Abbiamo incontrato Mario Fava, ex commercialista e musicista progressive rock amatoriale, ora tramutatosi in “wine pusher”, per le sue doti di selezionatore e agente di commercio, nel settore enologico.
Vivere delle proprie passioni, convertendosi sulla via per Damasco, sulla scorta di un retaggio professionale familiare, con determinazione e consapevolezza.
Questo il sogno – ed il segno – di Mario Fava, rappresentante di commercio plurimandatario, che abbiamo incontrato per due chiacchiere informali all’Enopanetteria del nostro amico di vecchia data Stefano Pagliuca, in quel di Melito di Napoli, punto di riferimento per gli appassionati del settore.
- Mario Fava buongiorno, mi auguro anzitutto stai bene, è un vero piacere incontrarti in quest’enoteca a noi cara, in una pausa della routine professionale. Come procede lo svolgimento dell’attività, dopo la ripresa settembrina?
Carlo, buongiorno a te, finalmente riusciamo ad incontrarci, è stata un’estate piuttosto breve ma rilassante, ne ho approfittato per visitare alcune nuove aziende che offrono anche servizi ricettivi, con la mia famiglia. Negli ultimi anni sono cambiate totalmente le prospettive di svolgimento del mio operato, il focus è sul prodotto, e sul terroir di riferimento, quindi le visito quasi nella totalità, per il resto non mi lamento, ho un buon portafogli di clientela, ed ho ampliato considerevolmente le referenze, negli ultimi anni.
- Che difficoltà hai incontrato nel passaggio generazionale da tuo padre a te, anche lui era un rappresentante di commercio nel settore enologico, se non erro.
Assolutamente si, mio padre si chiamava Bruno, è venuto a mancare proprio agli inizi di quest’anno. Mi ha trasmesso la passione e la dedizione necessaria per lo svolgimento della mia attività. Le prime volte, nel lontano anno 2009, dopo aver abbandonato l’attività di consulente aziendale in uno studio – sono laureato in economia e commercio – pensavo di improvvisare “a braccio” il contatto e l’approccio con la clientela, senza il necessario corredo di supporti teorici, tecnici e cognitivi. Solamente dopo qualche frustrazione e delusione, ho cambiato approccio, rifinendo ed implementando la mia formazione.
- Come è composta la tua selezione, e quali sono i prodotti a cui sei maggiormente legato?
Con mio padre ho cercato di operare senza soluzione di continuità, evitando delle ingerenze e sovrapposizioni, lui si occupava prettamente di spumantistica, ed ancora oggi è una tipologia di prodotti preminente nella vendita. L’azienda storica è Bortolomiol, una delle eccellenze del prosecco di Valdobbiadene, che di recente ha tagliato il traguardo dei settant’anni di attività, con una linea celebrativa di grande fascino.
In ogni caso i cataloghi che mi fregio di rappresentare sono Arkè, Vitevini, ed infine Sebina Vini Scelti, tre intraprese che hanno come fil rouge la valorizzazione dei territori di provenienza dei prodotti. Fra le aziende italiane rappresentate, impossibile tralasciare la friulana Rosabosco, Scacciadiavoli della zona di Montefalco, l’irpina Villa Raiano, con la quale ho un rapporto storico, Albamarina di Palinuro, ma anche Ancarani dell’Emilia Romagna ed il siciliano – dell’Etna – Eduardo Torres Acosta, insomma una mappatura quasi completa della nostra penisola, straordinario antro di biodiversità pedoclimatica e viti-vinicola.
- A proposito, invece, di spumantistica italiana, quale è la zona maggiormente vocata, secondo il tuo punto di vista?
Beh, non ho remore nel definire la Franciacorta come luogo d’elezione delle bollicine della penisola, un metodo classico che ha canonizzato la propria denominazione, con prodotti d’assoluta eccellenza. L’azienda che rappresento direttamente è Barone Pizzini, general manager Silvano Brescianini, anche presidente attuale del Consorzio di tutela dei vini Franciacorta, famosa, tra le altre cose, per essere la cantina che ha introdotto il concetto di biologico in Franciacorta. Oggi sto curando la vendita sul mercato del primo Franciacorta prodotto con il vitigno Erbamat, un’antica varietà abbandonata per ragioni di produttività e riscoperta da Barone Pizzini, si chiama Animante, ed è ottenuto da un blend di Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco, ed appunto Erbamat. Il risultato è una bollicina complessa, cremosa, dal finale lungo e persistente, mineralità e sapidità in evidenza, che si sta facendo strada nelle predilezioni della clientela.
- Volendo menzionare, invece, delle aziende estere a cui sei legato e che annoveri nella tua selezione?
Per motivi affettivi, rimanendo sempre in tema di bollicine, ovviamente lo Champagne, ho una predilezione per i piccoli recultant manipuleur, direi Instinct Meunier di Jeaunaux Robin, che vendo benissimo, come ad esempio anche i prodotti di Francis Boulard. Menziono anche un prodotto per certi versi eterodosso e non conosciuto quanto merita, il metodo classico del Portogallo Blanc de Blancs “3B” Filipa Pato, realizzato con uve a bacca bianca della regione di Barraida affacciata sull’Oceano Atlantico, come Bical, Maria Gomes e Sercial, una filosofia produttiva artigianale, con un affinamento sui lieviti di circa un anno.
- Un’ultima domanda, prima del commiato. Quali sono le altre tue passioni, se non erro sei anche musicista amatoriale, vero?
Sono consapevole pienamente che le passioni aiutano a vivere meglio, e, oltre ad essere un divoratore di biografie di personaggi famosi, sono anche appassionato di musica progressive rock, un genere molto diffuso negli anni sessanta e settanta, che attualmente riproponiamo con la band, sono chitarrista e ci stiamo cimentando in studio con una serie di composizioni originali. Nulla è lasciato al caso, speriamo di brindare presto, allora, quando l’album andrà in produzione…..