Qualcuno penserà ma cosa c’entra Il mercato dei biocarburanti con il food, la risposta ci viene data da una ricerca dell’Università di Adelaide che ha sperimentato il processo di fermentazione su una tonnellata di scarti d’uva ottenendo fino a 400 litri di bioetanolo.
La sfida della ricerca scientifica è di trovare materie prime facilmente reperibili ed economiche che possano essere utilizzate nel mercato dei biocarburanti. Una soluzione potrebbe arrivare dagli scarti dell’uva da vino: bucce, polpa, semi, steli e residui di succo. “Considerando che le fonti attualmente utilizzate non sono inesauribili e sono molto spesso inquinanti, l’idea di utilizzare scarti agroalimentari per produrre biocarburante non è niente male” – afferma la rivista Bioresource Technology che ha pubblicato la ricerca che ha studiato le composizioni di due tipi di scarti d’uva: quelle rosse derivanti dal Cabernet Sauvignon e quelle bianche del Sauvignon Blanc.
Kendall Corbin, co-autrice dello studio afferma che: “Utilizzare le biomasse vegetali può essere difficile per la loro struttura complessa, ma tale processo è semplificato con la vinaccia perché risulta reperibile, a buon mercato e ricca di carboidrati che fermentano facilmente”.
Il voler insistere su tale settore sono proprio i dati di produzione, infatti ogni anno la produzione globale di uva è di 67 megatonnellate all’anno, di cui i maggiori produttori sono Cina, Stati Uniti e Italia. È stato stimato che il 18-20% di quest’uva (circa 13,4 Mt) diventa vinaccia di scarto utile per le biomasse.
Questi 13,4 Mt possono avere una seconda vita non solo come etanolo, ma anche per l’alimentazione animale, come fermentanti per rendere alcolica la grappa, come fertilizzanti o fonte di composti fenolici.
La domanda è quale scarto risulta migliore tra quello dell’uva nera ed uva bianca?
E’ stato provato che le vinacce rosse producono 211 litri di etanolo per tonnellata di scarti; quelle bianche invece possono arrivare fino a 400 litri con l’aggiunta di acidi ed enzimi.