Dopo aver girovagato in Italia e all’estero, per Luca Natalini è arrivato il momento di fermarsi sui Navigli a Milano dopo il sogno infranto del suo ristorante Autem. Lo chef toscano, classe 1989 e noto per diverse partecipazioni televisive, è approdato infatti allo storico locale Al Pont de Ferr di Maida Mercuri.
Food Makers lo ha raggiunto telefonicamente. 

Chef Natalini, con quale spirito ha cominciato la nuova esperienza Al Pont de Ferr a Milano? Può dirci come è intervenuto sul menù?
Inizio con un grandissimo spirito positivo. Aver conosciuto Maida Mercuri mi ha portato veramente ad avere anche una crescita mentale con questa signora che è estremamente positiva e con mille idee e una straordinaria voglia di far crescere il suo ristorante. Riguardo al menù abbiamo improntato una carta molto golosa con tutti miei piatti, come cavallo e ostrica con fondo di cavallo, insalata di anguilla affumicata e il piccione con la salsa al gin. Quello che conta in particolare dopo un periodo di pandemia è far sentire a proprio agio il cliente. Abbiamo il menù gastronomico che permette di divertirci e far divertire i nostri clienti. 

C’è ancora amarezza per la recente chiusura, a causa dello stop e della crisi causata dal Covid-19, del ristorante Autem (Langhirano-Parma) o è ormai un capitolo definitivamente lasciato alle spalle?
Si, un capitolo lasciato alle spalle. Si è trattato di un bellissimo periodo che mi ha portato anche a farmi conoscere un po’ in tutta Italia. È stato magnifico, un locale sano e proprio per questo non ho mai voluto cercare di sforzare la cosa. Due mesi di stop su otto mesi di attività non erano affrontabili, dunque non avendo investitori o altro ho preferito chiudere dopo un anno di apertura. 

Il Suo must attuale è la Pasta Bianca. Ce ne racconta la nascita? Anche a Milano questo piatto è riuscito a entrare subito nei cuori della clientela?
È stato secondo me uno dei piatti di cui si è parlato di più nel 2019 e nel 2020 perché riprende un po’ un ricordo, riprende un’idea di italianità quasi persa. È l’unica pasta che in Italia si trova in tutte le case degli italiani, nord, sud, est, ovest. C’è chi la cucina con l’olio, il burro annacquato o meno. Il gioco è stato un po’ quello di riprendere l’impatto visivo però renderlo molto accattivante e prepotente al palato. Anche a Milano è subito caduto benissimo perché abbiamo tantissime persone che vengono qui solo per mangiare quel piatto, ciò mi fa molto piacere.

Chef, come si è avvicinato all’arte culinaria?
Sono cresciuto in una famiglia di artisti, tutti protagonisti nel mondo della pittura. Io mi sono spostato nel mondo della cucina perché era ed è uno dei pochi mestieri dove davvero si lavora con tutti i sensi, è quello che mi ha affascinato di più. Mangiare bene, vedere un bel piatto, vedere un’ottima esecuzione, capire a livello di odore se una cosa è più buona o meno buona, quindi sviluppare tutti i sensi per arrivare al proprio concetto di cucina.

La Sua biografia racconta un percorso fatto di continui viaggi. Qual è stata la tappa che l’ha fatta crescere di più professionalmente?
Sono quasi quindici anni che mi sposto di qua e di là. Il punto di forza che mi ha fatto crescere professionalmente è stata la possibilità di incontrare e capire più dinamiche di cucina, dalla Francia alla Russia alla Spagna. Ci sono veramente tanti posti in cui mi sono recato per piacere o per lavoro e mi hanno sempre lasciato un qualcosa. Poi ho cercato di identificarmi nel mio essere, nella mia idea di cucina che è molto golosa, accattivante, insomma una cucina che appaga tutti i sensi.

Ricordiamo le Sue apparizioni televisive, da “La Prova del Cuoco” a “Top Chef”. Sono state esperienze formative?
Sono stati programmi molto formativi perché, ad oggi, il mestiere dello chef è anche quello di sapersi relazionare a un pubblico vasto e il meccanismo della televisione è molto importante perché permette di avvicinarsi a un’altra mentalità. Credo sia un aspetto fondamentale per il nostro mestiere riuscire a comunicare se stessi a una platea televisiva così come certamente alla clientela del proprio ristorante.

A Suo parere, in questo momento storico quale direzione ha preso il settore della ristorazione? Si riesce a sottoporre alla clientela la qualità dell’offerta?
La direzione del settore, secondo me, si sta spostando verso una grandissima convivialità per ogni cliente. Usciamo adesso da un periodo di pandemia e desidero che anche Al Pont De Ferr i miei clienti si sentano a casa propria, che stiano bene ed escano solo con la gioia del buon cibo e del relax. Poi ovvio che accontentiamo a 360 gradi tutta la clientela con una proposta classica ma anche con una proposta gastronomica, sempre con grandissima attenzione alla materia prima.

Pietro Bruno

Classe 1994, laureato in “Media, comunicazione digitale e giornalismo” presso la Sapienza Università di Roma. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo saggio “È il tempo della radio in TV” (Guida),...

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