Sara Preceruti, classe 1983, di Castello d’Agogna, piccolo e caratteristico comune lomellino. Per diversi anni ha lavorato presso La Locanda del Notaio a Pellio Intelvi, in provincia di Como. Nel 2013 è stata nominata Miglior Chef Donna di Acqua Panna e S.Pellegrino della Guida Identità Golose e nel frattempo conferma la stella Michelin ricevuta dal locale nel 2010.
Nel 2016 sceglie sempre il territorio comasco per aprire il suo ristorante. Nasce così a Porlezza Acquada, che all’inizio del 2020 si trasferisce a Milano, nel suo nuovo Acquada di Milano, che sorgerà nei locali precedentemente occupati da Tano Passami l’Olio, fresco di trasloco.
Sara afferma: ”Devo mettere me stessa in ogni piatto, con tutte le sfumature del mio carattere. Per questo gioco molto coi contrasti: perché sono fatta così”.
Ciao Sara, ci racconti come nasce la tua passione per la cucina?
Non sapevo di avere questa passione fino a quando non sono entrata alla scuola alberghiera. La scuola stessa l’ho scelta per caso, ma una volta iniziato il mio percorso, ho scoperto la mia vera passione. Il destino mi ha guidata e inconsapevolmente ho intrapreso la strada giusta.
Per anni hai lavorato alla Locanda del Notaio, che cosa ti hanno lasciato quegli anni?
L’esperienza di lavorare ad alti livelli, la capacità di fare squadra e di lavorare compatti per un obiettivo comune.
Proprio alla Locanda hai confermato la stella Michelin, che emozioni hai provato?
Grande orgoglio e una voglia pazzesca di crescere e di fare bene. Col tempo ho anche maturato la voglia di camminare con le mie gambe, per questo è nato Acquada. La stella Michelin è un traguardo, per un cuoco, ma anche un terreno fertile su cui germogliano nuove idee, nuove ambizioni, nuovi stimoli a migliorare.
Nel 2013 vinci il premio Miglior Chef Donna di Acqua Panna e S.Pellegrino della Guida Identità Golose, te l’aspettavi?
No, ma fa tutto parte della voglia di dare il massimo. Ringrazio ancora una volta Identità Golose per aver creduto in me, così come S. Pellegrino. Essere una donna nel mio ambiente non è semplice e i riconoscimenti sono come la pacca sulla spalla di un amico: ti danno forza, fiducia e ottimismo.
Hai attirato l’attenzione anche di Carlo Cracco, che ti ha scelta per l’Ambasciata del Gusto per Expo 2015, ti ha sorpreso?
Certamente! È ancora oggi un grande onore. Carlo Cracco è diventato un punto di riferimento di cui non potrei più fare a meno ed essere coinvolta nelle sue iniziative è sempre fonte di gioia per me.
A gennaio del 2020 hai cambiato location a Milano, come mai questa scelta?
Tutto nasce, come sempre, dalla volontà di mettersi in gioco, ma anche dalla voglia di confrontarsi con un pubblico ampio e vario come quello milanese, sicuramente più maturo in termini di esperienze gastronomiche e allo stesso tempo severo. Perché per migliorare bisogna sfidare se stessi.
Da poco avete ripreso le attività dopo il lockdown, come affronti questa “riapertura”?
I lockdown, totali o parziali che siano, mi sono sembrati infiniti. Il mio primo anno di attività a Milano è stato del tutto anomalo, ma per fortuna non mi sono lasciata andare allo sconforto, impegnandomi in quello che so fare meglio: cucinare. Ho dato il via al servizio di asporto e consegna a domicilio, coinvolgendo la mia brigata e insieme abbiamo resistito alle difficoltà. Ora siamo di nuovo aperti a pranzo: poter finalmente incontrare dal vivo le persone è favoloso, se pure con tutte le precauzioni e le restrizioni del caso. Ho lavorato molto per avere un ristorante accogliente e sono sempre felice quando vedo qualcuno varcarne la soglia e sedersi a tavola.
Come mai questa scelta per il nome che in lombardo significa acquazzone?
Perché un acquazzone spesso ti sorprende, ti travolge e “pulisce” questo che c’era prima per dare vita a uno splendido arcobaleno. Così vuole essere la mia cucina: sorprendente, forte e capace di rivelare tutti i “colori” del gusto.
Qual è la filosofia della tua cucina?
Amo i contrasti: di sapore, di consistenze, di forma e colore. Mi piace generare stupore, mi piace l’inatteso, mi piace che in bocca accada una magia e gli ingredienti rivelino il loro lato più giocoso e creativo, pur mantenendo l’equilibrio indispensabile o, forse, creando nuove forme di equilibrio.
Presenti 3 menu degustazione, ce li puoi descrivere?
In questo momento in cui il mio ristorante può, come tutti, essere aperto solo a pranzo, ho dovuto rinunciare ai menu degustazione in favore di una proposta più concreta: il menù pensato per il delivery è infatti lo stesso che propongo a pranzo. In questo modo posso ottimizzare l’uso delle materie prime e il servizio al cliente, che è in assoluto la cosa più importante. Normalmente, però, i miei menù degustazione sono percorsi di scoperta di nuovi sapori, nuovi abbinamenti e nuovi piacevoli contrasti. Ho cercato di restare fedele a questa impostazione, che per me è innata, anche nel menu attuale, con la speranza di poter tornare il prima possibile a proporre la mia cucina nel modo più completo che conosco.
Sei piemontese di nascita, a quale piatto della tradizione sei particolarmente legata?
La bagnacauda! È un piatto che amo, che mi ricorda le mie origini e che ogni tanto inserisco in menù.
Sei giovanissima, quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Trasmettere a tutti il valore della mia visione di cucina e, allo stesso tempo, non annoiarmi mai grazie al lavoro che amo tantissimo fare.