Patrick Pistolesi rappresenta sicuramente una delle figure più importanti della mixology italiana: ha lavorato in un locale storico come il Propaganda e nel 2018, sempre a Roma, ha aperto il cocktail bar Drink Kong, new entry nell’ambito dei World’s 50 Best Bars 2019 (dove è stato premiato anche con il Campari One to Watch Award).
Patrick Pistolesi è un bartender con l’ospitalità nel sangue, nel suo cocktail bar Drink Kong è possibile trovare tutto quello che lo ha fatto innamorare di questo lavoro.
Ciao Patrick ci racconti come ti sei avvicinato al mondo della mixology?
Come nascono le migliori avventure, per puro caso, io sono mezzo irlandese e mezzo italiano , quindi mi sono trovato a frequentare i pub molto presto ho sempre amato la notte ed il mondo del bere, i personaggi che lo frequentano, tanto che alla fine mi ci sono trovato dentro.
Chi è stato il tuo maestro oppure da da chi hai “rubato” i trucchi e anche la passione del mestiere?
Qua devo dire che sono stato sfortunato, non ho avuto dei maestri veri e propri, la mia gavetta è stata particolare, i primi anni mi sono improvvisato cameriere e quando si è presentata l’opportunità mi sono improvvisato barman, la cultura del cocktail non era molto diffusa, nascevano i primi American bar qua e là e devo dire che anche la clientela non era molto preparata, questo mi ha permesso di rubare dai più grandi e studiare con i pochi libri che trovavo. Diciamo che la svolta dopo i vari pub e discoteche è arrivata viaggiando all’estero e frequentando bar importanti… lì sì che ho rubato con i fiocchi.
Ci racconti le tue esperienze passate e cosa ti hanno lasciato?
La vita di un barman va a mille all’ora solo ieri avevo vent’anni , ho cambiato mille banconi, colleghi, servito un’infinità di drink ad un’infinità di gente diversa, in discoteca, al mare, in montagna ai matrimoni, sulle barche, sotto la pioggia, senza ghiaccio a volte anche senza alcol perché lo hanno finito. Sono tutte esperienze che ricordo con tanta nostalgia, una notte infinita, una festa infinita.
Come sta cambiando il mondo della miscelazione in Italia?
In meglio direi, il mestiere del barman a fatica sta cominciando ad essere riconosciuto ed apprezzato, sta entrando nel tessuto culturale e sociale delle persone dall’aperitivo al dopo cena. Noi Italiani siamo al vertice dell’ospitalità, è un mestiere che sappiamo fare bene per una serie di motivi, in ogni posto del mondo dove c’è un bar sono sicuro che dietro al banco c’è un italiano o c’è passato. In Italia abbiamo delle realtà meravigliose, nonostante lo Stato e la burocrazia.
Nel 2018, sempre a Roma, ha aperto il cocktail bar Drink Kong, new entry nell’ambito dei World’s 50 Best Bars 2019, una bella soddisfazione, ci racconto gli inizi?
Drink Kong è praticamente mio figlio, dentro ci ho messo tutto quello che ho imparato nei miei viaggi e nella mia esperienza, è stato difficilissimo aprirlo , ci è voluto un anno quasi tra lavori e il resto, ma la soddisfazione è indescrivibile avere finalmente un posto tutto mio (ho comunque quattro magnifici soci), insomma è bellissimo. Essere riconosciuti subito dai 50 best è stato una bomba, grandissima soddisfazione frutto di tanti sacrifici, è stato stupendo! Forse uno dei momenti più belli a livello professionale.
Hai definito definisce il Drink Kong un “instinct bar”, ci racconti in che senso?
È un a metafora su come secondo noi bisogna approcciarsi al bar, uno viene al bar di soliti per molti motivi, c’è sempre una ragione per brindare, la maggior parte delle volte ci si viene dopo una giornata di lavoro, è un piccolo premio che uno si fa, un regalo, un bel martini a fine giornata. Ecco noi invitiamo i nostri clienti a lasciare le sovrastrutture che la società spesso severa e poco attenta alla nostra anima ci mette addosso, cerchiamo di acuire i sensi dei nostri avventori, ecco perché i nostri menù sono sempre così particolari, molto visual e poco descrittivi, proprio perché l’intento è quello di stimolare l’istinto dei nostri ospiti, farli tornare in contatto con la loro parte più autentica , in cui non serve ragionare, ma sentire.
Hai collaborato con NIO Cocktail, ci racconti com’è nata questa collaborazione?
Tutto è nato tre anni fa, il mio socio Massimo Palmieri mi presenta un ragazzo, Luca Quagliano, che aveva in mente questo progetto, far entrare nelle case e nei luoghi dove non fosse possibile avere un bar e un barman qualificato, cocktails di altissima qualità. Mi è sembrato un’ottima idea, se pensiamo alle linee aeree, l’hotel che non hanno un bar , ma atelier, negozi gourmet insomma le possibilità sono infine. Devo dire che ha riscosso un discreto successo, proprio perché i drink rispettano i più alti standard qualitativi, in quanto collaboriamo con i più importanti marchi di spirits che si trovano sul mercato. Sono molto fiero di questo progetto di cui faccio part come socio.
Quale tecnica di miscelazione preferisci?
Non saprei rispondere a questa domanda, amo tutto del bar e utilizzo praticamente ogni tecnica, ultimamente ci stiamo concentrando sul sapore ed utilizziamo delle tecniche all’avanguardia nel nostro lab, come centrifugazione, chiarificazioni, fermentazione e ridistillazione. Ci piace moltissimo anche se è un grande impegno. Devo dire però che mescolare un bel martini mi dà sempre tanta soddisfazione.
Ma quanto spazio ha la creatività nel tuo lavoro?
La creatività è tutto, specialmente in questo momento , noi abbiamo un cocktail program che dura sei mesi , in cui pensiamo già alla prossima proposta , abbiamo un calendario molto fitto , in cui proviamo nuove tecniche e sapori , ci lasciamo ispirare dai nostri tempi, il nostro menù attuale si chiama’’NEW HUMANS’’ i nuovi umani, strana coincidenza post pandemia. Ma non è solo questo noi immaginiamo nuovi linguaggi, nuovi sapori, che possano essere evocativi nei nostri ospiti che entrino in contatto con la loro anima.
E il distillato che preferisci miscelare?
Dipende ogni distillato ha la sua anima e le sue versatilità, diciamo che amo molto il whiskey e la tequila
Qual è il cocktail che preferisci bere e quello che preferisci realizzare?
Bella domanda, amo tanti drink, dipende dalla stagione, per quanto riguarda i classici amo molto i martini, i margarita un old fashion in un giorno d’inverno, poi amo molto i cocktail sperimentali, quelli che si spingono oltre, adoro il lavoro che stanno facendo Alex Kratena e Monica Berg oppure Matt Whiley , grandi talenti.
A parte quelli che compongono il nostro menù, creazioni uniche che fanno parte di una ricerca ed un processo creativo/tecnico complesso, riguardo i classico amo fare quelli che mi piace bere che ti ho già citato.
Esiste il cocktail perfetto?
Certo che esiste, il drink perfetto è quello che ordini quando ne hai voglia, naturalmente in posti dove sono capaci a miscelare.
Qual è la sua città preferita nel mondo per bere?
A me piace Londra , ho tanti amici nella citta del Big Ben, è pieno di bar stupendi di tutti i tipi, c’è tanta competizione e tanto talento, la nostra industry la è in continua evoluzione, ce n’è per tutti i gusti.
Progetti per il futuro?
Intanto restare a galla, dopo questa esperienza ci dobbiamo rialzare, vincere la diffidenza dei nostri ospiti, cercare di garantire loro la sicurezza di poter bere in serenità e ricominciare là dove ci eravamo lasciati .
Il progetto Kong è in continua evoluzione ed espansione, non escludo altri format sempre legati al marchio ma con target diversi.