“La frègula di Sardegna compare forse per la prima volta in una fonte storica spagnola nel 1611, elencata insieme ad altre tipologie di pasta essiccata, col nome di “frigola”: poco male, è lei, la regina delle paste sarde.” (cit. Alessandra Guigoni)
Alcune teorie dicono che potrebbe essere arrivata in Sardegna grazie agli scambi commerciali con i popoli del Mediterraneo. In particolare con i Fenici che approdarono nell’isola nel IX secolo a.C. integrandosi pacificamente con la civiltà nuragica. Però, è importante sottolineare, che le popolazioni sarde conoscevano i cereali, compreso il grano duro, già da prima del loro arrivo. Fatto ampiamente dimostrato dai ritrovamenti di resti di pasti negli scavi archeologici.
A seconda delle zone geografiche, mantenendo gli ingredienti di base, ovvero semola, acqua e sale, variano sia la ricetta che il nome. Così troviamo “Sa Frègua” in campidano e “Su Succu” in dialetto logudorese. Mentre nella Sardegna centrale, è chiamata “Su Ministru”, da minestra, servita come prima portata di un pasto, che può essere preparata in brodo o asciutta.
Tutti i nomi citati sono concessi, tranne quello erroneamente mutato in “fregola”, che nella lingua italiana, ha un altro significato, decisamente non riconducibile al nostro prodotto. Si tratta infatti della pulsione sessuale degli animali durante il periodo del calore, definita anche una smania o un desiderio eccessivo.
La frègula artigianale richiede un processo di produzione laborioso e occorrono esperienza e una buona manualità per ottenere un risultato ottimale. Gli ingredienti sono semplici: semola grossa e fine, sale, acqua e in alcune ricette anche l’uovo e un pizzico di zafferano, per chi lo apprezza.
Per preparare la frègula occorrono:
500 g di semola grossa
500 g di semola fine
2 uova
300 g di acqua
2 cucchiaini di sale
1 bustina di zafferano
Lasciati da parte gli attrezzi da cucina, si mischiano le uova sbattute con il sale, l’acqua ed eventualmente lo zafferano. All’interno de “sa scivedda“, un contenitore di terracotta a forma di tronco di cono, si lavorano manualmente i due tipi di semola, alternandoli tra loro, e unendo lentamente la miscela liquida. Compiendo dei gesti circolari con le dita bene aperte, si aggiungono, a piccolissime dosi, tutti gli ingredienti. Si continua pazientemente a mescolare, così che le semole inumidite si compattino. Si arriva in questo modo, ad ottenere delle briciole di diverse misure e dalla forma più o meno regolare. Il segreto della buona riuscita stà nel dosare perfettamente la semola grossa e quella fine con il liquido, così che quest’ultimo venga immediatamente assorbito, grazie anche al continuo movimento delle mani.
Su un cestino in giunco intrecciato, “sa canistedda“, si sistema uno strofinaccio di cotone sul quale i granelli devono essere posti ad asciugare, spargendoli bene sul fondo per evitare che rimangano attaccati tra loro. L’ideale è esporli al sole, che conferisce al prodotto, una buona durezza ed elimina l’umidità in modo efficace.
Il passaggio successivo avviene in forno, dove la frègula assume una coloritura più scura non uniforme e acquista un sapore più deciso. Il tempo di tostatura dipende dalle dimensioni delle briciole, e sarà comunque non più di 30 minuti.
Una volta sfornata, occorre lasciarla raffreddare completamente. Si procede poi con la separazione dei grani più grossi da quelli più piccoli, utilizzati in modo diverso in cucina. Attività che in passato era affidata ai bambini, che in questo modo collaboravano e si tenevano occupati a lungo.
In commercio, è diffuso trovare un tipo di pasta di semola denominata frègula sarda (o ancor peggio fregola). Questa, in realtà, spesso è prodotta in modo meccanizzato, completamente diverso da quello tradizionale. Il risultato è un insieme di palline regolari, dal sapore e dalla consistenza che non ricordano assolutamente le briciole che si ottengono preparandola a mano. Quindi è bene verificare quale acquistare, e sopratutto conoscere i pastifici che la realizzano ancora in modo artigianale.
Grazie alla sua versatilità, è presente in tantissime ricette sarde.
La frègula grossa si utilizza soprattutto per cucinare dei piatti asciutti, trattandola come un risotto. Quella a grana media, è l’ideale per cotture al forno che prevedono l’utilizzo di salsa di pomodoro e formaggio filante, come il pecorino giovane. Oppure servita con sughetti di pesce, molluschi o crostacei, che vengono assorbiti dai grani, rendendoli particolarmente gustosi. Tipica è la frègula con le arselle o con le lumache, a seconda delle zone geografiche in cui ci si trova. I grani più piccoli sono perfetti per la preparazione di zuppe di verdura o minestre, cotti brevemente nel brodo di carne o di pesce.
Vi propongo una ricetta classica della tradizione sarda: la frègula con le arselle.