Che sia la cucina, la musica, la pittura, un artista ha bisogno di creatività. Mauro Uliassi, chef tre stelle Michelin, ci svela da dove arriva la sua.

Lo abbiamo incontrato nella sua dimora, tra le colline di Scapezzano e il mare che bagna Senigallia, dove si trova il ristorante.

Ciao Mauro, partiamo dalle basi: cosa mangia uno chef stellato quando è a casa?

I miei figli mi sfottono, ma prediligo cibo buono e sano. Ormai da una decina d’anni, a pranzo e a cena – anche quando andiamo fuori – bevo una tisana o un infuso invece che il vino. Mi piace, è più salutare e mi godo meglio il cibo. Quando sono a casa mangio molte verdure fresche, zuppe, pollo, pesce, riso, pasta. Mangio la mattina e a pranzo, molto poco o nulla la sera. Trasgredisco solo poche volte, quando mi va e ne vale la pena. Non è molto divertente, ma resto comunque un over 60!

Mauro Uliassi nella cucina del suo ristorante a Senigallia

Beh, a parte la tisana al posto del vino, direi che insomma, le tue abitudini sono alquanto simili a quelle di noi semplici estimatori del buon cibo. E senti, abbiamo notato che in alcuni dei tuoi piatti utilizzi una materia prima campana: il pomodoro del piennolo. Che legame hai con questa terra?

Il pomodoro del Piennolo lo utilizziamo per le sue straordinarie caratteristiche di sapidità. Lo usiamo sia fresco che essiccato. Lo scorso anno la Pasta al pomodoro alla Hilde del nostro lab si è guadagnato il premio di pasta dell’anno. Diciamo che ho sempre subito il fascino del sud, soprattutto quello napoletano. Ho molti amici tra i cuochi campani e quando ero giovane, molto più giovane, ho avuto una fidanzata napoletana. Tutto è iniziato quando ho fatto il militare a Novara, un periodo che ho condiviso con 4 ragazzi di Napoli, che mi hanno introdotto alla cultura partenopea. Me ne sono innamorato subito.  

Qualche tempo fa, invece, sui tuoi social hai postato la foto di un te giovanissimo, in un tesserino da fotogiornalista. Che combinavi in quegli anni?

Avevo 20 anni, mi piaceva fotografare come un po’ tutti i senigalliesi amanti di Mario Giacomelli. Con un mio amico mi abbonai a Stampa Alternativa che, insieme alle sue pubblicazioni, ti inviava un tesserino di press card regolarmente registrato al tribunale di Roma con cui potevi andare ovunque, dai concerti alle manifestazioni…una figata! Una volta fu bellissimo: intervistammo Loredana Berté. Lei quando seppe che eravamo di Stampa Alternativa, una testata abbastanza radicale, si mise a ridere come una matta. Fu molto carina a farsi fotografare. 

Ma allora questo amore per la cucina quando è nato?

Prima di fare la scuola alberghiera ed entrare nel mondo dei servizi ho fatto una scuola tecnica. Il tecnico industriale, elettronico per la precisione. Mi resi conto molto presto che quella scuola non era adatta a me, c’era un clima da caserma, non c’erano ragazze (e qui se la ride). Arrivato in terza superiore, avevo deciso di mollare e partire, andare lontano.

Allora c’era il mito hippy, il sogno dei grandi viaggi verso l’India, il Nepal, Bali. Alla fine per fare contento mio padre, che era abbastanza disperato per un figliolo così sbandato, ho cambiato scuola e mi sono iscritto svogliatamente alla scuola alberghiera. La più facile e indolore. Per me fu da subito una grande festa: si mangiava, c’erano cocktail, la maggior parte degli studenti erano ragazze. Insomma una scuola molto allegra.

Inoltre dava la possibilità di lavorare e quindi di essere indipendente dalla mia famiglia. Ho iniziato come barman nelle discoteche e nei night in inverno; in estate negli alberghi come cuoco. Dopo aver terminato la scuola e aver fatto diverse esperienze anche di alto livello nella ristorazione, mi sono iscritto all’Università.

Nel frattempo ho avuto la fortuna di insegnare nella stessa scuola alberghiera di Senigallia. Tutto era perfetto e per mantenere i miei studi avevo deciso che non avrei fatto il cuoco professionista perché era un lavoro troppo duro. Improvvisamente capii volevo continuare a studiare.

Ma parafrasando Mel Brooks:  “Il destino è quel che è…”. Nell’estate dell’83 mi sono innamorato perdutamente di quella che poi divenne mia moglie e quando lei mi chiese di cucinare per la sua festa di compleanno, lo feci con il cuore gonfio di passione e di desiderio. Sembra una roba assurda ma fu proprio così e quindi devo raccontarla. Fu una sorta di epifania. Cucinai come nel film “il pranzo di Babette”

I miei commensali erano tutti ragazzi abituati al massimo a pizzerie o paninoteche, e rimasero letteralmente sedotti da quello che avevo preparato. Chantal, mia moglie, era raggiante e io ero felice. 

Insomma per la prima volta scoprii quanto fosse meraviglioso e bello leggere il piacere e la felicità negli occhi degli altri. Un piacere e una felicità che io avevo creato. Seguirono altri pranzi e Chantal cominciò a insistere che quello era il mio talento e che dovevo lavorarci sopra.

Così ho cominciato a impegnarmi a fondo verso quella direzione. Ero affascinato dal potere che il cibo aveva sulle persone e dopo sette anni di insegnamento e di studio, ho aperto il ristorante Uliassi nel 1990 con mia sorella Catia. E ora eccoci qui.

E la meditazione? Qualcuno ci ha detto che ne pratichi molta. In che modo questa e altre abitudini che negli anni hai fatto tue, ti aiutano nel lavoro che fai?

Tutto iniziò nel dicembre del 2013. Rimasi molto affascinato dal regista David Linch, che parlava della meditazione trascendentale.

La sera stessa contattai la maestra più vicina a me per fare un corso. Da allora non ho più smesso. La meditazione mi ha dato un senso di consapevolezza maggiore, fondamentale per saper cogliere situazioni e fare delle scelte.   

Per il resto, tutto si relaziona con tutto. Mi piace leggere romanzi, ascoltare e suonare – male – la chitarra. Mi incuriosiscono i pensieri gastronomici dei giovani talenti con cui tengo contatti. Mi piace ascoltare le persone, guardare film, camminare, correre, quando posso, nuotare. Gioco spesso con mio nipote che mi fa sentire un po’ giovane e un po’ grande. Quando sono libero, come in questo periodo, mi piace andare in giro per l’Italia e per l’Europa per conosce nuove cucine, nuovi gusti. Mi diverte e stimola la mia creatività.

il porto di Senigallia dove sorge il ristorante di Mauro Uliassi
Al porto di Senigallia

Dietro i tuoi piatti ci sono tantissime storie fatte di incontri ed emozioni. Questo la dice lunga sulla necessità che un creator nel senso più ampio del termine, ha di raccogliere e conservare con una certa cura tutto ciò che gravita attorno a sé. Che sia una persona, un luogo, un libro, un viaggio: per creare un legame con il mondo abbiamo bisogno di rivelarci.

Esatto! Per esempio, credo che io come cuoco e come senigalliese sia legato in modo indissolubile e forse difficilmente spiegabile a tutto ciò che ha a che fare con il nostro territorio. Con l’Adriatico, con la Bora e le onde che si infilano lungo la banchina, con i gabbiani che se ne stanno fermi sugli scogli impassibili al freddo, con l’odore delle alghe in fermento, dei porti catramosi e affumicati, con il profumo di cielo libero, di mare, di scogliere bagnate. Ma anche con l’odore della terra arsa o bagnata dopo un temporale, dei fossi e degli orti soleggiati. Con il profumo delle case di campagna che sanno di camino, di cera d’api e di mosto. Sono percezioni che marcano profondamente la nostra cultura e quindi il nostro punto di vista gastronomico, pronto a raccontarla.

Daria volpe

Perennemente in fuga dalle cose. Il mio unico centro di gravità permanente: il cibo, la fotografia, la musica.

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