Angelo Pagano, unitamente al padre Antonio, è saldamente al timone della propria azienda vitivinicola Fattoria Pagano, in uno degli areali di produzione più antichi d’Italia.
Carinola, cuore della Campania Felix, nonché culla dell’Ager Falernus, zona fertile e storicamente vocata, che dall’antica Sinuessa sino all’odierna Francolise è cuore della produzione del Falerno, uno dei vini più apprezzati dagli antichi Romani, crocevia fra l’Appia Antica ed il monte Falerno, contigua al litorale domiziano.
La riscoperta della zona di produzione dell’area del Monte Massico iniziò solamente nel corso del secolo scorso, ma solo negli ultimi quarant’anni alcuni lungimiranti vigneron hanno deciso di recuperare la grande tradizione del territorio, riproponendo alcuni prodotti identitari.
Incontriamo Angelo Pagano, giovane e talentuoso titolare dell’azienda vinicola Fattoria Pagano, in una soleggiata mattinata di inizio primavera, la linea dell’orizzonte, demarcata dai propri vigneti e dal vulcano spendo di Roccamonfina, è evidenziata dai raggi di un luminoso sole di stagione, la sua professionalità – trascorsi da commercialista – evidenzia le possibilità offerte da un territorio da sempre vocato, caratterizzato da una straordinaria identità storica e pedo-climatica.
Quattordici ettari coltivati, con vigneti anche in Irpinia dove producono Fiano e Greco, oggi la filosofia produttiva è improntata ai canoni dell’agricoltura biologica, nel pieno rispetto dei cicli della terra e della natura, con coltivazione a terrazzamenti dove si alternano piante da frutto, come ciliegi e peschi.
Condizioni pedo-climatiche singolari, un’altitudine compresa tra i 270 ed i 300 metri sul livello del mare, terreni di natura vulcanica e vicinanza al mare a creare un equilibrio geo-climatico unico, con una significativa escursione termica fra giorno e notte a stimolare la sintesi di precursori olfattivi e gustativi recisi e distinguibili.
I vitigni coltivati sono quelli autoctoni, quasi tutti in purezza coltivati in Casale di Carinola – aerale dei vigneti – dove sono impiantati Piedirosso, Aglianico e Falanghina, alcune piantate in anni più recenti, accanto alle preesistenti vigne antiche, su dei terreni composti da elementi vulcanici, a cagione delle note salmastre e iodate dei vini.
Numerosi i riconoscimenti ottenuti, fra riviste e manifestazioni di settore, tra cui la prestigiosa menzione nella guida dei vini d’Italia del Gambero Rosso, Vini di Veronelli, Decanter e The Wine Hunter in Merano., con una produzione annuale di circa settantamila bottiglie, annate permettendo.
Passando alla degustazione delle singole referenze, si parte dai vitigni bianchi irpini, di straordinaria finezza olfattiva e morbidezza, fra cui il Greco di Tufo DOCG, il Fiano di Avellino DOCG, coltivati in Altavilla Irpina.
Una menzione particolare per le splendide etichette, in cui, a fare da contraltare alla raffigurazione stilizzata a firma di Mariangela Cacace, vi è un progetto teso alla valorizzazione e riscoperta di antichi strumenti musicali della tradizione campana.
Assaggiamo il Falerno del Massimo bianco Fabula 2020, fresco e dalla mineralità recisa, mentre la versione rossa – Gaurano – è suadente e dal sorso lungo e stratificato, con un breve passaggio in botte.
Interessante il rosato IGT Roccamonfina, prodotto con uve piedirosso, Merlot ed Aglianico, versatile e dalla freschezza di beva, mentre il Falerno del Massico DOC “Angelus”, con affinamento in legno per almeno 12 mesi, rappresenta un vino dal potenziale di invecchiamento pressoché illimitato, profondo e incisivo.
Ed infine il top di gamma, il Falerno del Massico Primitivo DOP “Seduzione”, di grande corpo, morbido e ricco di tannini nobili, senza alcuna chimica di sintesi, caratterizzato da un profumo ampio e complesso, fruttato con note di prugna, confettura di ciliegia ed amarena, da riscoprire ad ogni singolo assaggio, sapendo attendere.