Il libro di Nicola Pepe, il giovanissimo gastronomo che segue le orme di Anthony Bourdain, non è un banalissimo libro di ricette ma è una vera e propria avventura nel cuore delle esperienza più significative che Nicola ha fatto in cucina e non.
Nicola il tuo libro si apre con una frase paradosso: ma è vero che odi il tuo lavoro?
La frase iniziale del mio libro ha molteplici significati: uno di questi è proprio un idea che mi avvolge da tempo. A mio avviso più si ama il proprio lavoro e più finisci per odiarlo. La cucina ti rapisce, la cucina come una donna gelosa ti distacca da tutto il resto, non hai altro in mente, solo la cucina. Potrai provare a tradirla ma questo amore è cosi forte che ti riporterà sempre nel suo letto.
Un altro significato riguarda le delusioni che si scoprono man mano che si va avanti con nel percorso culinario, la poca importanza che da a questo lavoro un cuoco perché preferisce tutto il circo mediatico che ci sta attorno. Cuochi venerati come Dio sceso in terra e e altri schiavizzati nonostante le loro super doti culinarie.
La cucina è un mondo di contro sensi, non c’è più gerarchia.
Invece per il lettore è interessante capire come sei riuscito a sostituire gli attrezzi da cucina con la penna e il calamaio per scrivere “Avventure gastronomiche”?
Questo scambio è stato molto semplice, anzi istintivo.
Mi sono ritrovato a fare da reporter della mia vita, portando alla luce fatti nascosti e bui delle cucine, denunciando pubblicamente situazioni poco corrette di cui non si parla di questo mondo curioso che ha avuto un grande successo negli ultimi anni. La penna rimane sempre uno strumento di qualsiasi cuoco, basta pensare che ogni giorno scriviamo menu, food cost, ordini etc. Quindi la penna è parte integrante!