“C’era una volta Sabrina… e c’è ancora!” era forse un titolo più adeguato a questo articolo ma sembrava triste e così ho scelto “Buon compleanno, Sabrina!” perché oggi è il suo giorno e io voglio festeggiarla! Sabrina compie 15 anni, ovvero circa la metà dei miei anni, trascorsi sempre insieme, anche quando non volevo, nei momenti difficili e in quelli belli. Da 15 anni Sabrina mi accompagna ovunque e a suo modo mi ricorda che c’è, che mi piaccia o no, che io lo voglia o non.
Sabrina è arrivata il 4 marzo 2004, un giorno come tanti, quando ero a scuola per il corso pomeridiano di inglese e ho ricevuto la telefonata di mia madre: “Anna oggi vengo a prenderti prima, dobbiamo andare in ospedale per fare degli accertamenti”. Mia madre non voleva allarmarmi e difatti non ero preoccupata ma credo che lei lo fosse abbastanza da non aspettare neppure che il corso di 2 ore finisse. Ricordo, però, che l’agitazione a casa, la valigia da preparare per chissà cosa (ancora non lo avevo capito) e la fretta dei miei genitori ad andare a Napoli si è manifestata nelle ore successive in un pianto immotivato ma liberatorio.
Non è un articolo triste, lungi da me! Volevo creare un po’ di suspance prima di dirvi chi è Sabrina e raccontarvi alcuni aneddoti di questi 15 anni di vita insieme.
Sabrina è il nome che io e mia sorella Lucia abbiamo scelto, qualche mese dopo l’esordio del diabete, per riferirci alla glicemia, per parlare di lei quando mi dava (e dà) problemi con i suoi continui alti e bassi: la mia glicemia era proprio fastidiosa e dispettosa come una ragazzina di nome Sabrina con cui non sono mai andata d’accordo proprio per il suo carattere, diverso dal mio. E così, da allora, Sabrina è il nome in codice quando parliamo di diabete e ci diciamo come va la glicemia!
Com’era la mia vita prima del 4 marzo 2004 non me lo ricordo più, faccio fatica a pensarmi libera da aghi, siringhe e controlli continui su quando, quanto e cosa mangiare. Eppure 15 anni fa avevo già 16 anni, avevo già qualche anno alle spalle per ricordare la mia vita normale. La mente, però, fa il suo gioco e a volte rimuove le cose belle ed enfatizza quelle brutte e fa in modo che ti tornino in mente come un sogno ricorrente. Oggi posso raccontarlo, grazie a Matematica in Cucina. Non che qualcuno mi abbia mai impedito di farlo prima o che io abbia mai avuto un motivo per farlo ma sapere che oggi sono qui a scrivere questo articolo e posso ironizzare sul diabete e dire “Buon compleanno, Sabrina” sapendo che Sabrina non è reale, non è una persona e che sto festeggiando l’anniversario dell’esordio del diabete, mi rende sciocca ma felice e libera più di quanto non lo fossi prima del 29 aprile 2018. È il giorno in cui il blog è andato online, a partire dal quale tutti, amici e sconosciuti che mi seguono, sono a conoscenza della mia patologia. Non mi è mai piaciuto che qualcuno mi dicesse che sono diabetica, è un aggettivo che non mi identifica. Io ho il diabete, non posso mandarlo via né posso far finta che non esista ma è una qualità che non mi appartiene e che non mi rende diversa dagli altri. Sono perfettamente consapevole che si tratta di una malattia cronica e irreversibile, finché tecnologia e scienza non ci separino! Sono perfettamente consapevole che averlo taciuto per tanti anni non ha cambiato nulla ai fini della cura, anzi spesso mi sono complicata la vita per non chiedere aiuto a nessuno! Ma sono anche consapevole che io, e tutti quelli affetti da Diabete Mellito tipo I, sono stata attaccata da questa malattia, non l’ho cercata io con uno stile di vita insano, non ho mai avuto una vita sedentaria, non sono mai stata in sovrappeso. Eppure non ho potuto evitare che dal 4 marzo 2004 io fossi legata a iniezioni di insulina salvavita.
Non è un dramma, non lo è mai stato, ma averlo taciuto è servito a me per convincermene e per convincere tutti quelli che mi sono intorno e che hanno vissuto male l’arrivo di Sabrina.
Di quei giorni mi ricordo sicuramente la corsa in macchina verso l’ospedale: zio Pietro ha accompagnato me e i miei genitori con la sua auto ma a Napoli c’era un traffico assudo e, arrivati in zone centrali, eravamo praticamente fermi. E io ho impressa nella mente l’immagine di mio zio fuori dalla macchina che cerca di dirigere il traffico nella rotonda dove eravamo bloccati. Mi viene da ridere ogni volta che ci penso!
Mi ricordo l’accoglienza in ospedale, una sala d’attesa che in realtà era uno stanzino, dove ho incontrato le infermiere dolcissime e simpatiche con cui ho trascorso i miei giorni di ricovero.
Mi ricordo le corsie colorate e piene di disegni, la sala dove guardavo Elisa di Rivombrosa dopo cena insieme a mia madre, i giocattoli e i tavolini bassi dove i bambini ricoverati passavano il loro tempo.
Mi ricordo di Charon, una bellissima bambina di 10 anni, diabetica da quando aveva 4 anni e ricoverata in quei giorni perché anche la sua Sabrina faceva capricci e non riuscivano più a gestirla. Charon era una bambina straordinaria, una vera forza, è lei che mi ha iniziato a parlare del diabete, che mi ha spiegato cosa fosse e perché facciamo l’insulina; mi ha spiegato cosa mangiava e cosa faceva a scuola quando era con gli amici o se andava ad una festa. Il diabete era parte di lei davvero, Charon non ricordava com’era la sua vita prima e, quindi, mi rassicurava perché pensava che per me fosse più difficile abituarmi.
Mi ricordo il ritorno a casa dopo 7 giorni di ricovero, mi ricordo i biscotti di pasta frolla della vicina (regalo perfetto per una neo-diabetica, non trovate?), mi ricordo il pelouche gigante delle mie amiche del liceo e i fiori che zio Gino mi ha regalato quando è venuto a trovarmi. Non sono un’amante dei fiori, non li apprezzo davvero e a volte mi sembra che regalarli o riceverli sia uno spreco di denaro. Quel mazzo di fiori, però, è stato il gesto e il regalo meno scontato e più inaspettato, mio zio aveva ragione a credere che l’avrei gradito (mia zia non era d’accordo quando li hanno comprati!).
Mi ricordo di quando zio Luigi ha bussato alla porta di classe, approfittando di un momento di pausa per lui che è insegnante e per me. Mi ha chiesto come andava, ha parlato del più e del meno, ha voluto sapere se mi stavo abituando ma poi, un po’ dispiaciuto e con gli occhi lucidi, mi ha detto “Ma perché proprio a te? Non ci voleva proprio!”
Perché? Boh, non lo so perché proprio a me ma in quei primi mesi so che ci pensavo spesso e se da una parte mi rispondevo “meno male che è successo a me e non a Lucia che altrimenti ci sarebbe stata davvero male che a lei piace mangiare” dall’altra ero comunque sofferente e frustrata quando la glicemia continuava a scendere e a svegliarmi di notte, quando origliavo i miei genitori e sentivo che erano preoccupati per me o quando dovevo ricordarmi di non saltare i pasti anche quando non avevo fame o di trovare un posto dove fare le inizioni quando ero fuori per cena con le mie amiche.
Crescendo sono cambiate tante cose, il diabete è diventato sempre meno presente nella mia vita, ho iniziato a usare il microinfusore liberandomi dalle siringhe, dagli orari fissi e dai pasti obbligati; inoltre ne parlavo il giusto, solo quando mi chiedevano o quando era necessario. I miei amici dell’università non sapevano nulla né successivamente i miei colleghi di lavoro. Ho pensato per tanto tempo che fosse la soluzione perché, senza coinvolgere chi mi era intorno, potevo gestirmi autonomamente e senza dare preoccupazioni inutili. E sapete quando tutto questo diventava anche divertente? Quando cucinavo per amici e colleghi e, quasi sempre, i miei dolci erano delle vere bombe ipercaloriche! E subito arrivavano battute del tipo “Anna ma sta fetta è esagerata, mi vuoi far venire il diabete?” oppure “Se avevo il diabete m’avevi già ucciso” o ancora “Dopo questa torta vado dritto in coma diabetico” .. e io ridevo tra me e me perché pensavo “E c’hai ragione ma tanto il problema è tutto mio, è una torta a prova di diabetico”
Come sempre sono logorroica e non riesco mai a raccontare tutto quello che vorrei. Posso migliorare! 🙂
Intanto, per tornare a Sabrina e al suo compleanno, oggi ho cucinato questa torta che vedete in copertina, è la versione vegan della torta di grano saraceno con confettura di ribes, ricetta tipica per le regioni del nord Italia, in particolare in Trentino Alto Adige. Nella mia versione #vegan, ho usato solo farina di grano saraceno e farina di mandorle; mancano le uova e il burro. È una torta #senzaglutine, #senzalatte, #senzauova e #senzaburro, insomma in perfetto stile Matematica in Cucina!
Per la ricetta completa, date un’occhiata sul blog!