Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto. (Oscar Wilde)
Beh come non essere d’accordo con Oscar Wilde, ormai in ogni settore le donne emergono con successo spesso superando i loro colleghi uomini, eppure il pregiudizio rimane tale soprattutto in alcuni ambienti come quello degli Chef.
Ultimamente a Parigi durante i 50 Best Talks, al momento delle domande del pubblico, il giornalista Fulvio Marcello Zendrini ha chiesto “Excuse me, where are women?” Infatti sul palco c’erano cinque chef a rappresentare la Francia, ma erano tutti uomini.
Lo chef tre volte stellato Yannick Alléno ha risposto che le donne, pur numerose ed elementi fondamentali nelle sue stesse cucine (ne ha 46 nelle brigate dei suoi locali, quattro dei quali nella sola Parigi) sono in generale in minoranza numerica nell’alta cucina perché è per loro più difficile affrontare un lavoro dai ritmi serratissimi e orari difficili, dovendo magari occuparsi della casa e dei figli. Ha detto che cerca di andare loro incontro con turni mattutini o pomeridiani perché, essendo in famiglia le deputate alla cura dei figli, cerca di farle andare a casa presto. E ha poi sottolineato che rientrare a casa da sole la notte è più pericoloso e si preoccupa per le sue dipendenti.
Abbiamo perciò pensato di chiedere un parere a 4 chef:
Marta Scalabrini , Bianca Celano , Barbara Agosti ed Alessandra Civilla
Cosa pensi delle recenti polemiche relative al lavoro di Voi chef donne, gli uomini pensano che abbiate dei limiti?
Marta Scalabrini – Una volta un uomo di mezza età, ben vestito, entrò nel mio ristorante a metà mattina.
“Buongiorno, come posso aiutarla?” dico io uscendo dalla porta della cucina.
E lui, sogghignando divertito perché già si pregustava la sua battuta a effetto: “ah sì, mi si è giusto slacciata una scarpa”.
“Coglione”, penserà qualcuno di voi (anche se non fatico a credere che a qualcun altro la battuta sia risultata divertente), “ma sarà un caso sporadico”.
E invece potrei raccontarvi anche di quella volta che, mandata a prender parte al comitato di organizzazione di una importante competizione internazionale di cucina, dopo una sfilza di presentazioni a suon di Chef Tizio e Chef Caio, quando è arrivato il mio turno sono stata presentata, privata del titolo professionale riconosciuto a tutti gli altri uomini, come “la signora….”. Trattata da subalterna sono stata oggetto di uno scambio di mail tra gli altri componenti, tanto maldestri da lasciare il mio indirizzo tra quelli in copia conoscenza. Tralascerò i contenuti ma fu tragicomico vedere uno di questi uomini, a frittata fatta, venire da me e dirmi che “sa, so che potrebbe sembrare un caso di esclusione perché è donna, ma in realtà è un problema di “blasone”. Ci vuole qualcuno che abbia più esperienza, più riconoscimenti,… le stelle”. Superfluo dire che mi sostituirono con un loro amico, uomo, con esperienza pregressa non pervenuta.
Oppure potrei raccontarvi di tutte quelle volte in cui: “il titolare?” “sono io” “ah – aria perplessa – lei?”
Potrei dirvi di quella volta che in una brigata di cucina mi è stato detto che se ero mestruata dovevo dirlo perché così non mi facevano impastare il pane che se no “il lievito muore”.
Potrei anche dirvi di quella volta che in seguito alla partecipazione ad una trasmissione tv sono stata ricoperta di insulti e false recensioni che, nessuna esclusa, in un modo o nell’altro avevano a che fare con il genere: “dovresti dedicarti ad attività sotto le lenzuola anziché sopra le tovaglie”, “avresti bisogno di una cura di” testosterone (parafraso).
Stavo quasi dimenticando della volta in cui mi sono venuti a chiedere a chi avessi dispensato favori sessuali per farmi dare un importante riconoscimento gastronomico.
Esclusi quelli che hanno riso alla battutina della scarpa slacciata che penseranno che io, in quanto esponente del gentil sesso, non faccio altro che lamentarmi e avere manie di persecuzione, forse gli altri si chiederanno come mai ho accettato tutto questo senza dire nulla. Vi dirò che ho scritto varie cose sul tema, tra cui un articolo per l’8 marzo che parlava del problema delle donne in cucina dal titolo “la verità, vi prego, sulle donne”. Me lo avevano chiesto, un pezzo su un argomento a scelta che mi stesse a cuore. La risposta quando l’ho consegnato (a un uomo)? “è troppo incazzoso ma adesso non riesco a sistemartelo”. Articolo non pubblicato.
Ora mi chiedo: come si dovrebbe parlare del problema discriminatorio nei confronti delle donne? In maniera edulcorata per non urtare la sensibilità o, peggio, per non annoiare chi legge? Facendo spallucce come fanno ahimè anche alcune donne, dicendo che “eh ma è così, sai quanto volte mi è successo?! Ma faresti meglio a non lamentarti se no alimenti la convinzione che noi donne non sappiamo sopportare”.
Bianca Celano – Purtroppo è un pensiero comune, ovviamente non generalizzato, ma serpeggia in molte cucine. Nel mio ristorante ho avuto per anni una brigata di soli uomini che, seppur rispettandomi e stimandomi, avevano una loro complicità dalla quale mi escludevano in quanto donna. Altra difficoltà che ho incontrato, pur avendo una storia da imprenditrice, ho conosciuto fornitori che chiedevano di parlare con un uomo perché non mi ritenevano un’interlocutrice valida.
Barbara Agosti – Penso sia molto triste dover ancora discutere queste tematiche tra parità o disparità tra i sessi. credo personalmente che ci siano donne adatte e donne meno adatte allo stesso modo di uomini adatti e uomini meno. Non amo le classificazioni per genere mi piace confrontarmi con le persone, ho incontrato uomini con molti limiti e altrettante donne!
Alessandra Civilla – Penso che a volte il nostro unico limite sia di dover perdere tempo a far capire agli uomini quanto siamo forti e che siamo brave al loro pari e spesso di più! Il limite molto più probabilmente è nella loro mente in realtà e si sentono minacciati da donne che possono tener loro testa in bravura e forza e qualità… È perché in alcuni casi abbiamo bisogno di un aiuto per i carichi più pesanti? Questo è il nostro problema? La collaborazione dovrebbe abbattere le barriere. Abbiamo resistenza, costanza, determinazione, pazienza, ambizione.. allo stesso tempo siamo sognatrici e ci portiamo il sole dentro. Sant’Agostino diceva riferendosi all’uomo: non sentirti umiliato nel riconoscere in lei una qualità che non possiedi. Credo non ci sia altro da aggiungere.
Secondo te invece qual è la marcia in più che una donna può avere in cucina?
Marta Scalabrini – Nessuna. Perché non c’è nessuna marcia in più come non ce n’è nessuna in meno legata al genere. Saper svolgere una professione dipende dal duro lavoro, dallo studio, dalla determinazione. Poterla svolgere o vederla valorizzata invece sì che dipende dalla discriminazione di genere.
Bianca Celano – La donna ha una capacità organizzativa innata. Basti pensare a come porta avanti l’azienda Famiglia.
Barbara Agosti – Non so se si possa parlare di marcia in più ma sicuramente spesso hanno una capacità di insieme che in pochi uomini ho riscontrato.
Alessandra Civilla – La sensibilità. Vediamo il mondo con occhi diversi rispetto ad un uomo. Abbiamo il senso della competizione, siamo molto organizzate ma non viviamo con l’ansia di prestazione. Non dobbiamo dimostrare di “avere le palle” .. viviamo la nostra femminilità in modo molto sereno. Sappiamo focalizzare l’obiettivo e siamo pronte a donare il nostro tempo e i nostri sforzi per esso in modo incondizionato, ponendo al centro la crescita non solo nostra, ma anche del nostro team come fosse una unica grande famiglia, sentimento innato nella donna.
Cosa bisognerebbe fare per vincere questo maschilismo dell’ambiente?
Marta Scalabrini – La discriminazione di genere è olio che lubrifica gli ingranaggi della società. L’abbiamo respirata, sia maschi che femmine, fin da quando eravamo bambini, camuffata da giusto e sbagliato, da socialmente accettabile o da stranezza da deridere ed etichettare come diversa perché fuori dagli schemi.
Allora una donna non può fare l’arbitro di una partita di calcio o l’astronauta. Non può essere pagata come un uomo, non può fare il primario o il rettore di un’università senza che qualcuno (uomo e a volte donna!) veda minate le certezze della dicotomia tra i sessi e attui comportamenti finalizzati al boicottaggio per ripristinare quello che ritiene essere il naturale ordine delle cose. Quando si parla di una donna e delle sue capacità, l’aggiunta di risvolti volgari e riferimenti alla vita privata, del tutto inaccettabili e per di più falsi sono all’ordine del giorno. Il lessico comprende sempre parole come: fragilità, incapacità di sostenere la pressione, gravidanze, sindrome premestruale.
Quello che si dovrebbe fare è lavorare su ciò che definisce i modelli sociali.
Finché si riderà ad una battuta misogina su una scarpa da allacciare, finché si riterrà accettabile picchiare una donna perché decide della propria vita, finché si riterrà vero che una donna mestruata contamina il cibo che cucina, finché verranno tollerati calunnie e insulti a sfondo sessista sui social, finché nessuno farà niente quando una donna viene esclusa da ruoli di rilevo a favore di uomini solo in base al sesso e non al merito oggettivo, continuerà ed essere maggiormente esecrabile abbandonare un cane che discriminare una donna.
Finché i comportamenti di genitori e insegnati, i modelli forniti dai programmi tv, i meme sui social, i testi delle canzoni, ricalcheranno il modello che mette la donna entro confini definiti di comportamento e di ruolo, la discriminazione di genere sarà parte della società in cui viviamo. Bisogna parlarne in maniera chiara e non edulcorata, renderla un comportamento sociale intimamente condannato da tutti. Solo così chi discrimina, finalmente in netta minoranza, cesserà di farlo.
Bianca Celano – Abbandonare l’uso ripetuto di frasi del tipo “ricordo dei piatti di mia mamma o di mia nonna” Questo relegare la donna al focolaio domestico fa sì che non si esca più dalla retorica. Non sono una femminista. Ma credo fortemente nella meritocrazia. E se una donna è valida professionalmente dovrebbe essere naturale non parlare più di ‘genere femminile’
Barbara Agosti – Non dare fiato o voce a commenti stupidi bigotti e misogini come quello di Vissani o Alléno che per fortuna rimangono sempre più isolati perché moltissimi colleghi e soprattutto clienti non fanno distinzione laddove c e serietà professionalità e sapienza nel saper cucinare ed emozionare con la propria cucina Dopo la mia partecipazione come chef ospite di una puntata di master chef ho ricevuto complimenti da tutta Italia per la cucina e il menù di Eggs e tutti felici di vedere tra gli ospiti una Chef donna e non stellata
Alessandra Civilla – Il maschilismo esiste ed esisterà sempre. Dobbiamo solo essere noi stesse, non sentirci vittime e non vivere come tali. Lavorare come abbiamo sempre fatto e sentirci libere di scegliere la carriera o quello che ci fa star bene senza sentire il peso del giudizio! Siamo uguali agli uomini e allo stesso tempo diverse…..questo ci rende uniche!