“Se perdo una stella, mi suicido”. Nel 2003 la Guida Michelin non declassò Bernard Loiseau, ma egli si suicidò lo stesso. E qualche tempo fa anche Benoit Violier, chef pluristellato e tra i più importanti ed influenti cuochi del pianeta, si è suicidato con un’arma da fuoco nella sua casa svizzera a 44 anni.
Per dire che nemmeno la perfezione raggiunta (e forse anche superata) ha permesso a questi due esempi di eccellenza di restare saldi ai fornelli dei propri ristoranti.
Ora la riflessione da fare — lasciando a parte qualsiasi tipo di discorso sull’inquietudine, sul mal di vivere, lo stress e tutto il resto, che è anche la parte nobile di tutto ciò — è sul peso e sull’utilità di queste coccarde.
Davvero è determinante per la vita professionale di un ristorante, di uno chef?
Prendiamo ad esempio lo storico Don Alfonso 1890, che vanta grande eccellenza e una storia secolare che nessuno può mettere in dubbio. Non posso credere che la sua preoccupazione, che la preoccupazione della famiglia Iaccarino, sia la terza stella prima guadagnata poi persa e poi forse ri-presa.
Non posso crederlo. Certo è un riconoscimento che a riceverlo fa più che piacere, ma la famiglia Iaccarino ha talmente tante cose da dire e da mostrare che una stella in più o in meno non farà la differenza. Non sono né il primo né sarò l’ultimo a dire che mangiare da Don Alfonso non è solo mangiare, è un’esperienza sinestetica, è stare bene “in famiglia”: tutto questo una stella in più o in meno non toglie e non mette.
La storia delle stelle in più o in meno lasciamola a chi piace fare classifiche, tanto fredde e impersonali quanto inutili. La cucina non è una scienza esatta; è pura relatività. Tutto il resto è “solo” tecnica, e di tecnica non tutti ci capiscono.
Per la cronaca, anche mangiare vegan da Don Alfonso è un’esperienza più unica che rara. Ernesto Iaccarino ha accettato la sfida e con entusiasmo mi ha confidato che ama confrontarsi con questo tipo di “restrizioni”, che danno impulso alla creatività, che è una specie di lotta… Ampiamente vinta, e non c’erano dubbi.