L’area del nolano vive un momento straordinario nel settore della ristorazione ad alti livelli.
Quest’anno, la Guida Michelin ha confermato ed ha premiato tantissimo l’agro-nolano e così ho chiesto ad uno degli chef più promettenti in Italia, fresco di “stella”, se esiste un’ingrediente particolare per ottenerla e cosa ha fatto realmente la differenza nel rinomato ristorante Re Santi e Leoni.
Mi sono trovato, così, a tu per tu con Luigi Salomone che “gioca” con pochi elementi: estetica del piatto, caldo/freddo, morbidezza acidità e dolci che riportano a sapori tradizionali con presentazioni sperimentali.
Sentite cosa mi ha raccontato.
Quali sono stati i tuoi esordi?
La cucina è una passione che porto nel cuore fin quando ero bambino. La mia avventura inizia lavorando nella macelleria dei mio zio per poi proseguire con gli studi presso l’Istituto Alberghiero.
A 18 anni vinco una borsa di studio e decido di partire per la mia prima esperienza all’estero, in Svezia.
Al rientro muovo i prima passi importanti al Grand Hotel Rodes in Val Gardena e poi alla Taverna Estia con Francesco Sposito (due stelle Michelin), dove rimango per due anni.
Successivamente mi sposto al ristorante Mosaico dell’Hotel Terme con Nino Di Costanzo, per poi proseguire al Marennà, ristorante di proprietà di Feudi di San Gregorio di Sorbo Serpico come sous chef di Paolo Barrale.
Nel corso di questa esperienza, nel 2013, vinco il premio “Birra Moretti Gran Cru”, grazie al quale ho potuto viaggiare e visitare i migliori Ristoranti di Copenaghen, Parigi e San Sebastian.
La mia sfida più grande però, inizia nel 2015 quando prendo le redini dei fornelli del ristorante Piazzetta Milù (dove rimango fino al 2019), a Castellammare di Stabia, conquistando dopo nemmeno un anno, nel 2016, la stella Michelin.
Nel 2016 sei stato il più giovane cuoco campano ad aver ottenuto, nella cucina di Piazzetta Milù, la prestigiosa stella Michelin. Questo bis che sapore ha?
Questa nuova stella è per me un importantissimo traguardo: è una grande soddisfazione personale ma lo è soprattutto per il grande lavoro di squadra che è stato fatto in questi primi mesi, dall’apertura nel giugno 2020, nonostante le difficoltà del momento. Abbiamo sempre lavorato con un unico obiettivo e sapere che dopo così poco tempo tutto lo sforzo è stato capito ed apprezzato non ha prezzo, un’emozione che non dimenticherò.
Se potessi descrivere la tua cucina con tre aggettivi, quali sarebbero?
Semplice, creativa e riconoscibile.
L’ingrediente che non può mancare mai nei tuoi piatti.
Un tocco di acidità, sempre presente.
L’esperienza professionale che ti ha cambiato letteralmente la vita?
Sicuramente l’esperienza che mi ha cambiato la vita è stata al Mosaico con lo chef Nino di Costanzo: con lui ho imparato il rigore, la precisione e il rispetto per la materia prima. All’epoca avevo 22 anni e fare il capo partita in un ristorante 2 stelle Michelin è davvero tosta, eravamo in 20 in cucina!
Cosa ha fatto la differenza nel ristorante Re Santi e Leoni?
Il lavoro di squadra, il mettere insieme tutti i tasselli che compongono questo grande progetto, in cui il proprietario Lucio Giordano ha sempre creduto. Ognuno ha dato il suo apporto e questo ha dimostrato la grande squadra che siamo e la crescita e la potenzialità che sicuramente dimostreremo e svilupperemo nei prossimi mesi.
Ricevere la stella, dicono sia complicato, ed ora qual’è il prossimo obiettivo?
L’obiettivo principale sarà quello di continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto e di migliorare. Continueremo ad offrire sempre il meglio ai nostri clienti cercando sempre di trasmettere tutta la passione che mettiamo in ogni singolo gesto.