Classe 1981, Valentino Palmisano nasce a Napoli e inizia a lavorare già mentre frequenta l’istituto alberghiero di Bagnoli, dove consegue il diploma per i servizi ristorativi.
È “La sacrestia”, noto ristorante dell’epoca in città, che gli offre la prima esperienza in cucina, sotto la guida di Felice Ponari, ed è seguendo Ponari che si sposta a Milano quando vi aprono la filiale del ristorante napoletano.
Da qui in poi, lavora sempre in ristoranti di altissimo livello sotto la guida di chef che hanno fatto la storia della cucina: dal Four Seasons di Milano con Sergio Mei, al Capri Palace, nell’omonima isola, sotto la guida di Oliver Glowig. Si sposta quindi al bistellato “Don Alfonso” di Sant’Agata dei due golfi di Alfonso Iaccarino, prima di arrivare al “Rossellini’s” di Palazzo Sasso a Ravello, sotto la guida di Pino Lavarra che considera uno dei suoi due maestri, insieme a Glowig. Grazie a lui, vede i suoi primi piatti inseriti in carta ed è in quell’anno che il ristorante prende la sua seconda stella Michelin. Ancora, è con Bruno Barbieri al ristorante due stelle Michelin “Arquade” dell’Hotel Villa del Quar in provincia di Verona, e poi al Badrutt’s Palace di St. Moritz in Svizzera.
Nel 2020, la pandemia dilagante gli offre lo spunto per una riflessione circa il proprio futuro. Palmisano infatti sente forte la voglia di approdare in Sicilia, complice la moglie Ottavia, siciliana, e i due figli cresciuti per lo più nell’Isola. Ed è così che, non appena gli viene proposta la guida della cucina dell’hotel Villa Athena, nel cuore del Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, prende la palla al balzo e si lancia nell’ennesima avventura, quella che, secondo le prospettive, gli consentirà finalmente di mettere radici.
La cucina di Palmisano risulta intimamente pregna delle sue esperienze. È infatti un’autentica cucina italiana in continua evoluzione che risente positivamente delle diverse prospettive geografiche e culturali, senza tuttavia mai perdere la propria anima.
Ciao Valentino, come hai scoperto il tuo amore per la cucina?
Ho iniziato a lavorare in cucina per poter acquistare strumenti musicali, in quanto ho la passione per la musica. Dopo un po’ mi sono reso conto che non avevo talento come chitarrista e che invece in cucina le cose mi venivano in modo naturale. Da qui in poi la strada da cuoco.
Hai avuto esperienze importantissime si da giovane al Capri Palace, Don Alfonso, Palazzo Sasso e Arquade da Bruno Barbieri, che esperienze sono state e cosa ti hanno lasciato?
Sembra banale dire che ogni esperienza mi ha dato qualcosa, ma è la verità. Oggi come persona e come cuoco sono la somma di tutte le esperienze che ho fatto.
Hai lavorato con grandissimi chef, cosa hai carpito da ognuno di loro?
Da ognuno di loro ho cercato di apprendere tecniche e modi di vedere la cucina, ma quello che ho imparato veramente e che essere chef è una responsabilità morale nei confronti dei tuoi ospiti che ti affidano il loro tempo, per una proprietà che ti affida la propria azienda e per i collaboratori che ti affidano il proprio futuro
Poi per amore ti sei trasferito in Cina, ci racconti qualcosa di quel periodo?
Sono andato in Cina per seguire quella che oggi è mia moglie. È stata una delle esperienze più importanti della mia vita, considerando che mi ha fatto aprire gli occhi sul mondo a me sconosciuto. In Cina non mi sono confrontato solo con una cultura e una cucina diversa, ma ho imparato a vedere le cose da un’altra prospettiva e a non dare nulla per scontato. Soprattutto ho imparato che il buono non esiste ma esiste solo il diverso.
Nel Natale 2013 arrivò la chiamata da parte del Ritz-Carlton, com’è andata?
La chiamata fu in italiano, visto che il responsabile aria di Ritz dell’epoca era italiano. Mi disse che stavano aprendo il nuovo Ritz Carlton a Kyoto e che avrebbero voluto affidarmi la guida del Ristorante. Ero incredulo e scettico, ma soprattutto spaventato. Nonostante ciò, andai a vedere la proprietà in Giappone e una volta lì decisi di rimanere per quella che è stata una delle esperienze più formative della mia vita.
Come ti ha cambiato l’esperienza in Giappone?
L’esperienza giapponese mi ha reso una persona più attenta e meticolosa, non solo in cucina ma nella gestione dell’azienda e delle persone. Credo che chiunque voglia fare il cuoco nella vita debba passare almeno un anno in Giappone per meglio comprendere il concetto di qualità.
Poi sei ritornato in Italia come Executive Chef presso Palazzo Seneca, Ristorante Vespasia, com’è nata quest’opportunità?
Grazie a un noto chef toscano di origine siciliana, mi misi in contatto con la famiglia Bianconi che cercava uno chef per la ripartenza del ristorante Vespasia e del Relais & Chateux Palazzo Seneca. Questa volta la sfida non era soltanto culinaria, ma anche sociale. Dopo aver visto la situazione di Norcia in quel periodo, decisi con mia moglie che era venuto il momento di ritornare a casa in quella che ancora oggi ritengo un’esperienza chiave nella vita della mia famiglia.
Qual è la tua filosofia in cucina?
È sempre molto difficile spiegare una filosofia di cucina senza essere ripetitivi e banali. Considero la cucina che farò una cucina attenta al mondo in cui viviamo, mettendo sempre al centro le persone, dai clienti ai fornitori ai collaboratori ecc.
Strano! Insegnare è una cosa che chi si trova a capo di una brigata fa quotidianamente, istruendo e informando i cuochi di domani. Ma trovarsi di fronte a una classe è stato per me spiazzante visto che di solito ero io quello tra i banchi. Ciò nonostante è stata un’esperienza bellissima dove ho visto molte persone motivate e anche molte altre che si trovavano nel posto sbagliato.
Sei campano, qual è il piatto della tradizione a cui sei più legato e perché?
È impossibile rispondere a questa domanda. Ogni piatto della tradizione campana mi lega a un ricordo, un momento della mia giovinezza. Pertanto non ce n’è uno a cui sono più legato, perché ognuno mi lega a qualcosa.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il mio futuro mi porta in Sicilia, dove mia moglie e i miei figli sono nati. Pertanto mi riporta a casa in una location bellissima come Agrigento, all’Hotel Villa Athena, dove, grazie alla fiducia della famiglia d’Alessandro, intraprenderemo un cammino che ci porterà a una cucina più attenta al territorio e a come lo trattiamo, tenendo sempre di più al centro il nostro cliente.