Lo’steria Ponte Milvio è un luogo moderno e dinamico in cui assaporare i tipici piatti della tradizione romana immersi in un’atmosfera informale e conviviale che vi farà sentire come a casa. L’obiettivo è proporre i grandi classici della cucina romana, cucinati con sapienza dallo chef Luca Ogliotti, dedicando una meticolosa attenzione alla scelta degli ingredienti e riuscendo a mantenere un ottimo rapporto qualità-prezzo, in linea con i tempi.
Lo abbiamo intervistato:
Ciao Luca, laureato in legge ma poi la cucina ti ha rapito dal tribunale, ci racconti il tuo percorso?
Mi sono laureato in giurisprudenza alla Sapienza nel 2003 ma già durante gli studi mi sono avvicinato al mondo della gastronomia attraverso il vino. Infatti nel 2002 mi sono diplomato Sommelier AIS e ho cominciato a lavorare in enoteca ( dai fratelli Arcioni).
Finita l’università ho capito che la mia strada sarebbe stata un’altra rispetto agli studi appena conclusi e così sono partito per un esperienza a Parigi dove ho iniziato a lavorare in cucina.
Tornato dalla Francia ho deciso di perfezionare le mie conoscenze in fatto di cucina frequentando il corso professionale presso la Città del Gusto del Gambero Rosso.
Terminato il corso ho fatto diverse esperienze la più significativa è stata senza dubbio quella presso il ristorante Arquade con lo chef Bruno Barbieri.
Sei stato executive chef del Gambero Rosso a Roma, che esperienza è stata?
Dopo l’esperienza con Barbieri nel 2005. Sono tornato a Roma e ho iniziato la mia “avventura“ al Gambero , inizialmente come capo partita presso il Wine bar della Città del Gusto poi come executive chef e responsabile dei due ristoranti e degli eventi. Nel corso dei 10 anni circa in cui sono rimasto ho avuto il piacere di collaborare con tutti i più grandi chef del panorama nazione e di occuparmi di cucina davvero a 360 gradi .
Produzioni televisive e web , formazione, show Cooking, eventi di ogni tipo e dimensione a roma e in varie città italiane.
Lo’steria è esattamente il posto che a Ponte Milvio non ti aspetti, come mai questa scelta di “rottura”?
Onestamente non vedo l’osteria come un locale di rottura , almeno per quanto riguarda la proposta che è strettamente legata alla tradizione senza rivisitazioni o stravaganze. Forse la rottura sta nel fatto che nel mio locale si punta forte sulla qualità e questo purtroppo non è certamente comune nella zona in cui ci troviamo.
Tu selezioni materie prime del territorio, come i guanciali di Bassiano, i pecorini della Tuscia ed i carciofi di Ladispoli, la cultura romana è molto presente nei tuoi piatti, ci racconti di più delle qualità di questi prodotti?
Credo fermamente che ci sia bisogno di giovani cuochi che possano portare avanti la tradizione più vera senza farsi affascinare troppo dalle nuove tecnologie e dall’ossessione di dover essere originali ad ogni costo, e secondo me per raggiungere questo obiettivo è determinante scegliere con cura le materie prime. Questo è un aspetto per me molto stimolante e che occupa gran parte del mio tempo.
Il motto sul sito dice molto: “Non ricerchiamo l’apparenza ma bensì il contenuto: da noi si viene soprattutto per mangiare e bere bene”. Qual è la risposta dei clienti a questa tua filosofia?
Fortunatamente le cose vanno molto bene , il locale dopo sei anni ha raggiunto ormai la sua maturità e credo che ormai molte persone abbiano capito il nostro messaggio. È questo che ci da ogni giorno la voglia di continuare a migliorarci.
Abbiamo una clientela molto trasversale, giovani e meno giovani, romani e turisti e questo è un aspetto che mi piace molto.
Molti piatti sono in gran parte devoti al quinto quarto, puoi descriverci alcune preparazioni?
Le preparazioni in cui utilizziamo interiora sono molte, a me piace cambiare e proporre ai miei clienti soprattutto giovani e giovanissimi cose che ormai non sono molto diffuse tra le nuove generazioni.
Sono un grande appassionato di trippa , di coda e di animelle; in realtà cuciniamo davvero di tutto e in molti modi ma sempre cercando di rispettare la tradizione e soprattutto gli ingredienti.
Qual è il piatto della tradizione romana a cui sei più legato e perché ?
La coda è il piatto del cuore , rappresenta pienamente lo spirito della cucina romana, povera ma ricca, golosa e appagante.
Potrei vivere di scarpetta fatta con un ottimo pane e il sugo della coda alla vaccinara.
Ci inviti a cena cosa ci prepari?
È complicato per me consigliare un piatto, sono o tutti miei “figli” comunque non mi perderei l’amatriciana.