La “fecazze” o focaccia barese è un prodotto da forno, lievitato, tipico della Puglia. È diffusa in tutte le sue provincie dove la si trova abitualmente nei panifici. Nel 2010 è stato costituito il Consorzio Focaccia barese che ha iniziato l’iter per l’iscrizione della “Focaccia di Bari” nel registro europeo delle STG (Specialità Tradizionale Garantita).
Questo lievitato barese conosciuto meglio dagli abitanti di Bari come la “fecazze” (dialetto) è il migliore street food di questa città e lo si può definire un evergreen… E’ una di quelle specialità baresi-pugliesi che va sempre bene, non è mai troppo tardi o troppo presto per mangiarla. È perfetta in qualsiasi momento della giornata ed è un prodotto che ha una conservabilità lunga: è buona appena sfornata, ma anche il giorno dopo. È protagonista insieme alla cioccolata calda e alle popizze per colazione e non solo, la mattina del 6 dicembre il giorno di San Nicola (patrono di Bari).
La “fecazze” è uno dei simboli più antichi di questa magnifica regione, la Puglia, ed è un must della sua cucina. Può anche sostituire il pane a tavola e, con l’aggiunta di un po’ di affettato (in particolar modo la mortadella) e qualcos’altro di contorno, diventare un pasto completo. È realizzata con ingredienti semplici ma ricchi di sapore, profumo (il profumo di focaccia che si sprigiona nei panifici e nelle vie limitrofe attiva immediatamente la salivazione: che acquolina!). È un prodotto culinario semplice, casereccio che nel tempo non ha subito troppe modifiche. Probabilmente è proprio questo l’ingrediente che la rende così popolare.
È un mix di sapori di “casa” che non stancano mai, perché sono semplici, unici da non avere rivali. Addirittura è riuscita a battere uno dei colossi mondiali come McDonald’s (catena di fast food), ad Altamura (BA). Qui nel 2001 si inaugurò un grande Mc che ebbe vita molto breve, perché accanto ad esso c’era un piccolo “forno” del panettiere L. Di Gesù, che con la sua “fcazz” mandò in crisi il fast food facendolo chiudere. Quindi la focaccia divenne il simbolo della vittoria dei sapori autentici, genuini e semplici sull’ uniformazione delle catene commerciali. Questa storia vera è riportata anche in un film nel 2009 di Nico Cirasola “Focaccia Blues”.
STORIA DELLA FOCACCIA
La sua storia, per come la conosciamo oggi, è abbastanza recente. Ma per arrivare alla “ruota” di pasta lievitata, condito con pomodorini e olive, ci sono voluti secoli di storia. Tutto ebbe inizio quando un po’ per caso e un po’ per gioco, l’uomo capì che unendo acqua e farina poteva ottenere “pani” semplici per accompagnare ogni tipo di pietanza. Grazie a Fenici, Greci e Romani che hanno perfezionato per secoli l’arte bianca (la panificazione) ebbe inizio la storia della focaccia. Nell’antica Roma c’era il LIBUM un pane a base di ricotta di pecora. La ricetta di questo pane è documentata da Marco Porcio Catone detto il Censore in “De Agricoltura” (160 a.C.). Il termine “libum” deriva dal verbo “libare” che significa fare un’offerta agli dei. Questo particolare tipo di focaccia era inoltre usato come offerta durante le feste dei Matralia (festività dedicate alla Dea Mater). E poi, nei Ludi Saeculares, celebrazioni religiose, in cui vi erano sacrifici e spettacoli teatrali, tenuti per tre giorni e tre notti che delimitava la fine di un secolo e l’inizio del successivo. All’epoca la focaccia era molto più ricca rispetto ad oggi, perché oltre la ricotta c’erano impastati insieme le uova, farine come quella di miglio a cui si aggiungeva sale e alloro, e talvolta miele e spezie. Una volta formata, questa focaccia-pane era posizionata su foglie di alloro e cotta su pietra.
Con il passare del tempo grazie a Federico II di Svevia con i cuochi della sua corte furono approntate 4 ricette diverse di focaccia. In epoca rinascimentale poi la focaccia si consumava assieme al vino nei banchetti nunziali. Nonostante questo bagaglio di storia che si porta dietro la focaccia, le origini della focaccia barese sono ancora dibattute.
STORIA DELLA FOCACCIA BARESE
C’è chi dice che la focaccia nasce probabilmente tra Altamura e Laterza come variante del tradizionale pane di grano duro. Pare proprio che sia nata per sfruttare il calore iniziale del forno a legna, mentre si aspettava che raggiungesse la temperatura ideale per cuocere il pane di grano duro. Pertanto, prima di cuocerlo, si stendeva un pezzo di pasta di pane cruda su una teglia, che si lasciava riposare un po’, e poi la si condiva e si cuoceva.
Spesso può sostituire il pranzo o viene degustata per merenda… La si mangia anche per semplice languorino, e la si gusta passeggiando per strada ancora calda e fumante non preoccupandosi del rischio di bruciarsi con il pomodoro bollente. La tipicità di questo prodotto è: una base croccante e oleosa, con il bordo leggermente bruciacchiato. Mentre si mangia uno “stezz di fecazze” sentiamo gusti e sapori diversi che insiemi sono perfetti; perché ogni boccone è diverso dal precedente: c’è quello più croccante o quello più umido e morbido che è sotto il pomodoro. La caratteristica essenziale e fondamentale per la versione “barese” è che deve essere bassa, soffice e con bordo croccante, a differenza di quella di Altamura che ha un impasto più morbido, più soffice con una massa più alveolata.
ALCUNI “FORNI” DI BARI…
Per scoprire meglio la storia della focaccia barese ho incontrato il mio amico Enzo Vacca, in una calda mattina di luglio barese e sono andata a Bari Vecchia per conoscere la storia di uno dei più antichi panifici.
È il panificio Santa Rita che si trova in strada Bianchi Dottula 8. È un posto che ha più di 100 anni, in origine si chiamava San Giuseppe ed è appartenuto a tre famiglie: Cavone, Argento e Sinante. Gli attuali titolari sono Pino e Massimo, la loro nonna ha acquisito il “forno” nel 1968 e poi nel 1971 ha cambiato il nome con cui tutt’ora è conosciuto da tutti: Panificio Santa Rita.
Questo è il “custode” della focaccia barese entro le mura della città vecchia. E’ conosciuto da tutti i baresi e dalla maggior parte dei turisti, soprattutto quelli che arrivano nel capoluogo pugliese con le navi da crociera. Diventa tappa obbligatoria durante la festa patronale di Bari il 7,8,9 maggio, dove il forno rimane aperto fino a notte fonda. È un luogo sempre pieno di gente, trovi sempre lunghe file di persone che aspettano pazienti la croccante focaccia. È stato proprio Pino a raccontarmi delle 4 ricette di Federico II.
Ma oltre la storia, questo luogo ha una particolarità magica, che ho scoperto solo grazie al mio amico Enzo: è la presenza di un cortile in cui si affaccia il retro del forno. È un chiostro privato, abitato, assolato e profumato di pane caldo e “fecazze”. Libidine pura! Mega acquolina!
Altro panificio, pare sia il più antico della città, 1890, è in via Roberto da Bari nel quartiere Murat: il panificio Arciuli. Nacque come forno collettivo, probabilmente il primo nel centro di Bari, dopo quelli già esistenti nel borgo antico, gestito da donne.
E ancora un altro forno storico presente questa volta nel quartiere Madonella, “cresciuto” da tre generazioni è il panificio Violante. Qui la focaccia, a differenza di quella di Santa Rita (con il pomodoro schiacciato), ha il sughetto del pomodoro pelato.
La focaccia è un prodotto comune a molte regioni italiane dalla Puglia alla Liguria, ma la preparazione pugliese oltre ad usare farina, lievito e acqua ha un condimento diverso: pomodori, sale, olive, origano e olio.
Nella versione più tradizionale, la base della focaccia è ottenuta impastando semola rimacinata di grano duro, patate lesse, sale, lievito e acqua così da avere un composto piuttosto elastico, molle ma non appiccicoso; poi questo viene lasciato lievitare, steso in una teglia tonda (da qui il nome “ruota” di focaccia, soprattutto a Bari) precedentemente unta con abbondante olio evo. Si fa nuovamente lievitare e si condisce con pomodori “scazzati” (aperti con le mani e schiacciati), olive, origano e sale e ancora olio evo. La cottura ideale sarebbe in forno a legna. Al termine di essa, si avrà un “disco” più soffice della pizza con un’altezza di 3 cm circa. Consiglio di gustarla calda per assaporarne appieno la fragranza.
La classica teglia che si usa fin dai tempi più antichi è tonda in ferro, chiamata “tappo”. Questa ha bisogno di essere pretrattata prima dell’utilizzo. Infatti quando la si compra per uso casalingo bisogna portala ad un “forno” e chiedere la cortesia di farla bruciare, cioè annerire. Poi viene unta…
Ogni volta che la si utilizza non va assolutamente lavata, al massimo sgrassata un po’ con sale grosso e conservata coperta da un foglio di carta assorbente o carta paglia.
Secondo tradizione la focaccia la potremmo classificare in tre tipologie: una rossa e due bianche.
Quella rossa che prevede l’uso di pomodorini o pomodori freschi “scazzati” e/o olive baresane e origano.
Quella bianca alle patate, dove l’intera superficie e ricoperta da fette di patate spesse circa 5 mm.
E infine quella bianca condita con sale grosso e rosmarino.
Con il passare del tempo, la “fecazze” come tutte le ricette della tradizione ha subito diverse trasformazioni attraverso l’aggiunta di altri ingredienti posti sulla sua superficie: i peperoni, le cipolle e…
Vi consiglio di seguire la tradizione: la “fecazze” barese va mangiata calda e, se si vuole, accompagnata dalla “mortazza” (mortadella) e da una Peroni ghiacciata. È un pasto ricco di ingredienti “poveri” ma gustosi, che seduce gli indigeni e i turisti. Quindi non si può venire in Puglia e passare da Bari senza assaggiare uno “stezz di fecazze”!
Link utilizzati per conoscere meglio la storia di questo prodotto:
Le seduzioni della focaccia barese (regionepuglia.org)
LA FOCACCIA BARESE (Storia, Tradizioni e Cambiamenti) – Camin Vattin
Focaccia Barese: storia ed evoluzione di un mito da forno (cucinasud.it)