Si connota di assoluto rilievo la proposta dello Skyline Restaurant, ubicato in un luogo unico al mondo, con una crew giovane e affiatata.
Originariamente una cittadella apostolica, oggi ristorante gourmet, con straordinaria terrazza panoramica e sala interna all’insegna di un lusso temperato ed high-tech, con suggestioni orientali.
È all’insegna della conversione architettonica, e del sincretismo gastronomico, la cifra stilistica del nuovo Skyline Restaurant, aperto sin dal 2019, passato indenne attraverso lo tsunami della pandemia sanitaria. A fare da viatico un asset proprietario stabile e mai invasivo – la giovane imprenditrice Giorgia Orefice, coadiuvata dalla madre Cristiana – fautrici del giusto risalto conferito all’autonomia della brigata di cucina e sala, capitanata dal giovane chef Vincenzo Cuomo, classe 1988.
Anzitutto, gli ambienti, la splendida baia dell’antica Puteoli ad incorniciare l’ingresso panoramico, il suggestivo scenario delle isole di Capri, Ischia e Procida a delimitare il confine dell’orizzonte, precedute dalla sagoma imperiosa di Nisida e Monte di Procida: una terrazza a livello, a picco sul mare, seguita immediatamente dalla sala interna dotata di elegante privé – tavolo unico per dodici commensali – e cucina a vista con cantina dei vini, circa sessanta i coperti disponibili, all’insegna di un concetto evoluto di accoglienza ed ospitalità.
Una mise en place ispirata ai principi dell’essenzialità e dei giochi di simmetria, nessun tovagliato, sulla scorta del principio che gli spazi vuoti vanno colmati con la luce: elementi mutuati dall’architettura zen e dalla filosofia feng shui, a cui fa da contraltare l’opulenza degli arredi interni – e del gusto estetico ridondante e stratificato – dei salotti dell’aristocrazia ottocentesca napoletana, con broccati, marmi, e sedute in velluto.
Importante e composito il cursus professionale del talentuoso chef Vincenzo Cuomo, come dicevamo, con trascorsi stellati da chef del calibro di Davide Oldani, del tristellato mentore Heinz Beck, poi rifinitosi alla corte di Pasquale Palamaro, una vera e propria cartina di tornasole di una cucina ancorata ai canoni della tradizionalità delle materie prime, con frequenti incursioni nell’Oriente e nelle tecniche fusion di preparazione. Allo Skyline Restaurant due i menu degustazioni approntati, da, rispettivamente, 4 portate denominato “esperienza”, e da 6 portate “sensazioni”, con possibilità di abbinamento vini alla singola portata, ferma la possibilità di ordinare alla carta.
Lontano da logiche autoreferenziali ed inutili manierismi, si apprezza, passando alla degustazione, la teoria degli amous-bouche, alcuni dei quali da mangiare rigorosamente con le mani, sui quali è proposta in pairing l’ottima e versatile bolla “Trento Doc Millesimato Vent 2017 Extra Brut”.
Convincono, pertanto, il sashimi di spigola, il carpaccio di capesanta, cavolo viola, spuma di yogurt e chutney di pomodori secchi, mentre sul seguente “battuta al coltello di scottona femmina, senape in grani, sconcigli alla brace e cenere di parmigiano” viene sapientemente abbinato un Metodo Classico Brut delle Langhe, annata 2015, della storica azienda Parusso, sostenuto da una complessità aromatica e finezza di perlage.
Si prosegue con il bis di primi, risotto con canocchie, terre di olive nere e lo spaghetto con estrazione di mare, davvero una ricerca all’essenzialità dei sapori primordiali, nonostante l’obiettiva complessità delle preperazioni, in calibrato pairing il Riesling 2018 della Valle dell’Isarco Strasserhof Weingut, elegante note di idrocarburi, ma anche minerali e sapide al palato.
Davvero affascinante la portata successiva, frollatura di dentice, morbidissimo e dalla carne ancor più succosa e tenera data dalla lunga maturazione, in pairing un’eccellenza di Costa D’Amalfi, con un pizzico di campanilismo, il doc Capitirosè della Cantina Ida Giordano, da Uve Piedirosso, intenso fresco, pervaso da un colore rosa sostenuto, profumi di piccoli frutti rossi, lampone e pesca.
È la volta, infine, del dessert, ideato in collaborazione con il pastry chef Gennaro Sarnelli, classe 1993, “geometria di cioccolato con tartufo di stagione e sferificazione al caffè”, al quale viene abbinato il passito di Verdicchio dei Castelli di Jesi doc dell’azienda Sartarelli in modo inappuntabile, degno epilogo di una splendida cena in un luogo volto all’appagamento multisensoriale degli ospiti.