Claudio Tramontano, enotecario e selezionatore, ha organizzato una giornata di divulgazione e degustazione della storica denominazione calabrese.
Prosegue instancabile il lavoro di promozione e diffusione enologica portato avanti dalla nostra vecchia conoscenza Claudio Tramontano – owner di Puteca Wine Bar” sui gradoni di Chiaia – che stavolta ha organizzato, presso il proprio locale, una giornata dedicata alla riscoperta della D.O.C. Cirò, riservata agli operatori di settore.
L’evento, titolato “Cirò Revolution”, ha registrato la partecipazione fisica dei titolari delle maison Sergio Arcuri, Avita, Cataldo Calabretta, Tenuta del Conte, Cote di Franze, Cerminara e Fratelli di Cirò, che hanno portato i loro prodotti in degustazione, accompagnati dalle tapas di Jamon Napoli.
Quattro comuni per una zona straordinariamente vocata anche dal punto di vista turistico, un consorzio impegnato nella stesura del disciplinare volto a dare vita alla prima denominazione di origine controllata e garantita, circa cinque milioni le bottiglie annualmente prodotte, un’esposizione commerciale e mediatica che spesso non è riuscita a valorizzare adeguatamente il potenziale intrinseco di un territorio, anzi svilendolo.
In questa pletora e congerie di produttori dalla tradizione vitivinicola arcaica, si è distinto uno zoccolo duro di vigneron – spesso a conduzione familiare – che, per filosofia aziendale ed impostazione metodologica, rifiutano produzioni massive e convenzionali, imperniando il loro operato al rispetto dei cicli della vite, senza utilizzo di prodotti di sintesi, prescegliendo concimi naturali, e vendemmie rigorosamente manuali.
Non so se a questi che gli esperti di settore definiscono come vera e propria “new-wave” dei produttori di Cirò – di cui abbiamo incontrato una nutrita rappresentanza durante l’evento organizzato da Claudio – possa attagliarsi una celebre frase di Jean Cocteau, che definiva i registi della nouvelle vague francese come coloro che “rappresentavano uno sgambetto ai dogmi”, di sicuro c’è che iniziative come queste sono capaci, come poche, di conciliare cultura enologica e promozione di un territorio unico al mondo.