L’Italia è uno scrigno carico di preziosi gioielli nel mondo delle produzioni agroalimentari.Negli ultimi anni in particolare, da nord a sud, soffia un vento positivo sulle produzioni vitivinicole che sta portando anche alla riscoperta di antichi vitgni, in alcuni casi quasi dimenticati e alla riqualificazione di zone della penisola rimaste nell’ombra per decenni, ingoiate dalle asperità dei territori, dalle condizioni socioculturali e dalle difficoltà burocratiche.
Spinta dalla curiosità per il mondo del vino e soprattutto per il mai celato amore per la mia “Calabria”, ho provato a conoscere un pò più da vicino “Terre del Gufo”, azienda vinicola della provincia di Cosenza ed il titolare Eugenio Muzzillo.
Eugenio ci ha raccontato della sua azienda, dei suoi vitigni risalenti anche alla “Magna Grecia” e della “nostra” Calabria .
Ciao Eugenio cosa fai nella vita?
Se parli di lavoro, attualmente produco e vendo vino in Calabria. In generale però ho fatto e faccio molte altre cose. Inseguo le mie passioni che, per sfortuna o per fortuna non so dire, sono molte. Mi piacciono la filosofia e la scienza, la musica e lo sport (più in generale la fatica fisica). Sono giunto però alla conclusione che è bene tenersi lontano dalle passioni: sono molto pericolose e inducono ad azzardi.
Come nasce l’idea di prendere in mano la gestione dei terreni di famiglia e cominciare a produrre vino?
Nasce appunto dalle passioni, quella per il vino e per l’agricoltura innanzitutto. Mi piaceva anche però l’idea di produrre qualcosa che fosse il frutto del mio lavoro fisico e non solo intellettuale (io sono laureato in filosofia e ho sempre vissuto col lavoro che la mia laurea mi ha permesso di ottenere). Del resto agricoltura e cultura condividono lo stesso etimo e rimandano l’idea del lavoro, della trasformazione del dato naturale in elemento “spirituale”. Anche la suggestione del ritorno alle origini famigliari ha avuto il suo peso.
Da quanti anni ti sei dedicato a questa avventura?
Ho iniziato nel 2003, ripiantando insieme al mio amico Fabio Petrillo, agronomo e viticoltore appassionato, i terreni di famiglia sulle colline a sud di Cosenza al confine con la valle del Savuto nel cuore della Calabria appenninica. Ho una passione particolare per l’appennino meridionale, mi piacciono i paesi e l’atmosfera che emana.
Veniamo dalla stessa terra. Io la amo molto e soffro ogni volta che ne vengono messe in risalto le negatività (spesso purtroppo oggettive). Com’è oggi fare impresa in Calabria?
Ovviamente è difficile. La Calabria è il sud del sud. Questo è il suo limite oggettivo ma è anche il suo fascino e la sua potenzialità più grande. Soprattutto per chi lavora nell’agricoltura e nel turismo di qualità, l’arcaicità della Calabria può essere un punto di forza, un elemento da valorizzare e su cui fare impresa. Quando si parla di Calabria tutti pensano al mare ma pochi sanno che la Calabria è, dopo la Valle d’Aosta, la regione più montuosa d’Italia, ricchissima di acqua e di boschi meravigliosi. Attraversando il Pollino, la Sila, l’Aspromonte o anche solo l’Appennino costiero è ancora possibile fare esperienza di una natura intatta, quasi primordiale, dove le uniche forme di urbanizzazione sono quelle di paesi in cui ancora si respira un’atmosfera da anni cinquanta/sessanta. In nessun’altra regione d’Italia è oggi possibile fare un’esperienza del genere. Le aree interne della Calabria sono una grande risorsa da valorizzare con cura, attenzione e amore.
Che vini produci con quali uve? Sono tutti vitigni autoctoni della Calabria?
I vini sono cinque: Timpamara, Portapiana, Kaulos, Chiaroscuro e Alysso. Sono tutti vini di territorio a denominazione di origine controllata o protetta. La zona di produzione rientra nella Doc “Terre di Cosenza” (sottozona Donnici) e l’uva di riferimento qui è il Magliocco Dolce, un antichissimo vitigno di probabile origine greca diffuso dal nord al sud della regione ma presente anche in piccole zone della Lucania dove è conosciuto come Vujanese o Aglianico di Cassano. Diffusissimo nelle Terre di Cosenza, assume nomi diversi a seconda delle aree geografiche in cui è coltivato. Sul Pollino è detto Guarnaccia, nel Savuto Arvino, altrove Terravecchia, Merigallo, Maglioccuni, Marsigliana Greco nero… La diversità dei nomi e la convinzione dei viticoltori di allevare viti tra loro diverse è dovuta a micro selezioni locali che hanno differenziato la morfologia del grappolo e originato una molteplicità di ecotipi. In tutti i casi la maturazione è tardiva, la buccia pruinosa è spessa con sfumature blu violacee. Il corredo polifenolico è ricchissimo (con tannini e antociani, specie malvidina, in grande evidenza) e dà vita a vini di buona struttura, adatti all’invecchiamento. L’acidità, specie nelle sistemazioni di alta collina, è pronunciata e persistente in maturazione. Storicamente, per problemi di classificazione, si è confuso il Magliocco con il Gaglioppo cirotano che è invece un’uva del tutto diversa per composizione, morfologia e corredo genetico. Chiunque, a parità di annata, metta a confronto un calice di Gaglioppo con uno di Magliocco si accorgerà della differenza: aranciato con note tendenti al mattone il primo, viola con note vagamente blu il secondo. Il Magliocco è un’uva difficile da coltivare e da vinificare ma se ne si modera il vigore, se ne riduce la produzione e si vendemmia a piena maturazione (il che per le zone di alta collina può significare anche i primi di novembre) regala vini di sorprendente eleganza, fortemente mineralizzati e sapidi con sentori d’incenso e note di frutti di bosco in forte evidenza. L’importante è aspettare che la maturazione fenolica ammorbidisca la sempre esuberante carica tannica. Anche nella vinificazione in rosato il Magliocco è molto vocato, per la capacità di conservare la nota viva cromatica del rosa, regalando profumi tiolici (ginestra e frutta esotica) che la vinificazione in bianco è in grado di esaltare.
Raccontaci la tua cantina.
La cantina è molto piccola ma bene attrezzata e consente una produzione di circa 20.000 bottiglie/anno. Si tratta di una piccolissima produzione, basata su un lavoro quasi artigianale e assolutamente lontana da una logica industriale di semplice trasformazione. Puntiamo su piccole produzioni, basse rese e produzioni interamente controllabili in prima persona.
Perché Terre del Gufo
Il Gufo è il soprannome con cui gli amici hanno sempre soprannominato mio padre per via degli spessi e grandi occhiali che ha sempre portato a causa di una forte miopia. Poiché le vigne sorgono su terreni di sua proprietà, ecco spiegata l’origine del nome.
Il tuo vino preferito
Tra quelli che produco sono i due “Terre di Cosenza”, prodotti da Magliocco in purezza: il Portapiana (rosso) e il Chiaroscuro (rosato). Sono un magliocchista acceso. Al di là della mia produzione sono un amante del nebbiolo, del pinot nero e di molti Syrah. Anche i vini da Gaglioppo mi piacciono molto se sono autentici e rispettosi della loro tipicità. In generale comunque sono molto aperto e curioso e cerco di tenere lontani i pregiudizi. Provo e bevo di tutto.
In quale altro luogo/regione ti piacerebbe produrre vino?
Sicuramente in Campania che è l’altra mia terra di origine. Magari a Ischia, in costiera amalfitana o nei Campi Flegrei. Mi piacerebbe anche lavorare in Piemonte, in Borgogna e, perché no, nello Champagne. Dopotutto sono un tradizionalista. Soprattutto in fatto di vino.