Domenico Stile è nato a Gragnano, classe ’89, ad oggi è il più giovane chef stellato della Capitale. L’esperienza formativa alla scuola alberghiera di Castellammare di Stabia lo spinge con convinzione nel mondo dell’enogastronomia. Lo chef under 30 ha alle spalle diverse esperienze tra cui Alinea a Chicago e con i più grandi nomi della Penisola, come Gianfranco Vissani, Enrico Crippa, Antonino Cannavacciuolo, Massimo Bottura ed infine Nino di Costanzo, di cui è stato sous chef per 3 anni al Mosaico di Ischia. Quest’ultima avventura gli ha permesso di imparare a gestire in modo eccellente una brigata di cucina, nonostante la giovane età.
Dal Febbraio 2016 Domenico è alla guida della cucina del ristorante Enoteca la Torre a Villa Laetitia di Roma, una stella Michelin, con cui ha trovato una forte intesa. La sua cucina è solida, concreta, trae ispirazione dalle origini partenopee, le cui note emergono chiare e nette dai suoi piatti, in prevalenza a base di pesce. E’ al tempo stesso espressione di una forte conoscenza della tradizione e di una continua sperimentazione e ricerca dei sapori e delle tecniche più attuali.
Ciao Domenico già a 13 anni avevi le idee molto chiare sul tuo futuro, da dove nasce questa tua passione?
La mia passione nasce principalmente da mio zio che fa lo chef e che era molto bravo nell’intaglio dei vegetali e on le sculture in margarina; questa cosa mi affascinava e mi ha poi portato a vincere anche concorsi nazionali. Poi lui mi disse la cucina è un’altra cosa e allora mi spinse sotto l’ala dello chef Enrico Cosentino inventore dello scialatiello che poi è diventato il mio mentore.
Il tuo percorso è stato complesso e pieno di esperienze con grandi chef (Vissani, Cannavacciuolo, Crippa e Bottura) ci puoi raccontare cosa ognuno di loro ti ha lasciato?
Diciamo che Vissani è stato il mio primo approccio alla alta ristorazione da lui ho imparato molto sulla carne, sui fondi e la lavorazione della selvaggina.
Da Crippa invece l’utilizzo dei vegetali che danno un supporto importante e che addirittura diventano protagonisti.
Da Cannavacciulo invece il poter fondere due cucine così diverse ma che insieme possono dar frutto ad una simbiosi molto interessante.
Da Bottura invece il messaggio di andare più in fondo nelle cose perchè anche col cibo si possono trasmettere messaggi etici, cultura e soprattutto dare emozione attraverso il cibo.
Infine da Grant Achatz la parte spettacolare che il cibo può assumere stupendo cosi i nostri ospiti.
Sicuramente l’esperienza che più ti ha formato sono state le tre stagioni come sous-chef di Nino Di Costanzo al Mosaico di Ischia, cosa porti dei suoi insegnamenti?
Da Nino è stata la mia esperienza più formativo diciamo che devo a lui insieme a mio zio ed al professor Cosentino quello che sono oggi. Con lui ho appreso in modo maniacale come si sta in cucina; la pulizia, la professionalità, ma soprattutto la devozione verso quelli che sostanzialmente a fine mese ci pagano lo stipendio cioè i clienti. Sono loro quelli che alimentano la nostra passione, senza persone che apprezzino i sacrifici che facciamo tutto ciò non avrebbe senso.
Ed anche come far funzionare un grande albergo mantenendo standard molto alti su tutti i fronti.
A soli 26 anni sei arrivato all’Enoteca La Torre, ci racconti com’è andata?
Devo dire molto bene, all’ inizio è stata dura ma la dura gavetta fatta con Di Costanzo ha permesso di attutire il colpo.
Presenti 2 menù, Escursione di 5 portate e Un viaggio ad occhi chiusi di 7 portate a sorpresa, puoi descriverci come nascono e qual è la filosofia alla loro base?
Sono entrambi a discrezione mia che li plasmo a seconda del cliente che esso sia italiano o straniero in questo modo cerchiamo di fare un vestito su misura per ogni ospite. Nascono sostanzialmente dal far partecipare il cliente ad un viaggio emozionale attraverso il cibo, solo in questo modo lasciandomi libero di esprimermi si può comprendere a pieno la mia filosofia di cucina.
La tua cucina si fonda su basi classiche, Nei tuoi piatti c’è inevitabilmente tutto il gusto che appartiene alla tradizione campana, ed una continua ricerca di quei gusti tradizionali tipici, attraverso contrasti calibrati e studi costanti sugli equilibri. Ci racconti di più?
E’ molto semplice io alla base cerco sempre il gusto nel piatto e la cucina italiana non ha eguali a mio avviso. Il gusto lo troviamo molto nei piatti classici quindi io li prendo e cerco di farli miei dandogli cosi quello che io definisco la parte simpatica del piatto cioè qualcosa anche di altre culture in modo che quando vai a mangiare tutto l’insieme ti viene da dire wow! Un esempio potrebbe essere il nostro spaghetto tiepido all’amalfitana, emulsione di gamberi rossi ed umeboshi dove l’ umeboshi è proprio quello di cui stavo parlando.
Il tuo motto è “non stupire, ma soddisfare“, in che senso?
Nel senso che con l’avvento della televisione molti ragazzi e anche chef vogliono diventare delle star a tutti i costi e cosi negli ultimi anni si è persa di vista la cosa principale ovvero il soddisfacimento del cliente.
Si cerca più di stupire,nel senso prediligere accostamenti azzardati e scenografie a discapito di un gusto puro e di piatti italiani o anche di quello che semplicemente la clientela ci chiede.
Cosa hai provato quanto hai conquistato la fatidica stella Michelin?
Il coronamento di un sogno che rincorro da quando ero bambino. Ho il difetto di essere sempre stato molto ambizioso infatti mi veniva sempre contestato il fatto di voler bruciare le tappe. Quando c’è stata la notizia il cuore mi pompava a mille, non saprei spiegare so solo che la prima cosa a cui ho pensato è che è solo l’inizio e che bisognava subito puntare ad obbiettivi maggiori perché in questo mondo (la cucina) si vive soprattutto di adrenalina
Gestisci anche i rapporti con i fornitori, quali sono i problemi che riscontri più di frequente?
Il problema che si ha maggiormente con i fornitori è il fatto che se non gli stai addosso non rispettano gli standard. E’ una cosa che odio , ci provano sempre.
Qual è il piatto tipico della tradizione partenopea a cui sei più legato e perché?
La pasta e patate perché me la faceva sempre mia mamma.
Sei giovanissimo e con un ricco bagaglio alle spalle, ma qual è il tuo sogno nel cassetto?
Un sogno piccolo potrebbe essere la seconda stella, ma se si può sognare in grande allora festeggiare la terza stella insieme alla mia famiglia.