Francesco Panella è un noto ristoratore romano conosciuto per i tanti programmi TV realizzati come ad esempio “Little Big Italy” che va in onda sul 9 e dove va alla ricerca dei migliori ristoranti italiani in giro per il mondo.
Il viaggio è parte di me, è nel mio DNA.
L’ultimo è stato più intenso del solito: 2 mesi di duro, durissimo lavoro, con a fianco una meravigliosa troupe che ha tenuto botta sempre. Grazie ragazzi! Splendido lavoro, emozioni forti.
Non vedo l’ora di mostrarvi tutto.
#LittleBigItaly5 Banijay Italia NOVE
Lo abbiamo intervistato:
Come nasce il tuo amore per il Food, qual è la tua storia?
Nasco in una famiglia di ristoratori, sin da piccolo sono stato immerso nella bellezza e nella magia del servire piatti squisiti e soprattutto del vedere i nostri clienti felici dopo un pranzo o una cena. L’amore e la passione per il mio lavoro arrivano proprio da questa emozione. Ogni giorno mi impegno per regalare ai miei clienti un sogno, una vera e propria esperienza italiana all’interno dei miei locali.
Di cosa ti occupi precisamente nel tuo ristorante Antica Pesa?La gestisco con mio fratello Simone. Ci occupiamo di tutto: strategia, marketing, organizzazione della cucina e del personale, studiamo i menù, andiamo alla ricerca delle materie prime di qualità e soprattutto studiamo ogni giorno come essere innovativi e proporre sempre delle novità sul mercato, pur nel rispetto della nostra tradizione culinaria. Gestire un ristorante non è un’impresa facile proprio perché dobbiamo supervisionare il lavoro di tutti, quotidianamente. Inoltre, in questo ultimo faticoso anno, siamo stati messi un po’ alla prova, ma proprio le difficoltà ci hanno spinto a non mollare, anzi a impegnarci di più per costruire un futuro migliore.
Sei un noto personaggio della TV, ci racconti come è iniziato questo percorso?
È iniziato nel 2012, con Il mio piatto preferito su Gambero Rosso Channel. In quel programma, avevo l’opportunità di ospitare una personalità del mondo dello spettacolo e della cultura e fargli raccontare il proprio piatto preferito. È stata un’occasione di incontri, conoscenze e piacevoli chiacchere. Poi, ho raccontato Brooklyn con Brooklyn Man. Questo programma mi ha permesso di mostrare lati inediti dell’America, che per molti è solo hamburger e fast food. Nulla di più falso e ho cercato di raccontare altre di queste storie anche nel mio ultimo libro, Forse non tutti sanno che in America. Poi sono arrivate le avventure col gruppo Discovery: Little Big Italy e Riaccendiamo i fuochi.
Little big Italy ti ha permesso di girare il mondo, in quale nazione si mangia meglio italiano?
Se c’è rispetto della cultura e del cibo italiani, senza snaturarli e renderli altro solo per compiacere il pubblico locale, si mangia bene ovunque. Più che altro parlerei di piacevoli sorprese ristoratori che hanno superato di gran lunga le aspettative, ma non voglio fare nessuna classifica. Mi rendo conto che sto parlando di colleghi, e so che un mio giudizio pubblico può influire sui loro business.
La cosa più strana che ti è capitata?
Nel Queens abbiamo girato nel ristorante di questo signore di nome Mario, un uomo di altri tempi…locale elegante, stile raffinato, al punto che era severamente vietato usare i cellulari e vestirsi in maniera casual. Una delle concorrenti, che aveva caldo, si era tolta la giacca qualche minuto ed è stata subito redarguita, in modo molto simpatico ovviamente, ma questo mi ha fatto capire quanto il mondo sia cambiato. Il comportamento di Mario può sembrare per alcuni severo, in realtà grazie a lui ho avuto la possibilità di poter cenare tranquillamente, conversando e guardando negli occhi le persone, gesti che ormai sembrano dimenticati.
A volte il cibo italiano viene pasticciato o bistrattato, secondo te cosa dovremmo fare per tutelarlo?
Il mondo è pieno di fake che di Made in Italy non hanno nulla. Bisogna essere più coraggiosi e inasprire le sanzioni per chi utilizza il nostro nome a scopo di lucro. Dobbiamo collaborare con i Paesi nostri partner economici, ma quando c’è da sanzionare alcuni comportamenti serve essere più fermi e più rigidi. Qui ci sono in gioco la tutela e il rispetto della cultura culinaria italiana.
La crisi Covid ha devastato il Mondo della ristorazione, dal tuo punto di osservazione particolare vedi differenze nel mondo o no?
Posso fare un paragone tra Stati Uniti e Italia. Gli Stati Uniti hanno offerto maggiori aiuti economici e strutturali alle aziende in difficoltà. Noi ristoratori in Italia siamo stati un po’ dimenticati e ci siamo dovuti rimboccare di più le maniche. Il turismo e di conseguenza l’enogastronomia sono i fiori all’occhiello del nostro Paese, alcune delle eccellenze che ci rendono grandi e riconosciuti nel mondo, quindi mi sarei aspettato semplicemente maggiori tutele nei confronti del nostro settore.
Secondo te cosa bisogna fare per ripartire?
Investire sulla tecnologia e sulla messa in sicurezza dei locali. So per primo che dover ripensare a un locale, comprare plexiglass, disinfettanti e digitalizzare le strutture per ridurre i contatti è un costo, ma guardare al futuro è un investimento, più che una spesa fine a sé stessa. Se il cliente riconosce il tuo locale come sicuro, si sente a casa, e torna. Questo momento ci ha insegnato che dobbiamo sfruttare ogni secondo per dare sempre il nostro meglio, e anche se a volte le situazioni sembrano sfuggirci di mano, dobbiamo essere forti e non farci sopraffare dagli eventi.
A che progetti nuovi stai lavorando? Ci fai uno spoiler…?
Innanzitutto, a breve tornerò in America per poter seguire più da vicino i miei locali, mi piacerebbe appena sarà possibile tornare a girare Little Big Italy e si parla di una seconda stagione di Riaccendiamo i fuochi. Non sto mai fermo, sono un vulcano e ho tante idee in testa da realizzare però credo sia presto per parlarne.