Dopo aver pranzato da Marotta Ristorante viene da chiedersi come mai, il ristorante di questo ragazzo dell’alto casertano, cresciuto tra il locale di famiglia e alcuni tra i più grandi chef del mondo, non abbia ancora ricevuto un riconoscimento ambito come la stella Michelin.

La seconda domanda probabilmente potrebbe essere cosa cerchiamo quando sediamo alla tavola di un ristorante stellato. Inseguiamo l’idea un po’ patinata di ristorante che affiora dalle pagine delle guide o ricerchiamo una eccellenza data dalla combinazione tra grande materia prima e genialità dello chef?

Certo la stella Michelin è un insieme di situazioni, circostanze e dati di fatto ma, personalmente, anche in una cucina stellata ritengo si debba sempre cercare quel giusto mix tra materia, bravura e gusto. Quindi abbasso i tecnicismi fini a se stessi, che svuotano i piatti rendendoli pedisseque esecuzioni senza anima, e viva la cucina di un giovane come Domenico Marotta.

Perché appunto nei piatti di Domenico troverete tutto, materia prima, idea e gusto. Probabilmente i suoi giri tra le cucine di Berton, Crippa, Yamamoto, Passard (solo per citarne alcuni) hanno aiutato Domenico a sviluppare il suo innato amore per la materia prima e per la cucina, ad affinare una dote che già coltivava nell’azienda di famiglia e che lo ha portato in giro per il mondo in cerca di sapere.

Ha affinato tecniche, ha imparato il rigore e la precisione che regolano i ritmi in cucina, ha sviluppato il rispetto per le materie prime migliori che oggi sceglie prevalentemente nel “suo” alto casertano e che trasforma in piatti che restano impressi al palato e alla mente.

Una esaltazione degli ingredienti la sua, grazie alla quale ogni elemento è perfettamente riconoscibile e nello stesso tempo meravigliosamente integrato all’interno del mosaico che Domenico disegna per ogni piatto.

Domenica 10 luglio, dopo diversi tentativi di prenotazione (ma il locale ha pochi posti e quindi il consiglio è di chiamare in anticipo) ho avuto l’opportunità di provare il nuovo menù estate del Marotta Ristorante. L’attenzione al dettaglio la troverete già nei menù cartacei, consegnati ai commensali dalla sommelier Anna Coppola, di cui viene fatto omaggio al cliente.

Su ogni foglio una riproduzione del fiore di tarassaco ad opera dell’artista telesino Salvatore Troiano, fiore di cui i campi intorno al locale sono ricchi e che ricorda la passione che lo chef nutre per le erbe spontanee che raccoglie personalmente e utilizza per caratterizzare i suoi piatti.

La giovane sommelier si muove con determinazione tra i tavoli spiegando menù e carta dei vini. Completa l’offerta che prevede sia la possibilità di scegliere “a la carte” che l’opzione, consigliabile soprattutto se è la vostra prima volta, menù degustazione. Tre i menù degustazione “Radici e innesti”, diversi per numero di portate, nei quali lo chef si riserva di creare la migliore combinazione di piatti per il cliente.

Scegliamo ovviamente la degustazione per poter avere una visione a 360° della cucina. La carta dei vini, curata dalla sommelier, è proporzionata alle dimensioni del locale con una buona attenzione per Francia e Campania e chicche da ogni parte d’Italia.

Domenico ci stupisce subito con le sue entrée vegetali, piccole chicche dai sapori esplosivi e nettamente riconoscibili, sia nel caso di ortaggi dai sapori mediterranei come la “melanzana e origano” e il pomodoro in diverse declinazioni, sia nel caso dei piccoli bocconi che strizzano l’occhio ad oriente.

Una nota per “Pomodoro e lavanda” e “Anguria e insalata di pomodoro”. I sapori talmente netti e precisi di queste due preparazioni non lasciano dubbi sulla direzione che stiamo intraprendendo.

Si prosegue in questo percorso fatto di pulizia e verticalità spostandosi dal vegetale assoluto verso il “Mantecato mediterraneo”, ricavato da quelle che per noi comuni mortali sono le parti meno nobili del pesce, racchiuso in due delicate sfoglie. Diverte con cotenna e guanciale, una vera e propria chips di maiale, e con le lumache con ‘nduja e bergamotto. Un gioco in cui la lumaca affumicata fa da base, il piccante fa eco in lontananza insieme alla nota rinfrescante dell’agrume.

Da segnalare l’uso sapiente che Marotta fa delle essenze più solitamente usate in profumeria. Non solo bergamotto ma anche patchouli, usato per aromatizzare dei Tajarin di zucchine. Un gioco accattivante.

Chiude il cerchio magico degli appetizer “Crustum et Moretum”, una nuvola di grani antichi locali condito con un misto di erbe sale, pepe e conciato romano, riproduzione di una pietanza risalente agli antichi romani. L’alto casertano su un nachos…

Si passa agli antipasti veri e propri con il “Granciporro, gazpacho bianco, ciliegie e latte di cetriolo”. Altra esplosione di sapori, gazpacho e ciliegie marinate danno spinta al granchio e il latte di cetriolo servito a parte si rivela un nettare prelibato.

Si arriva poi ad uno dei piatti forse più fotografati, e non a caso, del Marotta Ristorante, “Uovo e zucchine”. Una tavolozza di colori su cui tutti gli stadi vegetativi della pianta della zucchina, dai talli, al fiore, accompagnano il delicato ma gustoso uovo adagiato sul suo albume.

È poi il turno delle paste, e anche qui non si cede il passo all’errore. Pasta patate e uova di mare, piatto dalla lunga lavorazione e dal perfetto equilibrio, con le note affumicate che arricchiscono i contrasti. E ancora, Raviolo, spalla di agnello “Cacio e Ova”, delicatezza e carattere in un piatto.

Avendo scelto il menù degustazione da 7 portate a me viene servita la “Seppia, ginepro e erbe amare e piccanti. Una seppia arrosto dalla consistenza perfetta e con le erbe e il suo nero a dare la giusta spinta di sapore. In accompagnamento té giapponese che esalta affumicature, note amare e salmastre.

Cottura e consistenza magistrale anche per l’agnello con cicorie, cedro e genziana con salsa del suo fondo ad insaporire la carne. Genziana e cedro, insieme alla cicoria, aggiungono una nota fresca e amaricante che fa la differenza.

Giusto anche l’accostamento tra maiale, chimichurri e melanzana alla brace, forse un pizzico meno vibrante dell’agnello ma ugualmente ben fatto.

Risolatte, kumquat e coriandolo accompagnato dal latte stregato di cui berresti volentieri una tazza, è un fine pasto sorprendente. Così come Limone, Rosmarino e Miele.

Si conclude con l’ottima piccola pasticceria un percorso entusiasmante che non ha fatto altro che confermare quello che già si intuiva da tempo. Domenico è un professionista che sa quello che fa, nonostante la giovane età.

Mi piace paragonarlo al più bravo della classe, che riesce ad emergere rispetto agli altri, non solo perché fa i compiti a casa, ma perché ha un quid in più che gli permette di distinguersi e andare oltre.

Il conto è più che proporzionato all’esperienza che farete in quel di Squille.

Crediti Foto Anna Orlando

Marotta Ristorante

Via Marrocchelle, 52 Squille (Ce)

Qui la ricetta della Pasta, Patate e Uova di Mare

Anna Orlando

Maturità classica, laurea in giurisprudenza, avvocato da oltre 15 anni. L'interesse per la cucina e per il cibo nasce dall'aver osservato in silenzio prima una nonna e poi una mamma ai fornelli. L'essere...

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