Davide De Pra, classe 1985, con due passioni fortissime: la cucina e lo sci. Muove i primi passi tra i fornelli dando una mano nella pizzeria di famiglia,dove grazie ai suoi genitori viene contagiato dalla passione per la Ristorazione.
Nell’estate del 2013 Matteo Metullio lo chiama per fargli da spalla al ristorante La Siriola, del quale aveva appena preso le redini. Inizia così il percorso che vedrà la prima stella confermata e la tanto ambita seconda stella Michelin assegnata a novembre 2017.
Insieme vincono il concorso Chef emergente 2014_15. Davide partecipa inoltre come chef guest, insieme all’amico Matteo, per Ritz Carlton, Intercontinental hotel, Ranstad ed altre importanti realtà enogastronomiche sia in Europa che in Asia.
Nel 2018 Davide sposa a pieno il progetto della famiglia Benvenuti per i Duchi d’Aosta e insieme a Matteo coordina la nuova offerta ristorativa di Harry’s bistro e Piccolo restaurant.
Lo abbiamo intervistato
Ciao Davide, due le tue passioni, la cucina e lo sci, come nascono?
Nascono entrambe grazie all’ambiente che mi circondava da piccolo. Lo sci ha sempre significato libertà, e la prospettiva di fare un lavoro all’aria aperta e con persone sempre nuove. Dello sci amo l’adrenalina e la forza che mi trasmette e l’interazione con la natura. La cucina credo di averla nel sangue, i miei genitori hanno gestito diversi locali sin da quando io ero bambino e sono stati loro a trasmettermi l’amore per il mondo dell’ospitalità, mio padre in particolare quello per i fornelli, mia madre il rispetto delle persone e del loro lavoro, e l’onestà.
I tuoi primi passi tra i fornelli li fai nella pizzeria di famiglia, che anni sono stati?
Adoravo aiutare mio padre fare pizze, è stato il mio primo, e credo più “intenso”, lavoro. Non è facile lavorare con i propri genitori, sono gli insegnanti più duri, ma sicuramente sono riusciti a trasmettermi la passione, il senso del dovere, del sacrificio e l’amore necessari per emergere in un mondo oggigiorno così complesso. Vedere i miei genitori lavorare tanto avrebbe dovuto dissuadermi dall’intraprendere la stessa strada, ma credo siano riusciti inconsciamente a trasmettermi la loro passione e voglia di crescere che sono fondamentali per non soccombere.
Hai lavorato in diversi ristoranti stellati (a Malga Panna a Moena, Le due Spade a Trento) cosa ti hanno trasmesso?
Qui vorrei aprire una parentesi, si tende ormai a parlare solo di chef stellati, ma non bisogna dimenticarsi di quanti bravissimi professionisti ci sono, che lavorano in hotel e ristoranti di livello ma senza stella. Secondo me l’importante è trovare nel proprio percorso dei maestri che siano in grado di trasmetterti due cose importantissime: la passione e la valorizzazione della materia prima. Io ho avuto questa fortuna, grazie a grandi professionisti come: Oscar Tibolla, Alessio Strim, Michelangelo Croce, Paolo Donei, Federico Parolari, Yoshitaka Miyamoto. Da ognuno di loro ho imparato diversi aspetti della vita in cucina. Mi hanno insegnato il rispetto degli ingredienti, collegato sempre alla ricerca della qualità. Non importa se stai cucinando foie gras o una semplice pasta al pomodoro, è fondamentale lavorare con prodotti eccellenti e saperli lavorare in maniera appropriata. Non importa per chi stai cucinando, ogni ospite è il più importante della sala. Mi hanno insegnato di non accontentarsi mai e di cercare costantemente di migliorarsi. Mi hanno inoltre trasmesso la voglia di crescere e migliorare, e che senza sacrifici certi risultati non si raggiungono. Durante questi anni ho rinunciato a una buona parte di vita privata, amici, ragazze, serate fuori…ma è l’unico modo di arrivare.
Nel 2013 inizia la tua esperienza alla Siriola con Matteo Metullio, ci racconti che esperienza è stata?
E’ stata ed è tutt’ora un’esperienza molto appagante e stimolante, non solo per i risultati ottenuti in poco tempo, ma anche per il gruppo di lavoro. Fin dall’esperienza con Oscar Tibolla, dove io e Matteo ci siamo conosciuti, i nostri destini si sono incrociati, sarà forse un caso ma siamo nati, in anni diversi, con solo 2 giorni di differenza. Fin da subito abbiamo trovato un feeling fuori dal comune, e si è creata una sinergia in termini di gusti, idee, metodi di lavoro, tipologia di cucina. Ed è grazie a questo legame particolare e alla costante di ricerca di nuovi stimoli che è nato il progetto Harry’s a Trieste, che ora portiamo avanti insieme, dividendoci tra i fornelli e gli uffici dell’alta montagna, e quelli del mare.
Da quest’anno lavori anche all’Harry’s Restaurant, che cucina proponete?
Proponiamo la nostra cucina, quella non cambia. Cambiano le formule, in Alta Badia abbiamo comunque due stelle, il che ci permette di “osare” di più a volte, a Trieste lo facciamo gradualmente. Il Bistrò propone grandi classici, rivisti con i nostri occhi e sempre usando grandi prodotti. Uno dei piatti più quotati è lo gnocco al pomodoro, semplicissimo, ma la ricetta dello gnocco è una ricetta speciale che ho imparato da uno dei miglior maestri, mentre per la salsa di pomodoro usiamo 3 tipi di pomodori diversi, lavorati con tecniche diverse. Per quanto riguarda il Gourmet proponiamo piatti più elaborati, ma che rimangono mediterranei e fedeli alla nostra filosofia del kmVero; un vero e proprio confronto e unione dell’esperienze dei viaggi che entrambi abbiamo fatto in giro per il mondo.
Come bilanci la tua cucina tra innovazione e tradizione?
Sono sempre stato molto affascinato da tutto quello che è nuovo, in tutti i campi, mi considero un po’ pioniere in molti ambiti! Ovviamente anche in cucina ho sempre trovato molto interessante studiare e provare prodotti e tecniche poco conosciuti ed innovativi. Dall’altro lato però sono convinto che l’innovazione non possa esistere senza un’ottima conoscenza del passato, delle tradizioni e dei metodi di preparazione classici. Inoltre, credo ci siano molti e diversi modi di essere innovativi, nella mia cucina, per esempio, cerco l’innovazione nel gusto e nei contrasti più che nelle preparazioni. Infatti spesso accade che partendo da una ricetta a base classica la sviluppiamo esaltandone ogni singolo ingrediente.
Qual è il tuo piatto della memoria a cui sei particolarmente legato?
Ovviamente la pizza, non solo la adoro in tutte le sue forme ed espressioni, ma ci sono proprio legato, è dalla pizza che è partito tutto il mio percorso.
Qual è stata la tua reazione quando hai saputo della prima stella per Harry’s Piccolo?
Io e Matteo avevamo già condiviso la gioia della seconda stella l’anno scorso e altri successi in passato, questo però è il primo passo verso un progetto che non ci vede come chef e sous chef, ma nella nuova veste di chefs corporate, per questo l’emozione è stata amplificata. Eravamo tutti molto emozionati ed è stato bello riuscire ad andare alla premiazione tutti insieme, incluso il patron Alex Benvenuti e naturalmente il nostro resident Chef Alessandro Buffa. So che questo è solo il primo passo per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati, ma non nego che non sono riuscito a trattenere le lacrime.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
I sogni nel cassetto sono in un cassetto…cerco nella quotidianità di vivere a 300 all’ora e di essere orgoglioso di quello che faccio giorno per giorno.