Visto il periodo di pronostici tra vecchio e nuovo anno, vi racconto cosa salvo del vecchio anno andato via. Be’, le poche visite nelle aziende vinicole del mio territorio campano. Vi racconterò il mio viaggio sul territorio con il vino. La prima Azienda che vi racconto è quella de Il Verro. È un’azienda che nasce da un’amicizia nata nei lontani anni ’60. Un’ambiziosa idea imprenditoriale. Valorizzare il patrimonio vitivinicolo del territorio e produrre vini di qualità legati alle tradizioni. Vini biologici nati da 4 Vitigni autoctoni Casertani: pallagrello bianco e nero, Casavecchia e Coda di Pecora.
Vediamo dove si trova esattamente.
Il Monte Maggiore, che da un lato domina il bacino ricco di acque minerali di Riardo e dall’altro la Valle del Volturno, che fin dai tempi dei Borboni era territorio di caccia al cinghiale.
Dal nome che i locali davano al maschio del cinghiale (‘u Verru) nasce l’Azienda Agricola “Il Verro”. La storia di questa avventura affonda le sue radici nell’amicizia e come tutti i legami di vecchia data, ha bisogno di nutrimento. Cosa rende solido un rapporto umano, se non condividere un interesse?
L’Azienda nasce nel 2003 dall’iniziativa di Cesare Avenia e quattro amici. Adesso l’Azienda è guidata proprio da Cesare. Un pezzo di terra in dolce declino, invaso dai rovi ed erbacce, portò gli amici ad investire, dando vita alla produzione di vino e olio di qualità.
L’Azienda produce 20.000 bottiglie frutto della lavorazione dei tre Vitigni autoctoni. Dei 14 ettari di proprietà solo 4 sono vitati prediligendo terreni ricchi di lava e con un’espansione a Sud, Sud-est dove si hanno importanti escursioni termiche tra giorno e notte. La tenuta è circondata da alberi secolari come ulivo, noci e ciliegio. Il Verro ha riscoperto e avviato un lavoro di valorizzazione di un antico Vitigno quale il Coda di Pecora coltivato anticamente in un’area d’elezione tra il Monte Maggiore e Roccamonfina. Frojo nel 1875 lo cita nei suoi lavori sulla viticoltura in Campania.
Arriviamo a raccontare i vitigni autoctoni Casertani. Coerentemente con la loro missione di ambasciatori dei vitigni autoctoni Casertani nel mondo, hanno dato vita a una pagina sul sito dell’Azienda, finalizzata alla divulgazione e diffusione della cultura su questi Vitigni autoctoni.
Il pallagrello. È uno dei pochi Vitigni al mondo che sia il clone a bacca nera (Pallagrello Nero) sia il clone a bacca bianca (Pallagrello Bianco). Il nome del vitigno lo si deve alla caratteristica morfologica degli acini del suo grappolo. Nel dialetto locale, “pallagrello” vuol dire, “rotondetto” , in riferimento agli acini del grappolo, che hanno forma piccola e tonda. Originario della località ” Monticello” nel comune di Piedimonte Matese, riconducibili per alcuni alla Pilleolata Romana. Famosissimo fino a tutto l’Ottocento, se ne ricavava uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, lo offrivano come regalo di pregio agli ospiti e lo includevano, con il nome di “Piedimonte Rosso”, nei menù e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più blasonati vini francesi.
Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi del Novecento, ne decretarono una rapida scomparsa ed un oblio nonostante le indubbie qualità ampelografiche.
L’Azienda vuole riportare alla fama questo nobile Vitigno dal quale producono il Pallagrello Bianco “Vergogniamo” e il Pallagrello Nero.
Poi si trova il Casavecchia. È il Vitigno dalle origini poco conosciute. Ma una leggenda che si tramanda tra i contadini ne fa risalire la scoperta in un vecchio rudere conosciuto come ” ‘a casa vecchia” . Lì fu ritrovato agli inizi del ‘ 900 un vecchio ceppo sopravvissuto allo oidio e alla fillossera dell’800, capostipite dell’attuale Vitigno Casavecchia. Essendo poco produttivo, porta verso prodotti di alta qualità. Dona un vino vigoroso, complesso e ben disposto all’invecchiamento, soprattutto se affinato in legno. È stato però registrato tra i vitigni autoctoni Casertani solo recentemente ( 2002), l’Azienda lo produce in purezza sia nella versione solo acciaio “Lautonis”, sia nella versione detta ” Montemaggiore” con passaggio in Tonneaux per 18 mesi, data la sua predisposizione all’invecchiamento in legno.
Infine c’è il Coda di Pecora. È il vitigno che non va assolutamente confuso con il Coda di Volpe, ed è il vitigno che li rende orgogliosi della loro avventura. In quanto, sono gli unici produttori di vino che commercializzano in purezza questo vitigno.
Il nome è dato dalla forma del grappolo che assomiglia alla Coda di Pecora, come l’appellativo che gli davano i contadini indigeni che lo coltivavano.
Dopo anni di confusione tra Cosa di Pecora e Coda di Volpe, nel 2005 hanno svolto l’esame del DNA che ne certifica l’autenticità ed avviato l’iter per la registrazione tra i vitigni riconosciuti ufficialmente dal Ministero. A causa del mancato completamento della procedura, il nome del vitigno non può apparire sull’etichetta ed il vino per il suo nome ha dovuto virare su un inglesismo “Sheep”. La sua storia, risale ad una prima citazione pubblicata da Frojo nel 1875. Ma diversi studiosi concordano che le sue origini possano risalire al periodo della Magna Grecia. È stato definito come “un vino che esplode nel bicchiere come uno dei più grandi bianchi del mondo. Il bouquet è un trionfo di fiori che ci inebria. Al gusto stordisce la sua potenza aromatica: molto sapido e un po’ minerale, sul finale offre frutta matura a polpa bianca. Vino da bere voluttuosamente, con piena gioia”.
Per quanto attiene ai loro vini, possiamo dire che valorizzare il patrimonio vitivinicolo e produrre vini che seguono le tradizioni legate al territorio nel rispetto dell’ambiente, è la loro filosofia.
Le caratteristiche del terreno vulcanico dove coltivano i vigneti a 330 metri s.l.m. e la buona esposizione con forti escursioni termiche, donano ai vini sapidità, minerali e persistenze tipiche dei grandi vini vulcanici italiani. Con l’ultima annata 2017 l’Azienda ha conseguito la certificazione di coltivazione agricola biologica e produzione di vini biologici, a tutela e garanzia del consumatore.
Siamo così giunti a coinvolgervi un po’ di più all’interno di questa azienda straordinaria, narrandovi la mia personale Degustazione proprio in fondo alla cantina direttamente con il produttore Avenia.
Ho avuto il piacere e l’onore di degustare questi vini:
“Sheep”
100% Coda di Pecora, un vino che ha conquistato il premio al Merano Wine Festival 2020. Per la produzione di questo vino usano lieviti indigeni e svolgono solforosa di 50/60. Effettua vinificazione in acciaio. Questo ” Sheep” è un IGP Terre del Volturno – vendemmia 2019 – con una percentuale in alcol del 13% vol. Vino biologico. Come allevamento utilizzano la forma a Guyot, con una densità d’impianto di 4000 ceppi/ ha, ed una resa di uva di 70 quintali. Eseguono la raccolta tra la I e la II decade di settembre. Un vino che alla vista appare di un colore giallo dorato. Accostando il bicchiere al naso, esalano Profumi complessi, con note di terra, floreale di fiori bianchi di ginestra e nota di menta.
Al gusto, ho percepito un vino fresco, molto sapido, secco, caldo, note di campo, con una buona persistenza, minerale. Ma con una prevalenza di mandorla fresca, accompagnata da erbe aromatiche, con aromi di frutta bianca di mela e pesca bianca.
Lo si consiglia in abbinamento a piatti come crostacei, verdure/ ortaggi in pastella, mozzarella di bufala campana, spaghetti cozze e vongole.
“Pallagrello Bianco”
“Verginiano” 100% Pallagrello Bianco – vendemmia 2019 – con una percentuale di Alcol di 14% vol. Anche questo svolge Vinificazione in acciaio. È un IGP Terre del Volturno. La resa dell’uva è di 80 quintali per ettaro.
Questo vino alla vista appare di un colore giallo paglierino carico. Accostando il calice al naso riesco a percepire, sentori molto floreali, note fruttate di melone, mandorla, ginestra e menta. All’assaggio ho trovato un vino fresco, poco minerale, con un’ottima sapidità. Equilibrato, di buona persistenza e rispondenza gusto – olfattiva.
Lo si consiglia come un prodotto da tutto pasto, ma consigliato in particolare con dei primi piatti di pesce, verdure, piatti vegetariani.
“Pallagrello Nero”
100% Pallagrello Nero – vendemmia 2019 – con alcol al 13% vol. IGP Terre del Volturno – circa 4000 bottiglie prodotte.
Un vino alla vista alla vista di colore rosso rubino intenso. Accostando il bicchiere al naso sento dominare sentori di frutta fresca, note di mandorla, fiori di ginestra e viola. Note di prugna, amarena sotto spirito, more, corteccia di mirto e liquirizia. All’assaggio si percepisce una buona ” salinità” e morbidezza dei Tannini, risulta secco e caldo. Equilibrato e persistente. Svolge affinamento in bottiglia di 6 mesi. Un prodotto che renderà di più se si attenderà per 2/3 anni.
“Lautonis”
Casavecchia – Terre del Volturno IGP
100% Casavecchia – Vendemmia 2017 – con un alcol di 13,5 % vol. Vinificazione in acciaio. Resa dell’uva per ettaro è di 70 quintali. La raccolta per questo vitigno è nella I e Il decade di ottobre, con una produzione per annata di 6000 bottiglie.
Un vino che alla vista appare Rosso rubino con unghia violacea. Accostando il calice al naso ho ritrovato sentori di frutta rossa matura, frutti di bosco ed un profumo intenso di violetta. Al gusto mi è risultato fresco, secco, caldo, sapido, con tannino vellutato e buona struttura, rotondo/ astringente. Buona persistenza.
Il vitigno Casavecchia ha un grappolo spargolo con una presenza importante di Tannini che richiedono gran lavoro per l’estrazione.
Lo si consiglia in abbinamento a carni rosse, una grigliata mista, e formaggi stagionati.
“Montemaggiore”
Casavecchia – Terre del Volturno IGP
100% Casavecchia – Vendemmia 2017 – con alcol di 12,5% vol. Una produzione per annata di 3.500 bottiglie. Questo vino effettua vinificazione di 18 mesi in Tonneaux.
Alla vista appare di colore rosso rubino. Accostando il calice al naso, risulta intenso, con note di prugna, marasca, floreale di rose appassite, violette, per chiudere con sentori di noce moscata e cannella, e accenni minerali. Il finale dona sensazioni balsamiche e mentolate.
Al gusto è risultato, secco, caldo, fresco, morbido, poco tannico e vellutato. Un vino equilibrato e persistente. Lo si consiglia con piatti elaborati di carne e con formaggi stagionati a pasta dura. È un vino prodotto da una vigna particolare che si trova in alto a destra, esattamente dalla parcella 404. Motivo per cui non viene prodotto tutti gli anni, e nel 2020 non è stato prodotto. In generale l’annata 2020 è stata una grande annata prima dell’arrivo della grandine. Hanno sempre prodotto un Biologico ante litteram, prima ancora che arrivasse la moda del Biologico e dell’indicazione in etichetta.
Il range dei costi per i vini base si aggira intorno agli 14€, tranne per il “Montemaggiore” che va in fascia medio alta.
Non posso che salutare ringraziando il signore Cesare Avenia per la disponibilità e accoglienza. A voi posso solo suggerire di andare a trovarlo in azienda, troverete una persona simpatica, gioviale, saggia, dalle cui labbra vi troverete a pendere, come è accaduto a me, che lo avrei ascoltato per ore ammaliata dalla sua passione e voglia di raccontare il suo territorio.
La visita in cantina è stata immersiva. Mi ha emozionata molto, una parentesi di tempo sospeso.
È possibile prenotare dei pacchetti visita ai seguenti contatti:
info@ilverro.it