Giuliano Donatantonio nato in Germania ma cresciuto a Minori, un paese della Costiera Amalfitana, con papà pescatore e mamma casalinga. La sua passione da ragazzo era quella di diventare calciatore professionista, però si rende conto di dover scegliere qualcosa di più solido e concreto e così decide di iscriversi all’istituto alberghiero e si diploma cuoco, convinto di aver imboccato la strada giusta.
Oggi è uno chef dell’Alleanza dei Cuochi Slow Food. Il suo grande interesse per la cucina traspare in tutto ciò che fa. È alla costante ricerca di idee, prodotti che rispettino il lavoro dei piccoli artigiani del gusto e soprattutto un paladino della tradizione culinaria della sua terra. Nonostante ciò è sempre pronto a confrontarsi con cucine diverse dalla sua dalle quali impara sempre qualcosa.
Di seguito la nostra chiacchierata con lui!
Ciao Giuliano, lavori in ambito culinario da circa 25 anni, contornate da esperienze all’estero, in giro per l’Italia e nelle cucine dei ristoranti della Costa d’Amalfi, raccontaci i tuoi inizi.
Per qualche anno chef al Pineta 1903 a Maiori dove ha potuto presentare piatti della tradizione maiorese mixandoli con il tuo estro ed innovazione, com’è andata?
La mia esperienza al Pineta 1903 è stata un successo. Nel giro di due anni sono riuscito a far conoscere ed apprezzare la mia filosofia di cucina e ad entrare a far parte dell’alleanza dei cuochi Slow Food, partecipando e portando la mia cucina in varie manifestazioni nella mia regione.
Hai contributo, insieme ad altri chef della zona, a recuperare e a diffondere i prodotti ed i saperi del territorio per difendere le produzioni sostenibili, ci racconti cosa avete fatto?
Sono Slow food dentro…per questo mi batto, ancor da prima di averne il riconoscimento ufficiale, per le piccole aziende che ancora producono nel rispetto della natura. Io sono un cuoco che va personalmente a fare la spesa dal pescatore, dal contadino o dal casaro. Voglio vedere con i miei occhi da dove provengono i prodotti, come sono lavorati…
Ora una nuova esperienza all’estero, per la precisione in Francia, come mai questa scelta?
Ho deciso di lavorare all’estero essenzialmente perché non riesco a stare a riposo e sopratutto lontano dai fornelli. Inoltre mi ripeto sempre che c’è sempre qualcosa da imparare, un’esperienza del genere serve a confrontarsi ed a me che sono uno cuoco fondamentalmente tradizionalista fa bene conoscere anche cucine diverse con nuove tecniche.
Hai deciso di partecipare al contest tv “Un cuoco per Alice” per candidarsi a diventare il prossimo chef de “I Sapori del Sole” su Alice TV, che esperienza è stata?
È stata una bella esperienza, ho conosciuto grandi chef con alcuni di loro si è creato un bel rapporto umano oltre che professionale, ma la tv non fa per me…il mio regno resta la cucina…lì mi sento davvero a mio agio…e sono felice di avere il contatto con il cliente quando mi fa chiamare dalla cucina per sottopormi una sua esigenza o semplicemente per complimentarsi o anche lamentarsi. Resto spontaneo.
Qual è il piatto che più ti rappresenta?
Sicuramente lo spaghetto alici noci e pecorino. Piatto semplice dal sapore deciso e legato alle tradizioni della mia terra.
Facciamo un giochino, ci inviti a cena, cosa ci prepari?
Cosa ti auguri per questo 2018?
Il 2017 è stato di sicuro l’anno della ricerca, della riscoperta e delle emozioni non solo per le prelibatezze gastronomiche di cui sono stato e sarò fiero sostenitore, ma anche anche per tutti quegli artigiani e piccoli imprenditori per i quali non posso non esprimere con compiaciuta fierezza rispetto e ammirazione. Per me il cibo è un bene culturale che può e deve fare sviluppo, rispettando la biodiversità e tutti i legami storici legati al territorio. Ogni paese ha le proprie abitudini alimentari, frutto di una memoria storica che si è tramandata di generazione in generazione, creando così identità ed eccellenze uniche. Il 2018 spero sia l’anno del rispetto e del gusto, del giusto e del pulito. Le cose da fare, programmare e intraprendere sono tante.. Ma il mio obiettivo principale è conoscere e far conoscere il territorio e le materie prime:il cibo non solo come simbolo identitario, ma come rito e dono da difendere e preservare con opportune innovazioni senza eccessive manipolazioni seguendo le linee di una geografia del gusto consapevole e ponderata.