Le sue cucine, quella dello stellato Il Tino e quella del ristorante di mare Quarantunododici a Fiumicino, sono letteralmente una sopra l’altra. In una rimessa per barche, a pochi chilometri da Roma, Lele Usai porta avanti la sua filosofia di cucina da anni trascinandosi dietro le storie del mare e dei pescatori della zona.
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Lele, i tuoi primi passi in cucina con tua nonna e tua madre, cosa preparavano e cosa ti affascinava?
Quando cucinavano mia mamma e mia nonna, mi affascinavano i gesti, i profumi, i rituali che c’erano dietro ad ogni ricetta. Più in generale l’amore che c’era dietro ogni preparazione, e la gioia nel compiere un atto d’amore come cucinare, per la famiglia. Era come se loro traessero la propria ragion d’essere nel gratificare a tavola i propri cari.
Dopo il diploma in ragioneria ti sei trasferito a Londra dove hai avuto la fortuna di passare un anno nella cucina di Antonio Carluccio al “Neal street restaurant”, che cosa ti ha lasciato?
Antonio Carluccio non ha fatto altro che rafforzare ciò che già mi aveva trasferito la mia famiglia: l’amore per il cibo. Antonio mi ha dimostrato che era possibile trasmettere amore anche in un ambito professionale di alto livello.
Poi 3 anni al “Dukes” di Roma, e due anni passati alle “Terrazze dell’hotel Eden” con lo chef Enrico Derflingher e lo stage all’“Albereta” di Gualtiero Marchesi, da questi chef cosa hai imparato?
Le varie esperienze dopo Londra e mi hanno arricchito tecnicamente, a livello gestionale, e mi hanno reso l’uomo ed il cuoco che sono. Oggi. Inutile dire che durante un percorso professionale, diventa bravo chi è predisposto a ricevere e ad assorbire.
Nel 2006 apri Il Tino di Ostia… perché?
L’idea era quella di capitalizzare le esperienze fatte, e di portarle sul mio territorio, dunque Ostia.
Dici “I fondamenti della mia cucina sono la stagionalità dei prodotti e l’attenta selezione delle materie prime”, qual è la tua filosofia di cucina?
La mia filosofia in cucina è in continua evoluzione. Per questo la definisco spesso una cucina fluida, che varia in funzione della stagione, dell’approvvigionamento delle meravigliose materie prime dell’asta del pesce di Fiumicino e delle campagne di maccarese. Che varia in funzione dei stati d’animo e che cresce col crescere della mia brigata.
Presenti 3 tipi di menu degustazione Bolina Stretta, TraVerso e GranLasco, ce li racconti?
Bolina stretta, Traverso e Granlasco sono le varie angolazioni delle vele di una barca, ognuna delle quali cattura il vento ad una certa angolazione. Bolina stretta è un 4 portate a scelta dell’ospite più una a sorpresa dalla cucina. Traverso invece è un 6 portate più una, mentre nel gran lasco, si procede col vento in poppa che gonfia le vele ed un percorso a 10 portate. Inoltre ci pregiamo di omaggiare i nostri ospiti con varie coccole fuori menù durante la serata.
I tuoi sous Chef sono giovanissimi come li hai selezionati?
2 dei miei sous chef sono da me da 8 anni. Hanno cominciato quando ne avevano 16. Il terzo lavora con me da 3 anni ma lo conosco e lo seguo da molto più tempo. Io li ho formati ed ho contribuito a fargli fare esperienze esterne. Credo che nulla succeda per caso, e le persone che hanno delle affinità elettive, prima o poi si incontrano.
Nel 2015 hai ricevuto la Stella Michelin, che cosa hai provato?
Grossa soddisfazione per la stella, e grande orgoglio per avere portato per la prima volta nella storia un riconoscimento simile ad Ostia.
Hai condotto anche programmi su Alice Tv come Fritto e contento e Attenti a noi due, che esperienza sono state?
Le esperienze in televisione mi hanno aiutato ad essere più spigliato nel parlare ad un pubblico, cosa di cui ormai uno chef non può più fare a meno.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
I miei prossimi progetti, sono continuare a crescere, costantemente ma a piccoli passi, come piace a me.