Luca Manfè ha vinto la quarta edizione del noto programma culinario, MasterChef USA, trionfando tra i concorrenti con la ricetta del Frico, omaggio alla sua patria, il Friuli.
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Luca, anche sul tuo sito www.lucamanfe.com ti definisci un sognatore, ma avresti mai pensato di vincere la 4 edizione di Masterchef USA?
Sicuramente no. Non pensavo avrei vinto neanche qualche secondo prima che Chef Ramsey dicesse il mio nome.
Raccontaci come hai conquistato il palato del temutissimo Gordon Ramsay, di Joe Bastianich e della stella della cucina americana, il pignolissimo Graham Elliot.
Secondo me, mi hanno tutti e tre preso in simpatia da subito ed hanno sempre apprezzato la mia voglia di imparare e migliorare. E’ stato un percorso lungo, con alti e bassi, ed è anche per questo che credo sia stata un’avventura affascinante anche da guardare a casa: una settimana ero tra i i peggiori e la settimana dopo magari vincevo la mistery box. Le cose che non sono mai mancate sono state la grinta e l’impegno e credo che i giudici lo abbiano sempre notato.
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Che cosa facevate dietro le quinte di MasterChef?
Ci sono tanti tempi morti e in realtà non c’è proprio niente da fare. Avevamo una libreria con una cinquantina di libri che mi piaceva sfogliare per prendere spunti ed idee. Altri ascoltavano musica o leggevano libri.
Io ho tenuto un diario che aggiornavo ogni giorno.
Hai aperto una società di catering “A dinner with Luca”, cosa si aspettano gli americani dalla tua cucina e cosa adorano di più dei tuoi piatti?
Dinner with Luca è nata subito dopo la finale Masterchef quindi adesso sono già più di quattro anni che va avanti. Non so bene cosa si aspettino dalla cucina. Penso che la ricetta vincente di questo business concept è il fatto che la gente può passare del tempo con me cucinando nella loro cucina. Il cibo è di secondo piano, ma rimangono tutti molto contenti. Ci sono anche spesso clienti che mi assumono più di qualche volta.
Il tuo libro “My Italian Kitchen: Favorite Family Recipes” è ricco di ricette dai classici che di tua nonna e tua mamma sino ai piatti che ho realizzato nello show, hanno tutti quel tocco del tuo “That’s my way”?
Alcune ricette sono proprio tali e quali come quelle di mamma e nonne: volevo che il mio libro fosse come un biglietto da visita che facesse capire chi sono, da dove vengo e che tipi di cibi sono cresciuto mangiando.
Ci sono alcune ricette ‘my way’, molte delle quali mi fanno un pò ridere perché il mio stile di cucinare è cambiato moltissimo in quattro anni ed i piatti che consideravo ‘da libro’ adesso non li proporrei perché li ritengo molto semplici.
E’ anche questo il bello di una passione come questa: non si finisce mai di migliorare e ci sono tantissime cose da imparare giorno dopo giorno.
Hai anche inagurato il tuo Food Truck “The Lucky Fig”, uno Street Food in chiave Italiana, che esperienza è stata?
Un disastro, soprattuto dal punto di vista manageriale. Ho sbagliato concept al 100%. Pensare di poter fare una cucina italiana con sapori ricercati e moderni da un food truck è stato un errore. Forse Houston non era la città giusta, forse la gente che apprezza un certo tipo di cucina non va a mangiare dai food truck. Ho capito perché nella maggior parte dei food truck si mangia solo ‘junk food’. Avevo fatto le mie ricerche e pensavo di avere una buona formula.
Qualcosa di buono è stato fatto: abbiamo avuto solo recensioni a 5 stelle che non succede quasi mai e la stampa ci citava spesso anche nelle liste insieme ai ristoranti, ma era dura competere con hamburger e taco. Mi piace pensare che ero troppo avanti!
In ogni caso è stata una bella esperienza dal punto di vista lavorativo. Ho imparato moltissimo ed ho capito anche quali potrebbero essere i miei limiti al momento. Poi i limiti si possono sempre alzare, no?
Quali consigli daresti ad altri sognatori che sognano in grande come lei che si trasferiscono in USA?
Che bisogna seminare per poter raccogliere e che la vita corre più veloce di quello che pensiamo. Io sono arrivato qua a 21 anni ed in un attimo sono arrivato ai 30. Prima di Masterchef non avevo fatto granché a parte lavorare come manager in qualche bel ristorante a Manhattan. Vivevo con l’idea di ‘cogliere’ l’attimo e credo di aver perso un sacco di tempo. Ci vuole moderazione, come in tutto.
Chi vuole venire in America sa che trova una nazione in salute con tantissime opportunità. Frase retorica che dicono tutti, ma nessuno ti dice mai quali siano queste opportunità ed è proprio li che un individuo fa la differenza.
Bisogna avere i piedi per terra e capire al più presto qual è il talento con il quale si può fare la differenza. Nel business può essere un intuizione, ma nella vita a volte serve anche qualcosina di piu.
Guardiamo al futuro, cosa hai in mente?
Ti essere il miglior padre possibile per i miei figli ed il mio migliore marito possibile per mia moglie. Aiutare chi ne ha più bisogno.
Aprire qualche ristorante, ritornare in TV e fare ancora un paio di bambini, possibilmente due bambine dopo Luca e Valentino.
Tutto in questo ordine esatto!