Federico Francesco Ferrero, laureato in medicina e chirurgia con lode, si è costruito un autonomo percorso di studio su molteplici aspetti della nutrizione umana. Scrittore, giornalista, docente presso l’Università di Scienze Gastronomiche, interviene a corsi, conferenze e trasmissioni televisive su vari aspetti del cibo, in Italia e all’estero. Si occupa a livello scientifico di ricerca sugli effetti comparati tra cibi ancestrali e industriali. Nel 2014 ha conseguito il titolo di MasterChef d’Italia. Ama la cucina, i cavalli e l’Egeo.
Buongiorno dott. Ferrero, ci racconta come nasce la sua passione per la cucina?
Fin da piccolo amavo assaggiare qualsiasi cosa. Poi ho iniziato nell’adolescenza a spendere i pochi spiccioli raggranellati facendo l’animatore in colonia per andare al ristorante insieme ad un amico altrettanto appassionato: ci guardavano come marziani. E da quei giorni non ho più smesso: ho studiato il sapore per oltre trent’anni e ancora continuo ogni giorno.
Ho letto che sia nato durante una sua vacanza in barca….
Quella è la prima volta che ho cucinato: linguine di Arrigo Cipriani cotte in acqua di mare con i ricci freschi, pescati dai miei compagni di avventura. Mi misero ai fornelli e mi tolsero dal timone, dove ero una vera schiappa.
Lei ha partecipato alla III edizione di Masterchef, che ricordo si porta dietro?
Mi sono molto divertito, come chiunque abbia una passione e possa dedicarcisi per mesi interi senza altre distrazioni. Tra i mei compagni di avventura molti purtroppo erano lì solo per la competizione ma ho incontrato qualcuno davvero preparato e appassionato, con cui l’amicizia continua.
Come è arrivato a partecipare a Masterchef? È stata una sua idea oppure l’ha convinta qualcuno?
Mi ha iscritto la moglie di un collega. Il venerdì sera spesso andavo a casa loro e mi ritrovavo ai fornelli. Non me ne ero neppure accorto, ma preparavo spesso una cena completa per un gran numero di persone. Per me era normale ma lei ha riconosciuto in me un talento che neppure io avevo visto.
Ci racconta come sono nati e quali erano i piatti della finale?
Quando sono arrivato in finale avevo una lista di piatti che non avevo mai cucinato prima. Non avevo le idee chiare nemmeno sulle preparazioni. Come sempre quando cucino mi lascio dire dagli ingredienti come vogliono essere cucinati. I due piatti che mi regalarano la vittoria furono un polpo all’orientale, per cui mi ispirai a un ristorante asiatico che frequento da anni a Milano e una crema dolce piuttosto complessa, che prese vita lì in diretta, partendo da una crema inglese molto densa e dai sapori dell’Egeo, che frequento da anni.
Con quale giudice aveva più feeling?
Andavo d’accordo con tutti e da tutti ho imparato. Ho legato con Cracco per la sua conoscenza enciclopedica degli ingredienti, animata dalla mia medesima passione.
Alla fine Masterchef le ha cambiato la vita o no?
Di sicuro, mi ha dato la possibilità di arrivare al grande pubblico con le mie idee.
È uno dei pochi che è riuscito a scrivere qualcosa in più del libro di ricette del vincitore di Masterchef. Ci racconta qualcosa in più del suo libro?
Il libro scritto dopo la vittoria, Missione Leggerezza, racconta alcuni degli incontri col sapore più importanti della mia vita, perché possano ispirare centinaia di ricette personali. Perché le ricette canoniche non esistono, perché ogni ingrediente è diverso in quel dato giorno, un pomodoro richiede più o meno sale, quel gambero quel giorno non è adatto ad essere cucinato crudo, il cavolo vuole andare in forno e non in padella. Poi ho scritto L’apericena Non Esiste, con tutti i segreti per conservare il peso forma mangiando al ristorante. E da sei anni ho la mia rubrica di editoriali gastronomici su La Stampa, DoctorChef, giunta a oltre 300 puntate.
Come nutrizionista lei rifiuta la parola “dieta”, quali sono i suoi consigli per chi volesse fare una sana alimentazione?
Scegliere è l’unica strada: scegliere questo e non quello, scegliere la qualità e non la quantità degli ingredienti e comprare da contadini che rispettino l’ambiente e il sapore: tanta verdura, pesce, legumi, cereali integrali e poca carne. Pane bianco, dolci e zucchero solo eccezionalmente.
Lei si definisce un Foodteller, cosa intende?
Mi ha definito così un giornalista diversi anni fa: uno che sa raccontare il cibo a 360 gradi, che parla di cibo conoscendolo davvero, in tutti i suoi aspetti e le sue emozioni.
Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?
Ho in cantiere un altro libro e sto pensando alla ristorazione in prima persona, in una piccolissima attività stagionale.
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