Orecchiette col ragù, orecchiette e “cime de rape” orecchiette con pomodoro, basilico e cacio-ricotta, orecchiette al forno, con i frutti di mare… Quale barese non associa questi piatti con il pranzo domenicale sia estivo che invernale? A quale turista, in Puglia, non viene proposto almeno un assaggio di queste bontà?
Le orecchiette, sono infatti un tipico formato di pasta pugliese, e costituiscono un tradizionale piatto della cucina regionale, conosciuto in tutto il mondo.
Questa tipica pasta, secondo tradizione, è realizzata a mano. E’ preparata con un impasto semplice, fatto con farina di semola di grano duro, acqua e sale che è lavorato su grandi taglieri di legno. Dopo aver ottenuto delle lunghe “strisce” di pasta, queste si tagliano con un coltello a lama liscia e vengono velocemente modellate con le mani.
Il condimento classico è quello a base di cime di rapa, ma possono esserci tante varianti come quella detta “alla barese”. Possono essere un ricco e gustoso piatto unico, servite insieme ai pezzi di carne con cui si è preparato il sugo. Il non plus ultra è la famosa “brasciola”, poggiata al centro del piatto con le orecchiette e il pecorino grattugiato. Preparazione classica della tradizione domenicale a Bari.
Questa pasta ha una forma discoidale, il centro è appiattito mentre i bordi sembrano più spessi. Le dimensioni sono variabili ma le orecchiette più famose hanno un diametro di circa 2 cm. La superficie è tipicamente ruvida, più adatta a catturare il sugo. Però, di orecchiette non ne esiste un solo tipo. Quelle chiamate “recchie”, “chianchiarelle” o “stacchiodi” sono da considerarsi le più conosciute; tuttavia, degni esponenti della categoria, sono anche gli “strascinati” più grandi, più piatti e tipicamente conditi con sugo di pomodoro. L’orecchietta che più si discosta da quelle menzionate è l’ “orecchia di prete”, di maggiori dimensioni e a base di farina di grano tenero.
MA ORA VEDIAMO UN PO’, CHE ORIGINE HANNO QUESTE ORECCHIETTE?
Le fonti storiche che riguardano le orecchiette sono varie e non tutte confermate da documenti specifici. Non mancano neanche storie e leggende. In un testo di Varrone, poeta latino (116 – 27 a.C.), si parla di un tipo di pasta molto simile alle nostre orecchiette: le “lixulae”. Questa tipologia di pasta era, infatti, descritta di forma tondeggiante con un interno concavo, proprio come le attuali orecchiette.
QUANDO LE ORECCHIETTE ENTRANO A FAR PARTE DELLA TRADIZIONE PUGLIESE?
Molto probabilmente possiamo riferirci ad un’opera dello scrittore napoletano, cinquecentesco, Giambattista del Tufo, esperto degli usi e costumi dell’Italia Meridionale. Egli parla delle “strascinate e maccheroni incavati di Bari”, attribuendo l’appartenenza delle orecchiette proprio al capoluogo pugliese. Possiamo dire che questa tipica pasta risale all’incirca al periodo storico tra il XII e il XIII secolo; già durante il Medioevo le orecchiette le producevano con il grano duro coltivato e raccolto nel Tavoliere delle Puglie. La loro forma tipica era dovuta al fatto che permetteva di conservare meglio la pasta, infatti, la forma concava favoriva il processo di essicazione.
Tra le prime testimonianze di questo formato di pasta, risalenti al 1500, nell’Archivio della Basilica di San Nicola a Bari troviamo un atto di successione. Qui è riportato che il proprietario di un panificio, lascia in eredità alla figlia la sua attività, e come tra i beni della dote matrimoniale della giovane donna, ci sia quella di preparare le famose “recchjetedde”.
Altre fonti invece fanno risalire questo formato di pasta ad un’antica ricetta della Francia medievale importata a Bari dal dominio della famiglia Angioina. Questa pasta proveniente dalla Provenza del Sud era realizzata con farina di grano duro e acqua. Les “crosets”, come le definivano, avevano una forma tondeggiante.
Altri narrano, che la nascita delle orecchiette, trae ispirazione da una ricetta tipica della comunità ebraica che popolava il capoluogo della Puglia durante il dominio Normanno-Svevo. Le orecchiette baresi sarebbero una copia di un dolce tipico ebraico, le Orecchie di Aman, piccoli dischi di pasta frolla fritta che avevano forma di orecchio.
Un’ultima curiosità legata alle orecchiette riguarda il loro potere… Predittivo. Infatti, un po’ per credenza, un po’ per giuoco, le utilizzavano le future mamme per conoscere il sesso del nascituro, attraverso un semplice “rituale”: in una pentola d’acqua, si gettavano un’orecchietta e uno zito (un maccheroncino); se, al momento del bollore, fosse salita in superficie prima l’orecchietta, il nascituro sarebbe stato una femmina, al contrario si avrebbe avuto un maschietto.
In commercio le orecchiette le troviamo in vari modi: fresche, secche o confezionate; preparate a mano o con apposite macchine, per essere successivamente commercializzate in Italia e nel resto del mondo.
MA CHISSA’ SE SONO FACILI DA REALIZZARE?
Farle, anche in casa, non è complicato: occorre manualità, che si tramanda spesso da madre in figlia soprattutto osservandone la preparazione e collaborando alla stessa. Lo sanno bene le donne baresi, in particolare quelle di Bari vecchia. Loro non solo insegnano a figli e nipoti, ma ormai da alcuni anni dispongono sulla strada, davanti le loro case, dei tavoli di legno su cui preparano le orecchiette. Questo, sia per mostrare come si fanno, che per venderle ai turisti che spesso, in gruppi si fermano ad ammirarle.
Per imparare la tecnica occorre vederle fare almeno una volta. Se ci si trova a Bari l’invito è di fare una passeggiata tra le stradine della città vecchia e in particolare nella via Arco Basso, detta anche “la strada delle orecchiette”. In questa via è possibile ammirare le donne baresi intente a realizzare all’esterno delle proprie abitazioni delle squisite orecchiette, prodotte rigorosamente a mano.
Qui questa pasta è prodotta non solo nella variante classica ma anche con il grano arso (un grano povero che un tempo si raccoglieva dopo la bruciatura delle stoppie, ma che oggi viene preparato ad hoc), integrali, giganti e queste signore con i loro consigli culinari sono diventate custodi “dell’arte dell’orecchietta”. Quando chiedi loro di fare una foto, sono ben contente, perché vogliono che questa tradizione “non venga dimenticata e anzi conosciuta e riconosciuta”. A loro, a queste simpatiche, vivaci e veraci custodi di quest’arte, nel dicembre del 2019 anche il New York Times ha dedicato un articolo. Queste signore come la signora Nunzia o la signora Angela, vogliono che questa tradizione venga rispettata, conosciuta e salvaguardata.
La signora Nunzia racconta che da più di 50 anni prepara orecchiette, ha imparato quest’arte dalla sua nonna materna ed è grazie a lei se è diventata una pastaia. “Non è il coltello che dà l’abilità e la forma all’orecchietta” ma “il trascinamento”. Lei racconta e ti spiega anche la diversità tra l’orecchietta barese e quella foggiana, si perché ogni città della Puglia ci ha messo qualcosa di suo in questa pasta. La diversità sta nella ruvidità, più è ruvida e meglio cattura il condimento, e anche nel modo di girarla sul dito subito dopo averla “strascinata”.
Tutto il mondo è affascinato dall’abilità di queste signore baresi che preparano la pasta fresca pugliese a mano tra le stradine del borgo antico.
Oramai fanno parte integrante del folklore locale, e sono le prime ad aver reso l’orecchietta un ISTITUZIONE barese. Loro sono “le chemmare stonn’a ffa le strascenate c’honne fatte chessa Bbare jind’o munne renomate” (stanno donnette sol intente in orecchiette che hanno reso questa Bari e i baresi al mondo cari).