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Tenute Rubino è una storia di famiglia, dell’amore per la propria terra e della sua riscoperta. Il sole della Puglia, le tradizioni del Salento, veicolati da una vibrante vena imprenditoriale trasmessa da un padre a un figlio: gemme che a Jaddico, la splendida tenuta a ridosso del mar Adriatico, risplendono in tutta la loro purezza. Un progetto che trova le sue radici negli anni ‘80 del secolo scorso, con quell’azienda agricola fondata dal capostipite Tommaso Rubino che, per primo, recuperò le potenzialità viticole di un territorio dal passato lontano. Il figlio Luigi, affiancato dalla moglie Romina, che lo coadiuva in tutti gli aspetti del marketing e della comunicazione, ne ha raccolto l’eredità imprenditoriale, infondendo quella grande passione in una delle aziende che oggi rappresenta un modello della viticoltura pugliese.

Abbiamo intervistato Romina Leopardi:

Qual è la storia delle Tenute Rubino?

Il vino a Jaddico (la nostra tenuta) è una faccenda antica: negli anni, gli scavi archeologici hanno infatti riportato alla luce la casa padronale e le fornaci in cui Visellio, il proprietario della tenuta in epoca romana, cuoceva le sue anfore vinarie.

Già allora, questa terra era sede di un grande vigneto e di un importante centro produttivo per contenitori di vino, poi ritrovati lungo tutto il bacino del Mediterraneo. 

Circa venti secoli dopo, Tommaso Rubino trasforma quell’antico e prezioso centro vitivinicolo in una importante azienda agricola, dove, implementando una base di impianti già preesistenti, vengono messi a dimora i più tipici vitigni autoctoni pugliesi, come i rossi Negroamaro e Primitivo.

Ma è agli inizi degli anni Duemila che il figlio Luigi, erede di quella peculiare visione della Puglia e delle sue straordinarie risorse così forti in Tommaso, avvia un processo di continuo perfezionamento della qualità produttiva dell’azienda, portandola alla piena maturità.

Nasce così Tenute Rubino: Luigi riserva una parte della proprietà, che si divide in cinque diverse tenute, alla viticoltura d’eccellenza. Ogni Tenuta – Jaddico, Palombara, Uggìo, Punta Aquila e Marmorelle –, in seguito ad attenti studi di zonazione, viene dedicata all’allevamento dei vitigni che più si adattano alle sue caratteristiche pedoclimatiche, donando ad ogni uva sfumature uniche e personali.

Lei e suo marito siete entrambi laureati, da manager a viticoltori?

Luigi ha sempre avuto una sensibilità imprenditoriale e visione moderna. La vite ed il vino per lui sono stati, sin da giovanissimo, un motivo di vita, non solo imprenditoriale e lavorativo. Oggi è il capitano di questa azienda e lo è stato sin dagli esordi, vicino al padre Tommaso che in lui ha creduto sotto il profilo imprenditoriale e professionale. Energia, rigore intellettuale e conoscenza sono alcune delle sue qualità.

Lui è l’uomo con la valigia, in giro per il mondo con l’obiettivo di far conoscere e amare ciò che sa far meglio: produrre vini da un’agricoltura autenticamente centrata sulla modernità e sul recupero delle tradizioni viticole della propria Terra.

Io sono  la compagna di Luigi, nella vita ed in azienda. Ci siamo  conosciuti sul lavoro, condividendo un percorso di crescita imprenditoriale nella comunicazione, nell’internazionalizzazione e nell’organizzazione dell’azienda.

Credo nel  valore del capitale umano  nella formazione e nella cultura di impresa, multiculturalità come ricchezza e valorizzazione di giovani e donne dentro e fuori l’azienda.

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Avete legato gran parte del vostro successo al Susumaniello

A dare una precisa vocazione all’azienda è il recupero di uno dei vitigni autoctoni più antichi del Salento, quel Susumaniello che, grazie a una visione imprenditoriale capace di coniugare tradizioni di famiglia e modernità, viene salvato dall’abbandono.

È proprio nell’area di Brindisi che il Susumaniello, vitigno a bacca nera, ha trovato storicamente la sua dimora ideale. Le origini vanno forse rintracciate in un’antica importazione dalla Dalmazia, mentre più certa è l’etimologia del nome, ispirato dalla generosa produzione iniziale che carica la pianta “come il somaro”.

L’abbondante produttività di questo vitigno tende a ridursi sensibilmente col susseguirsi delle annate, toccando delle medie che scendono anche sotto il kg per pianta. È questo il motivo per cui il Susumaniello ha rischiato di cadere nell’oblio, prima che Tenute Rubino lo recuperasse facendone il vessillo della propria produzione. Infatti è proprio quando diminuisce nei numeri che svela le sue vere qualità, dando vita a uve dal caratteristico color nero- bluastro, ricche di tutte quelle sostanze alla base di vini dalle grandi potenzialità.

La sopravvivenza del Susumaniello fu messa in pericolo negli anni ‘90, quando i viticoltori pugliesi cominciarono a espiantare i vigneti meno produttivi. Luigi Rubino, consapevole delle sue potenzialità organolettiche, ha scelto invece di legare la propria azienda alla riscoperta di una delle varietà più identitarie del Salento.

Lo alleva a Jaddico, lungo la dorsale adriatica a 8 km a  nord di Brindisi, in un vigneto di 20 ettari completamente dedicato alla sua produzione che beneficia della posizione privilegiata vicino al mare.  

Le piante, da un lato, sono favorite dal vento di tramontana, e dall’altro vengono tenute al riparo dallo scirocco. Durante le ultime fasi di maturazione delle uve, le escursioni termiche diventano più marcate, salvaguardando gli accumuli dei polifenoli e delle sostanze aromatiche.

Capofila del progetto Susumaniello è il vostro  Torre Testa 2017……

Il Torre Testa Doc Brindisi 2017, vino cru di Tenute Rubino, a partire da quest’anno, fa bella mostra di sé con una nuova etichetta in grado di esprimere appieno l’unicità di questo Susumaniello in purezza, posto al vertice della piramide qualitativa della nostra cantina. Questa annata del Torre Testa ha anche ottenuto i Cinque grappoli da Bibenda 2021, massimo punteggio assegnato dalla storica Guida annuale sul vino italiano curata della FIS.

L’annata 2017 del Torre Testa Doc Brindisi è il risultato di un andamento climatico davvero particolare, con abbondanti piogge primaverili che hanno sostenuto lo sviluppo vegetativo produttivo delle piante e costituito riserve idriche profonde nei vigneti della Tenuta di Jaddico. Con il progressivo innalzamento delle temperature, che non hanno fatto registrare eccessivi picchi di caldo durante i mesi estivi, si sono determinate le condizioni micro-climatiche ideali per il Susumaniello, vitigno che predilige tempi più lunghi di maturazione dei grappoli. 

Un progetto di valorizzazione che ha nel Torre Testa il suo vertice qualitativo ed identitario e che l’azienda, anche nell’immagine, ha voluto esprimere. Un obiettivo che ha richiesto un lungo lavoro di preparazione e che ha rivoluzionato totalmente l‘immagine di questa storica bottiglia di Tenute Rubino. Un processo, diretto personalmente da me,  che ha visto coinvolte diverse professionalità specializzate nella comunicazione del vino. Una rivoluzione grafica che proietta l’immagine di questa storica bottiglia verso un target di consumatori più consapevoli ed enologicamente maturi, sempre più attenti a riconoscere i valori e le peculiarità dei terroir di provenienza. La nuova etichetta trasmette manualità, artigianalità e vicinanza al linguaggio artistico – massime espressioni delle umane passioni – attraverso un rinnovato utilizzo dell’espressione pittorica, ben evidenziato nella “pennellata” di colore che richiama quello delle bucce delle uve di Susumaniello e della macchia “succosa e densa” che lascia sulle mani, durante la raccolta.

Oggi in termini di mercato qual è il vostro posizionamento?

Oggi Tenute Rubino è un brand del vino di qualità della Puglia molto orientato sull’export. L’azienda esporta le sue etichette in oltre 20 paesi con costanza e successo: dal Nord America, con USA e Canada, al Sud America in Brasile. In Asia,

il Giappone rappresenta un mercato importante e consolidato, ma anche Cina, Hong Kong, Singapore, Filippine e Nuova Zelanda sono presidiati con segnali più che positivi, soprattutto per alcune etichette che, con i rossi, rappresentano la quasi totalità dei vini importati. Ma è l’Europa continentale a comprendere con più decisione il progetto produttivo di Tenute Rubino: Svizzera e Germania sono i Paesi in cui si registra il maggior successo.

Territorio e sostenibilità, spesso temrini abusati, Voi che progetti avete realizzato?

L’evoluzione di Tenute Rubino non conosce sosta: il tema della sostenibilità ambientale è alimentato quotidianamente da pratiche agricole che mirano al rispetto della natura e al minore impatto ambientale di tutte le fasi agricole. L’Azienda aderisce al Progetto VIVA e, dal 2016, al SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata) con certificazione da parte del OdC CSQA delle colture vite da vino e olivo.

Le pratiche colturali presso le Tenute, oltre ad essere conformi ai disciplinari e al sistema nazionale SQNPI,    sono anche adottate secondo una filosofia aziendale più “restrittiva”. Molta attenzione è dedicata all’utilizzo delle risorse idriche scegliendo di non utilizzare l’irrigazione per la produzione, ma soltanto come soluzione “di soccorso”. Questa scelta è una strategia produttiva vantaggiosa per migliorare la qualità del prodotto e per tutelare le risorse idriche del territorio e la qualità dei terreni. Anche per il diserbo, Tenute Rubino ha sostituito il chimico con quello meccanico. La stessa filosofia ambientale ha animato la progettazione  della nuova cantina: immersa tra i vigneti di Jaddico, sin dal suo progetto iniziale, prevede un modo nuovo di rapportarsi con il territorio, la natura circostante e i visitatori. Progettata secondo i più recenti parametri di  eco sostenibilità, modernità, rispetto per l’ambiente, bio architettura – con utilizzo di materiali caratteristici del territorio salentino – la nuova cantina di Jaddico si appresta ad essere il nuovo simbolo di Tenute Rubino. Lo stile è lineare per ridurre al minimo l’impatto con il territorio e per segnare uno stile ricettivo che punta a rendere indimenticabile l’incontro con una realtà unica nel territorio brindisino. Ogni singolo componente della struttura è stato pensato per il minor consumo di energia; tutti gli ambienti saranno coibentati per un controllo sostenibile della temperatura interna, riducendo il consumo di energia elettrica. Sono previsti l’utilizzo di energie alternative e sistemi per la riduzione del consumo di acqua.

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Antonio Savarese

Ingegnere gestionale, sono un Project Manager in Enel Italia nella funzione System Improvements. Da piu' di 15 anni svolgo attivita' come giornalista freelance e consulente di comunicazione per alcune...

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