Negli ultimi anni, il panettone artigianale ha vissuto una vera e propria rinascita. Dai laboratori più piccoli alle grandi pasticcerie, sembra che tutti abbiano deciso di produrre il loro “esclusivo” panettone, spesso accompagnato da prezzi che sfiorano o superano i 50 euro a pezzo. Ma questa corsa al panettone di lusso è davvero giustificata dalla qualità delle materie prime, o siamo di fronte a una magistrale operazione di marketing?

L’ascesa del panettone artigianale

Un tempo relegato al periodo natalizio, oggi il panettone è diventato un simbolo di eccellenza gastronomica. Chef stellati e piccoli produttori si contendono il primato del miglior panettone, proponendo versioni innovative con ingredienti esotici come il pistacchio di Bronte, il cioccolato monorigine o agrumi canditi a mano.

Ma perché tutto questo successo? La risposta potrebbe trovarsi nella crescente attenzione verso i prodotti artigianali e la narrazione di qualità che li circonda. Il consumatore moderno cerca unicità, autenticità e storie da raccontare, e il panettone si presta perfettamente a questa esigenza.

Prezzi alle stelle: quanto costa davvero la qualità?

I prezzi dei panettoni artigianali si sono alzati vertiginosamente. Si arriva a spendere anche più di dieci volte in più rispetto a un prodotto industriale, specialmente quando si tratta di panettoni. I prezzi medi di questi lievitati artigianali si attestano tra i 30 e i 35 euro, ma per quelli firmati da grandi chef si può arrivare tranquillamente a 60 euro o più.

Ormai, del resto, sono sempre di più i cuochi che producono da sé (o fanno produrre in laboratori di fiducia) i lievitati delle feste. In molti casi, il risultato è davvero notevole: ricette originali, impasti sofficissimi e una cura nei dettagli che non passa inosservata. Tuttavia, questo aumento esponenziale di prezzo solleva la questione se il costo sia realmente giustificato dalla qualità degli ingredienti o se non sia in gran parte un prodotto del marketing.

I dati

Nel 2023 la produzione di panettone ha registrato un aumento del +3,5% a volume (37.647 tonnellate) e un +6,5% a valore (237,9 milioni di euro) rispetto all’anno precedente. Anche in Europa i consumi legati alla pasticceria artigianale mostrano segnali positivi, con un aumento dell’1,5% rispetto al 2023 e un valore complessivo di 11,4 miliardi di euro (Fonte: Osservatorio Sigep Natale 2024 by IEG e CREST, Circana).

In Italia, Bauli, il più grande produttore di croissant e lievitati, sforna ogni anno circa 8,2 milioni di panettoni tradizionali. Al contrario, il fornaio sotto casa o alcuni chef ne producono una cinquantina o al massimo poche centinaia. Marchi rinomati come Olivieri 1882, Vincenzo Tiri, Sal De Riso e Iginio Massari superano le 100.000 unità annue, ma lo fanno in laboratori altamente tecnologici.

Il disciplinare

Tutti i produttori rispettano il disciplinare di legge per utilizzare la dicitura “panettone”. Questo richiede:

• Utilizzo esclusivo di uova fresche e di almeno il 16% di burro (che sale al 20% per il pandoro).

• Minimo 20% di uvetta e canditi per il panettone e 15% di canditi per la colomba.

• Lievitazione naturale con lievito madre.

Ma cosa fa davvero la differenza? Non sempre il termine “artigianale” garantisce maggiore qualità: in alcuni casi, significa semplicemente che almeno un passaggio è stato fatto a mano, come l’incartamento finale. La vera differenza la fanno la qualità degli ingredienti, la maestria nella lavorazione e l’intento del produttore.

Alcuni produttori dichiarano di utilizzare solo burro francese, farine biologiche e uova di allevamento a terra, ma il costo di queste materie prime, pur superiore rispetto ai prodotti industriali, non sembra giustificare completamente il prezzo finale. Un’analisi delle etichette rivela spesso che molti degli ingredienti “premium” provengono dagli stessi fornitori utilizzati anche da brand meno costosi. Inoltre, il termine “artigianale” non è regolamentato, permettendo una grande elasticità interpretativa.

Questa combinazione di storytelling e strategie di branding ha trasformato il panettone in un oggetto del desiderio, ma pone una domanda cruciale: quanto stiamo pagando realmente per la qualità e quanto per il nome stampato sulla scatola?

Il mercato internazionale del panettone

Il panettone è uno dei dolci natalizi più celebri al mondo, ma l’Italia sorprendentemente si posiziona solo terza tra i maggiori produttori globali. Al primo posto troviamo il Brasile, dove la produzione è quattro volte superiore a quella italiana grazie alla standardizzazione del processo produttivo. Qui, la madre acida viene sostituita da lieviti selezionati, un sistema che garantisce uniformità ma perde la complessità aromatica del panettone tradizionale.

In seconda posizione c’è il Perù, dove il panettone è un prodotto di consumo annuale, soprattutto durante le Fiestas Patrias, le celebrazioni dell’Indipendenza del 28 e 29 luglio. Importato dagli emigranti italiani nel XIX secolo, è diventato un simbolo culturale e culinario nazionale.

La narrazione dietro al successo

Parte del fascino del panettone artigianale risiede nel marketing. Parole come “limitato”, “esclusivo” e “ricetta segreta” creano un senso di urgenza nel consumatore. Alcuni produttori si affidano a packaging di lusso, eventi di degustazione e recensioni di esperti per posizionare il loro prodotto come un must-have delle festività.

Tuttavia, questa narrativa a volte sembra eccessivamente gonfiata. Il rischio è che il consumatore paghi più per il brand che per la qualità effettiva del prodotto.

Classifiche senza senso: chi decide il migliore?

Negli ultimi anni, un’altra moda legata al panettone artigianale è l’esplosione di classifiche e premi. Ogni testata, food blogger o influencer sembra avere una propria lista del “miglior panettone dell’anno”. Ma quanto sono davvero attendibili queste classifiche?

Molte di esse si basano su degustazioni parziali, giudizi soggettivi o addirittura sponsorizzazioni. È ridicolo pensare che un prodotto così complesso, con tante varianti di gusto e preferenze personali, possa essere ridotto a un’unica graduatoria universale. In molti casi, queste classifiche sembrano più uno strumento per alimentare il marketing che un reale criterio di valutazione.

Il risultato? Un consumatore ancora più confuso, che si trova a scegliere tra decine di prodotti apparentemente “migliori” ma spesso privi di reali differenze qualitative.

Tradizione o innovazione?

C’è anche chi critica l’eccessiva innovazione nei gusti e nelle tecniche di produzione. Il panettone è nato come simbolo della tradizione milanese, ma oggi si trovano versioni al caramello salato, al tè matcha o persino senza canditi e uvetta, trasformando un prodotto simbolico in un veicolo per sperimentazioni gastronomiche.

La scelta del consumatore

Alla fine, il vero giudice è il palato del consumatore. Vale la pena spendere cifre importanti per un panettone artigianale? La risposta dipende dalle aspettative personali: c’è chi cerca la perfezione tecnica e chi si accontenta del gusto nostalgico di un prodotto più semplice.

Forse, il miglior consiglio è questo: scegli il panettone che racconta una storia autentica e che soddisfa davvero il tuo gusto, senza farti influenzare da trend o nomi altisonanti.