così ci autotutela anche dal colesterolo. Buon appetito.
Vino consigliato: Falanghina delle Cantine Farro di Bacoli