A poche ore dalla riapertura dei ristoranti in Italia, ho sentito come ha vissuto lo stop forzato Francesco Sodano, chef stallato del Faro di Capo D’Orso – Maiori (Sa).
Sono figlio d’ arte e cittadino del mondo.
Ho avuto la fortuna di viaggiare tanto per lavoro e per passione. Nei luoghi visitati, ho provato e scoperto tante culture diverse che riporto ogni giorno nei miei piatti. Ho impiegato poco a capire che la passione per la cucina sarebbe entrata nella mia vita senza lasciarla mai più. Mia mamma mi insegnò la famosa “montata a nastro” per le uova e, ricordo, che già allora restavo incantato dalla reazione che avevano le uova nell’incorporare aria e montare con lo zucchero, fantastico!
Il mio percorso nasce da qui, dalla “famiglia”, dalle mie origini che rappresentano il mio punto di partenza. Dalla mia prima esperienza nazionale, passando per quelle internazionali fino a Il Faro di Capo D’Orso, ho sempre portato con me i valori e i sapori della mia terra. Tutto aveva preso la sua giusta connotazione, ma lo sappiamo la vita è sempre imprevedibile.
Mentre i miei pensieri erano “annegati” in nuovi menù, lievitazioni, nuovi ingredienti e progetti creativi, arriva l’inaspettato…il Covid-19.
Chi lo avrebbe mai detto che sarei rimasto chiuso in casa per più di due mesi senza la mia “normalità”, senza i miei fornelli, le mie pentole e la mai cucina.
Un’esperienza che ti segna, ti abbatte, ma ti rende anche più forte e migliore se ne riesci a prendere il buono che ne deriva da ogni cosa negativa.
Si dice che da ogni crisi può nascere una grande opportunità e da ogni battaglia un luogo da ricostruire. E’ verissimo.
Ho avuto tanto tempo per pensare, ragionare su un mondo che prima era troppo rapido e non permetteva di capire in cosa era negativo. Così ora tocca a noi un “reset” e un “restart”, consapevoli di dove eravamo, e fiduciosi del dove vogliamo arrivare.
Dopo due mesi e milioni di tutorial sui mille modi di cucinare, panificare e essere pasticcieri, siamo sicuri di volere ancora questo??
Questa pandemia che ha sconvolto il mondo ed ha cambiato le nostre abitudini per sempre, forse, ci porta alla consapevolezza che è arrivato il momento di “osare” e spingerci oltre la nostra tradizione.
Non abbandoneremo “mai” la nostra cucina, la stessa che ci ha portato a essere riconosciuti in tutto il mondo. Va rispettata e valorizzata nei dining senza compromessi, ma bisogna di pensare di vedere oltre, cambiare, attrarre il consumatore e “immergerlo” al centro di un viaggio sensoriale del gusto, fatto di ricerca ed esplosioni di gusti e sapori.
In Italia la ristorazione “innovativa” stenta a decollare. Il perché è semplice da spiegare. Le persone devono essere formate all’idea del nuovo gusto. Non ci si arriva facilmente, ma il compito di noi chef è anche questo: fare cultura gastronomica.
Sono convinto che questo è il momento giusto; ne ho parlato anche con altri colleghi e sono fiducioso che da questa crisi storica, possano nascere nuove forme di saperi gastronomici.
Sosteniamo il nostro il Paese, allontaniamoci dalla grande distribuzione, aiutiamo gli artigiani, i piccoli produttori, diamo voce a questi “eroi” che si sacrificano tutti i giorni per valorizzare i prodotti d’eccellenza del nostro territorio.
Mai come ora, bisogna avere una mentalità “open minded”, inserendo il mondo, fatto di vita ed esperienza, nei nostri piatti.
Perù, India, Cina, Giappone, Europa. Ogni piatto farà riferimento all’arte, al mio estro, alla mia terra, ai luoghi suggestivi che ho visitato. E’ ora di ripartire. Ma per farlo bisogna portare avanti nuove idee, osare come hanno fatto i grandi e cambiare la mentalità che gira intorno al mondo della cucina, quella realizzata per lasciare un’emozione indelebile nella mente di chi viene a provare i nostri piatti che avranno un’ingrediente in più: i saperi del mondo.
Voglio essere “Avanguardia” di un nuovo “deal” di chef.
Avanguardia è avere la propria visione e portarla avanti.
Be afraid!!!