Soffia aria di novità nella già ventilata salina con il progetto enoico “Eolia Salina” firmato da Luca Caruso e Natascia Santandrea.

Non di certo nomi sconosciuti né all’anagrafe né soprattutto al mondo enograstronomico: lui direttore di quel raffinato e suggestivo hotel boutique che è il Signum e che da solo varrebbe ogni singolo viaggio (di sola andata) per Salina e lei, volto molto più che noto nell’alta ristorazione e soprattutto in quel della Cerbaia Val di Pesa (FI) grazie allo storico e rinomato ristorante La Tenda Rossa.

Ebbene dall’incontro di due menti come loro, non poteva, quindi, che prendere vita un’idea vinicola avvincente e che, per quanto agli esordi, appare già vincente. 

Nella stasi del 2020, questa coppia – nella vita come nel lavoro – non è riuscita, infatti, a stare ferma: “Io e Natascia venivamo già da solide realtà, ma volevamo qualcosa che fosse solo nostro. E allora siamo partiti dall’amore per il vino, che è parte di ognuno di noi, ma che è diventato parte anche della nostra coppia. E così abbiamo iniziato a ragionarci durante quei mesi in cui tutto sembrava essersi fermato”.

Un progetto che parte quindi letteralmente tutto su carta. Ma Luca Caruso – eoliano nel sangue – quelle strade e quelle vigne di Salina le vede scorrere nella sua mente anche ad occhi chiusi. Va da sé che non poteva esserci altro luogo, se non Salina, per il loro progetto. “Perché? Perché Salina è energia, è sfida, è amore profondo”.

“E il 2020 ci sembrava come un inizio. Un nuovo decennio, un numero primo per noi. Per questo, anche se non avevamo ancora i nostri vigneti, abbiamo deciso di partire comunque in quell’anno, nel pieno lockdown. Iniziando la nostra prima annata con un conferimento di uve prodotte da contadini locali e poi, piano piano, abbiamo iniziato a scegliere i vigneti per il nostro progetto”.

E li hanno scelti davvero con cura i filari da allevare. Basta, infatti, guardare la piccola cartina geografica di Salina, per accorgersi che i vigneti, in parte acquistati e in parte in affitto, sembrano piccoli pezzi di un puzzle scomposto. Un puzzle che, se nella sua interezza darebbe vita a 4 ettari complessivi, si scompone, però, in dieci micro fazzoletti di terra, dislocati qua e là in due dei i tre diversi comuni dell’isola (si perché per quanto Salina sia piccola ha ben tre comuni).

Le vigne tutte diverse tra loro, per esposizione e per età, sono, infatti situate alcune a Malfa e altre a Valdichiesa e hanno ununico minimo comune denominatore che li lega: sono tutte viti della tradizione contadina, filari misti dove tra grappoli di Malvasia spuntano quelli di Corinto nero.

Ma in questo ambizioso progetto ci hanno creduto fin da subito non solo Luca e Natascia, ma anche un parterre di tutta eccezione. Dietro le quinte, infatti, ecco spuntare nomi altisonanti come quello di Turi Geraci, all’anagrafe Salvatore, patron dell’azienda Palari e emblema della minuscola Doc Faro a Messina – e scusate il gioco di parole – faro anche del mondo vinicolo siciliano per l’eleganza e la personalità che riesce ad imprimere nei suoi vini.

“Turi è stato ed è il mentore del progetto Eolia Salina. Ed accanto a lui, e a noi, c’è Bernardo Ciriciofolo enologo e uomo di cantina, che rappresenta tutta la memoria scientifica del progetto, mentre la memoria storicaè affidata alle mani di Mario Marsile, il suo saper fare arcaico è l’elemento più prezioso per la conduzione delle nostre vigne”.

Un’azienda con più anime, quindi, quella di Eolia Salina. Tutti amici prima ancora di essere tutti colleghi, tanto che, per quanta coesione pare che ci sia nel gruppo, diventa quasi difficile, immaginare chi faccia cosa.

Ma qualsiasi cosa essi facciano, oggi a distanza di due anni da quell’albore, arrivano al pubblico, due delle tre referenze prodotte:“V” ed “M”. Sul mercato da appena qualche mese,. Mentre per il loro rosso da sole uve Corinto bisognerà attendere almeno fino ad ottobre.

“M” 2021 Salina Bianco IGT

M perché le vigne sono situate a Malfa. M che è un 80% Malvasia delle Lipari e un 20% Catarratto pare ricordare il profumo del giorno e quello della notte di Salina. Quello del giorno, marino, che sa di roccia e poi di rosmarino, anch’esso strettamente connesso al mondo acquatico visto che pare che il suo nome provenga da Rosmarinus: rugiada di mare per il colore dei suoi fiori celesti quando sboccia. E poi quello della notte, quando l’odore di gelsomino, che non a caso è conosciuto proprio come il fiore della notte, raggiunge i più marcati picchi di intensità. In un sorso affilato, dalla mineralità dirompente e pieno di grinta nella sua beva.

“V”2020 Salina Bianco IGT

V perchè le vigne sono situate a Valdichiesa. V è la genesi, il primo vino prodotto. L’origine da cui parte tutto. Una malvasia in purezza che, a dispetto di M, prende di Salina altri due diversi elementi: il sole e la terra. A guardarlo bene quel calice pare, infatti, essere un cristallo giallo, quasi che a spezzarlo, si sgretoli in pezzi di sale tanto quell’odore pungente è già immediatamente determinante. Poi la materia si fa di liquirizia ed eucalipto cedendo spazio ai frutti del cappero, i così detti cucunci, mentre una pietra arsa dal sole rovente anticipa la linearità e l’eleganza di un sorso ampio, diretto, ma senza eccessi, che lascia al degustatore la possibilità di avvertire tutto e con calma. “Festina lente” la definivano i romani ed è così che il sorso di V si affretta con calma, in una chiosa di notevole soddisfazione gustativa.

Attualmente le bottiglie prodotte sono solo 8.500, c’è il rischio concreto che non siano sufficienti.

Assunta Casiello

Persa negli effluvi nobili del vino da quando la maggiore età glielo ha consentito, curiosa di tutto ciò che è nuovo e che si può e si deve conoscere nella vita. Classe '84, ha speso gli ultimi anni...

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