Misha Sukyas, di origini armene, inizia la sua attività ai fornelli a 6 anni, quando a Los Angeles aiutava la tata spagnola a preparargli tapas per merenda. Dopo varie esperienze a Londra, dove conosce –tra gli altri- Valentino Bosch e Michelle Roux, vive una fondamentale esperienza per la sua crescita professionale con il maestro Antonello Tagliabue.
A 21 anni ritorna in Italia e lavora con Lorenzo Veronelli per poi ripartire per l’India e l’Australia, dove collabora con Grant King, chef di Pier Restaurant e Peter Gilmore di Quay. Continua i suoi viaggi in Cina e Indonesia poi Caraibi, Usa, Nord Europa e Polinesia. Nel 2007 la tappa determinante per il suo approccio culinario ad Amsterdam con Moshik Roth, chef israeliano di “avanguardia spietatissima” e paladino della cucina tecno-emozionale.
Dopo i numerosi viaggi, decide di tornare a Milano e con tre soci apre “L’Alchimista”, si dedica poi al progetto “Spice bistrò” e a seguire a “Puzzle”, sperimentando ricette, ingredienti, spezie, tecniche, sguardi e gesti del cibo ancestrali. Recentemente si è dedicato ad alcune consulenze tra le quali “La Bullona”.
Mischa Sukyas ha avuto esperienze anche in campo televisivo su Sky Uno come coach in Hell’s Kitchen e su Food Network come giudice a Chopped e come unico protagonista a Effetto Wow.
Nel 2019 la prima stagione di Comfort Food, sempre su Food Network, e l’uscita del suo primo libro “Sano come un pesce, godo come un riccio”, contenente 150 ricette salutari e goderecce.
La sequenza di pietanze che compongono i menù di Misha Sukyas è l’equivalente di un percorso alchemico, una tavolozza di ingredienti che richiamano – sia nella preparazione sia nell’impatto cromatico della presentazione – gli elementi presenti in natura. Ne è un esempio lampante il suo “Muddy Waters”, un piatto che si ispira al concetto di “palude”: di per sé un paesaggio di pura natura che unisce la potenza elementale di acqua e terra, ma che nell’immaginario comune è associato a sensazioni poco rassicuranti. E che invece, nella mente e nelle mani di Misha, diventa una prelibatezza: merluzzo cotto in un fornelletto composto da cenere di eucalipto, sale vulcanico, farina di manitoba e coriandolo.
Le tue prime esperienza a Londra, girando anche quattro o cinque ristoranti al giorno, cosa ricordi di quel periodo?
È stato uno dei momenti più difficili della mia vita, un cambio di vita molto forte e non avevo idea di cosa volesse dire, e soprattutto una fatica infinita, mi facevano male le mani ed i piedi, in certi ristoranti mi svegliavo piangendo e tornavo piangendo a casa perché andavo a fare ciò che avevo fatto il giorno prima. Però mi ricordo anche tante soddisfazioni perché è stato, sicuramente, uno dei periodi più formativi della mia vita, la fatica e la soddisfazione sono andati di pari passo, quindi posso dirti che lo rifarei sicuramente.
Poi incontri Antonello Tagliabue, chef di Bice a Londra, e tutto cambia, come?
Me l’ha cambiata anche fisicamente perché ero pieno di lividi, mi ha dato rigore e disciplina per questo lavoro. Inoltre mi ha trasmesso l’amore per la brigata ed ho un grandissimo rispetto per lui. Mi ha fatto capire che essere capo non è solo una parola, essere chef non è solo un titolo.
A Londra lavori con Valentino Bosch e Michelle Roux, cosa ti hanno lasciato?
Quando si incontrano delle persone come loro che hanno delle capacità così forti e delle grandi energie, ci sono poche parole che riescono a descrivere cosa ti hanno lasciato. Sicuramente mi hanno dato spessore e profondità, ti lasciano la voglia di fare le cose come le fanno loro, ti fanno venire la voglia di agire su quello che ti viene insegnato.
Sei un giramondo per natura, con esperienze in Olanda, Australia, Cina, Indonesia ed in Africa, cosa porti di quel periodo e come ti hanno influenzato?
Mi ha aperto la mente, mi hanno lasciato sapori ed odori diversi , mi ha lasciato la possibilità di creare un mio modo di intendere la cucina. Sicuramente mi ha lasciato un modo di “annusare” un po’ di vita diversa, nel senso che, ogni volta che scendi da un aereo in un posto diverso riesci ad acquisire uno spessore differente, le conoscenze del posto dove sei, le sue tradizioni. Tutte cose che poi ti ricordi solo tu e che interpreti a modo tuo ma che poi rientrano nel “linguaggio” che poi utilizzerai per esprimere il tuo mestiere.
Tornato in Italia nel 2013, inauguri il suo primo ristorante con degli amici, l’Alchimista, cosa proponevi?
l’Alchimista proponevamo l’avanguardia, solo il nome era una dichiarazione di intenti. Proponevamo qualcosa che doveva arrivare, altrimenti non sarebbe stato di avanguardia. Volevamo dare al cliente gioia e stupore.
Hai scritto un libro “Sano come un pesce, godo come un riccio. 150 ricette salutari e goderecce”, com’è andata?
Direi bene, lo sto ancora scoprendo.
Sei anche molto presente in TV con programmi come Chopped ed “Effetto Wow” e Comfort Food che esperienze sono state?
Diciamo che con i programmi Tv ho avuto sia esperienze positive che negative, ci sono programmi più divertenti da fare ed altri meno. In alcuni riesci ad essere più te stesso ed altri meno, questo potrebbe portare alcuni scompensi. Sicuramente ti permette di raggiungere persone che altrimenti non avrei mai potuto raggiungere, quinidi mi hanno portato alla ribalta al pubblico da casa.
Qual è il luogo dove hai scoperto piatti gustosi?
Sicuramente la Cina, hanno una cucina elegante ma anche molto saporita e succosa, che noi in Italia non abbiamo la netta consapevolezza della loro cultura culinaria, come d’altronde tutte le cucine etniche importate.
Qual è la tua filosofia di cucina?
La mia filosofia è globale, circolare, il cibo per me deve essere buono, non ha una nazionalità nè un confine e neanche limiti, l’obiettivo è quello di fargli parlare tutte le lingue del mondo, abbattendo ogni barriera culturale, con le gambe sotto al tavolo siamo tutti uguali. È una sorta di lingua ecumenica.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ora mi chiedi troppo (ndr ride)