Ambrosia è un ristorante inaugurato nel 2013 a Sant’Agata di Militello (ME). Propone una cucina contemporanea di terra e di mare, con ingredienti del territorio nebroideo, esaltati al massimo per regalare un’esperienza di gusto attraverso piatti ricercati. Lo chef e patron Franco Agliolo, iscritto all’Associazione Provinciale Cuochi di Messina e protagonista di importanti eventi enogastronomici, è specializzato nella cucina di carne e predilige le cotture sottovuoto e a bassa temperatura. Ambrosia nel 2019 è stato inserito nella Guida Top 50 Italy e oggi è segnalato nelle più importanti guide di settore.
Chef Agliolo, quando nasce il suo amore per la cucina?
Il mio amore per la cucina nasce da quando ero bambino, inconsapevolmente, cioè non avrei mai detto che avrei voluto fare il cuoco. Però, è da bambino che ho iniziato a essere affascinato da tutto quello che ha a che fare con la cucina. Dapprima con la pasticceria e con tutti quei biscotti che si preparavano in famiglia, ma anche con la panificazione: mia mamma ha sempre fatto il pane in casa, impastato a mano e infornato nel forno a legna.
Ignorando per tanto tempo questa passione, comincio a coltivarla sul serio nel ’94, quando, chiusa la mia parentesi musicale, mi sono iscritto all’istituto alberghiero di Cefalù.
Nel corso della sua formazione, ha avuto la fortuna di girare un po’ il mondo. Cosa porta con sé delle culture gastronomiche dei luoghi in cui ha soggiornato?
Soprattutto porto il modo di vedere le cose. Perché confrontandomi con altre realtà, spesso lontanissime, cambia la prospettiva. Cambia anche il modo di ragionare. Ma porto anche le influenze di altre culture. In alcuni piatti che realizzo ne faccio un uso più marcato, in altri meno. Spesso cerco la contaminazione e non mi piace assolutamente la schematizzazione, il conformismo, la standardizzazione.
Ci racconti il suo rapporto con gli chef Gino Angelini, Vincenzo Cammerucci e Silver Succi, con i quali ha collaborato.
Tutti e tre mi hanno insegnato tanto. Conservo un bellissimo ricordo delle mie esperienze fatte nelle loro cucine. Spero di tornare a viaggiare con la spensieratezze che avevamo fino a due anni fa per andare a trovarli.
Possiamo dire che con le esperienze a La Franceschetta e l’Osteria Francescana ha raggiunto, magari non l’apice assoluto, ma sicuramente una maturità professionale di altissimo profilo?
Assolutamente si. Le esperienze fatte a Modena mi hanno permesso di raggiungere una maturità professionale che prima non avevo e che mi hanno fatto fare quel salto di qualità che cercavo da tanto tempo.
Perché ha scelto il nome “Ambrosia” per il suo ristorante?
Nella mitologia greca gli Dei si nutrivano di nettare e Ambrosia. Da appassionato di mitologia, non potevo trovare un nome diverso.
Spesso i suoi colleghi parlano di “tradizione in chiave moderna”. In che modo avviene questa interpretazione nel suo ristorante?
Io penso che, nella cucina contemporanea, c’è bisogno di recuperare la memoria. Per me, il concetto di memoria è diverso dalla tradizione. La tradizione impone dei paletti che, alla lunga, portano a fossilizzare il lavoro del cuoco. io cerco di recuperare sapori, preparazioni, ingredienti perduti per elaborarli ed adattarli ai nostri giorni. Senza vincoli o pregiudizi.
Nella proposta e preparazione delle carni, quali tagli privilegia?
Il quinto quarto, nella mia cucina, gioca un ruolo importante. Tagli come la lingua, la guancia di vitello sono molto importanti, dal punto di vista gastronomico e non solo. La scuola di pensiero che è diffusa tra i grandi cuochi d’Europa dice che dell’animale si mangia tutto, dal naso alla coda.
In generale, i piatti più richiesti?
Le paste fresche ripiene, come i tortelli di zucca. Pochi ingredienti ma di una bontà unica. Oppure la lingua di vitello cotta in sous vide e servita in questo periodo con i qualeddi, una brassicacea che cresce spontanea nelle nostre campagne e al vinucottu di ficudinnia, la riduzione di succo di fichidindia dal sapore dolce e intenso che si sposa alla perfezione con la lingua di vitello.
Quando si entra a far parte di una guida prestigiosa come 50 Top Italy, si avverte un senso di responsabilità in più nei confronti del pubblico?
Certo! Essere presenti in una guida così prestigiosa ti da tanta visibilità, ma, allo stesso tempo, fa alzare le aspettative del pubblico.
Il suo futuro e quello di Ambrosia sono fogli bianchi da riempire o ci sono già delle idee e dei progetti in programma?
Ci sono delle idee e dei progetti che abbiamo dovuto mettere da parte in questi ultimi 2 anni. Credo che si debba sempre avere nuove idee e, soprattutto, nuovi obbiettivi. Il mondo della ristorazione, oggi, è un mondo dinamico, in continua evoluzione. Per questo non bisogna mai affidarsi alla fortuna, ma avere target che ci aiutano a tenere la rotta giusta.