Venti gelidi agitano il settore della ristorazione italiana e non solo.
Sempre più frequenti le notizie di chiusure di attività ristorative in tutto lo stivale, di licenziamenti, di difficoltà economiche in generale.
La notizia più letta degli ultimi giorni è stata probabilmente quella dei rincari che da nord a sud stanno mettendo in ginocchio tantissimi locali. I gestori queste attività rischiano di trovarsi davanti a scelte che in un senso o nell’altro potrebbero rivelarsi dolorose.
In tantissimi hanno pubblicato sui loro profili social bollette della luce o del gas con cifre che effettivamente fanno rabbrividire al solo pensiero. Se poi si riflette sul fatto che potrebbero diventare spese da affrontare mensilmente si comincia a capire quali sono le difficoltà di cui si parla.
Gli aumenti stellari erano stati preannunciati, il 55% per l’elettricità e circa il 40% per le forniture di gas. Si sperava però che non arrivassero a concretizzarsi, o almeno non in modo così incisivo.
E invece le prime bollette dell’anno sono arrivate e, pur essendo relative all’ultimo bimestre del 2021, hanno purtroppo confermato le previsioni. Aumenti che potranno arrivare fino a 14.000 euro all’anno secondo i calcoli di Confesercenti, con bollette di energia e gas quasi duplicate rispetto al passato.
Questi non sono gli unici costi maggiorati che graveranno sui titolari. Infatti si registra un aumento generale delle materie prime che andrà a incidere comunque sulle spese totali.
In cosa si trasformeranno questi rincari? Chi pagherà realmente lo scotto di queste drastiche decisioni?
È inevitabile che il primo correttivo ricadrà sui prezzi al pubblico e sarà l’utente finale a ritrovare nel conto una parte di questi aumenti. Non ci sono tantissime possibilità in effetti, o si aumentano i prezzi, nella speranza di conservare la clientela, o si licenzia, o si chiude.
Il settore è già stremato dai due anni di pandemia. Uno studio del Sole 24 Ore, già a maggio 2021, segnalava come si fossero persi 514 mila posti di lavoro in “appena” 14 mesi.
Una perdita di occupazione che supera del doppio quella rilevata negli anni che vanno dal 2013 al 2019. A questa si accompagna un calo del fatturato che molto spesso supera del 50% quello dell’anno precedente.
Secondo Fipe e Confcommercio oltre il 97% delle attività di ristorazione nei primi 14 mesi di pandemia ha subito un forte calo del fatturato. A questo non ha certo posto rimedio il sistema dei ristori, a cui hanno fatto seguito una perdita di fiducia nel settore e un calo degli investimenti.
Aggiungiamo che l’emergenza, tranne la breve pausa estiva, non è mai completamente rientrata. Anzi si è inasprita negli ultimi due o tre mesi, e la situazione appare fortemente critica.
Ciò che è necessario sottolineare è che a questo momento di difficoltà del settore fa da contraltare una contrazione del potere di spesa delle famiglie italiane che difficilmente potranno supportare la ristorazione.
Gli stessi aumenti che graveranno sul settore ristorativo, con le dovute proporzioni saranno affrontati anche dalle famiglie italiane. Questo ridurrà notevolmente la loro spesa che già fino ad oggi risultava notevolmente ridimensionata.
In queste ore continuano ad arrivare notizie di chiusure e di ridimensionamenti.
Addirittura in alcune città si è arrivati alla riduzione degli orari di apertura dei locali, dovuta in parte alla mancanza di clienti, in parte all’altra emergenza dell’ultimo mese. Molti dipendenti si sono trovati in isolamento, causato da positività al Covid o contatto con positivi.
Non ci resta che aspettare la primavera per tirare le nuove somme di un altro “annus horribilis”. Con la speranza di non dover contare troppe nuove chiusure.