“Shaken, not stirred”. Così beve il Martini l’agente segreto più affascinante e famoso della letteratura e del grande schermo, che tornerà presto nelle sale il 30 settembre con l’attesissimo No Time to Die. Per l’occasione Mattia Pastori, Mixologist Expert e Founder di Nonsolococktails, da grande appassionato di Martini Cocktail ha deciso di fare un excursus sulla storia di uno dei cult della mixology e condividerne i segreti per preparalo in modo perfetto in base ai gusti di ciascuno.
“A differenza degli altri drink, un Martini non è mai uguale all’altro, perché prima di essere una ricetta è un rito tra barman e ospite.” racconta Mattia Pastori. “La bravura di un bartender nel realizzare questo cocktail non passa solo dalla tecnica, ma dalla capacità di creare empatia e capire gusti e desideri del proprio ospite, senza tralasciare nessun dettaglio per non deludere le sue aspettative.”
Il Martini nasce come cocktail morbido, quasi dolce, con una ricetta a base di Gin, Maraschino, Orange Bitter e Vermouth Rosso, per poi evolversi nella versione che conosciamo oggi anche grazie a grandi nomi della letteratura internazionale come Ernest Hemingway, che gradiva il suo Martini appena sporcato di Vermouth, e Ian Fleming, l’inventore di 007, uno dei personaggi più amati e imitati del XXI secolo. Fleming nei suoi libri si improvvisò anche bartender, facendo bere al suo famoso agente segreto, nel romanzo Casinò Royale (1953), una versione del Martini che lui stesso amava farsi preparare dai bartender londinesi dell’epoca: il Vesper Martini, composto da 3 parti di London Dry Gin, 2 parti di Vodka e 1 parte di China Lillet (amaro di China), dedicato alla memoria di Vesper Lynd, prima bondgirl della storia di cui l’agente era innamorato. L’evoluzione di questa grande icona passa poi dagli anni ‘80, ’90 e 2000, quando nascono il Cosmopolitan, e tutti i più importanti Fruits Martini, come il Breakfast Martini di Salvatore Calabrese a base di Gin, Cointreau, succo di limone e marmellata di arancia, o il Porno Star Martini di Daglas Ankrah, che prevede il servizio con uno shot di Champagne in accompagnamento.
Se quindi non esiste una sola ricetta né una regola per farlo, Mattia Pastori svela le domande fondamentali da porre al proprio ospite e i trucchi segreti per realizzare un Martini a regola d’arte:
1 – Gin o Vodka?
Il primo step della preparazione passa prima di tutto dalla scelta del distillato. La preferenza su questo punto dipende molto dai trend del momento: se infatti fino a quindici anni fa la Vodka era regina indiscussa nella mixology, ora al contrario stiamo vivendo il momento del Gin, moda che influenza anche le preferenze legate alla creazione del Martini.
2 – Dry sì, ma quanto?
La seconda domanda da fare è sul grado di secchezza che l’ospite gradisce per il suo Martini. In base alla risposta, il bartender dovrà utilizzare la tecnica migliore per far incontrare gin e vermouth nel modo giusto. Qui si apre un ventaglio di possibilità: c’è chi “sporca” il ghiaccio e chi vaporizza il bicchiere; oppure ancora chi, seguendo un’antica credenza legata alla cultura del Martini, passare la bottiglia attorno al mixing glass o alla coppa per emanare magicamente un profumo in grado di interagire con il cocktail: un rituale che si inserisce nella storia di questo drink icona, tra miti e tecnicismi del mestiere.
3 – Oliva o scorza di limone? Non è solo un garnish
Una terza domanda fondamentale è chiedere al cliente la preferenza sul garnish, un aspetto che impatta in modo importante sul gusto e l’esperienza del Martini. L’associazione più classica è legata all’oliva, che regala un tocco di sapidità extra al cocktail ed è in grado di amplificare i sapori e l’aroma salati nascosti all’interno di Gin e Vermouth. Sulla tipologia è preferibile usare la Bella di Cerignola, almeno 3 pezzi, ma di piccole dimensioni. Un’altra opzione molto amata è usare una scorza di limone per rilasciare gli olii essenziali e profumare la superficie del drink, senza però intaccare il bicchiere per non rischiare di lasciare un aroma troppo invadente. Le tipologie di limone più indicate sono il Femminello del Gargano con una buccia dai profumi intensi oppure lo Sfusato di Amalfi, pregiato agrume della Costiera.
4 – Il ghiaccio non è tutto uguale
Gli ingredienti per preparare un Martini a regola d’arte non sono solo quelli liquidi: serve anche un ghiaccio di qualità. Se il ghiaccio viene preso direttamente dal freezer al momento della preparazione, il consiglio è di lasciarlo scongelare per 5 minuti in modo che non rilasci solo l’effetto “freddo” al drink, ma sia anche in grado di diluirlo.
5 – Servire rigorosamente in coppa
Un cocktail non si può chiamare Martini se non è servito nella sua coppa. Oggi la tipologia più diffusa è quella a Ypsilon, ma negli anni ‘30 il Martini veniva servito nell’iconica coppa Nick and Nora, resa celebre dal film “L’uomo Ombra” dove il Martini era in assoluto il cocktail più bevuto e protagonista delle numerose scene al bar.
Per chi preferisce sperimentare qualcosa di insolito e optare per una creazione ready-to-drink, Mattia Pastori propone nella sua box targata Nonsolococktails una sua celebre ricetta signature, il Martini di Milano, ideata in occasione di Expo. Si tratta di un Martini cocktail twistato con una riduzione di bitter e zafferano, due ingredienti simbolo della città: un drink perfetto per un aperitivo di classe nel salotto di casa, da sorseggiare nell’attesa di assistere alle nuove avventure dell’agente segreto più charmant di sempre.