Cultura, cucina, Colella. Tre semplici parole per descrivere il lavoro di Amedeo Colella. Partenopeo fino alle radici. Dopo una carriera nell’IT e nella ricerca si dedica a un suo progetto tutto nuovo. Da grande amante e conoscitore della sua terra. Napoli è il centro di tutto. Per trasmettere la sua personale conoscenza e cultura Amedeo fonda una sua casa editrice: Cultura Nova. La quale gli permette di pubblicare sedici libri. Dodici dei quali, per sua ammissione, ha il privilegio di chiamare libri di cucina. Il suo racconto della cultura napoletana affascina e colpisce.

Dietro a ciò che potrebbero sembrare piccoli racconti si nasconde uno studio e un pensiero molto profondo. 3000 anni di storia sono difficili da raccontare. Lingua arte cultura si mescolano, si sedimentano. I fatti storici e contemporanei vengono filtrati da una forte identità culturale. E quale miglior modo per spiegarli se non tramite la cucina.

La Pastiera mette di buon umore

di Amedeo Colella


La pastiera è un melting pot, un crogiuolo di ingredienti, il simbolo stesso di integrazione e di accoglienza, virtù nelle quali la città di Napoli ha sempre primeggiato: al grano ed alla ricotta italiana la pastiera aggiunge infatti il cedro, che è libanese, la cannella che viene dallo Sri Lanka, la vaniglia che è messicana; insomma ingredienti provenienti da ogni parte del mondo ed accolti con i fiori d’arancio della costiera amalfitana.


Il tutto coperto da una rete di pastafrolla, essenziale perché permette al dolce di non alzarsi troppo in cottura, che simboleggia il reticolo di strade che compongono il centro antico della città.


Nella prima metà dell’800, la regina di Napoli Maria Cristina di Savoia moglie di Ferdinando II Borbone, era soprannominata “la Regina che non sorride mai”. Un anno a Pasqua il cuoco di corte preparò la pastiera e il marito buontempone insistette per fargliela assaggiare. Bene, appena provato un pezzettino la nostra Maria Cristina rimase così estasiata che si lasciò scappare un bellissimo sorriso in pubblico.


E il re, come tutti i mariti che si lamentano delle proprie mogli (sempre incazzate), esclamò: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare un altro anno per vederla sorridere ancora alla prossima Pasqua”.

Amedeo si impegna a conoscere e a farsi conoscere, sia in Italia sia all’estero. Nascono così progetti culturali dedicati agli stranieri. L’impresa di raccontare una cultura, quale essa sia, non è un impegno poco gravoso. Soprattutto quando la città in questione è Napoli. Così ricca e variopinta. Vivace e sprezzante. Il cambiare dei tempi la influenza poco. Il tutto viene asservito dalle persone. Dal “sushi di capitone” per ovviare alla crisi del capitone sotto le feste natalizie. Al kebab salsiccia e friarielli, Piccoli esempi di come un “tendenza” diventa cultura.

Nel 2012 Amedeo pubblica MANGIANAPOLI 180 cose da mangiare a Napoli. Ad oggi per sua stessa ammissione 40 non esistono più. Una domanda sorge spontanea per persone come Amedeo Colella che si impegnano al massimo per tramandare la Nostra cultura. Sono lo specchio dei tempi o la fine di essi?

Redazione Foodmakers

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