“Non è il vino dell’enologo” è un libro di Corrado Dottori, un viticoltore che nel corso della sua vita ha deciso di cambiare strada, abbandonando Milano ed il mondo della finanza, per imbattersi in una nuova avventura. In questo libro Corrado narra il suo arrivo a Cupramontana, una paesino delle Marche dove ha avviato la sua produzione di vini, in particolare del Verdicchio.
Sono stato spinto da una forte esigenza di cambiamento, ormai stanco dalla routine milanese, dal caos della città, ho voluto evadere. A Cupramontana ho ritrovato me stesso, il vino ha rappresentato per me uno stimolo, che mi ha fatto credere in qualcosa e mi ha dato le forze per combattere ed ottenere ciò in cui credo.
Mio padre rappresenta la figura classica del miracolo economico, ha trascorso la sua infanzia a Cupramontana, in quando il papà aveva una azienda agricola. Diventato grande ha nutrito l’esigenza di lasciare la campagna e conoscere la vita della città. Si trasferì a Milano per diventare un ingegnere e grazie alla sua determinazione riuscì a fare tutto ciò che aveva sempre progettato. Io ho fatto il percorso inverso, da Milano ho voluto la tranquillità e la genuinità del paese. Mio padre era una persona abbastanza autoritaria, non era di facili esternazioni, però tutte le volte che ho avuto bisogno di lui, l’ho trovato sempre al mio fianco. Anche adesso che non c’è più capisco quanto erano importanti per me i suoi sorrisi, quando una semplice pacca sulla spalla riusciva a darmi sicurezza.
Quando ho avviato la mia produzione, il vino naturale è stato al centro di grandi dibattiti, non era ben visto soprattutto da sommelier ed enologi. Il vino naturale ha posto il problema dell’agricoltura organica di cui fa parte anche il vino biodinamico, d’altronde il vino è tutto artificiale, è frutto di una trasformazione. La differenza tra i vini naturali e quelli artificiali sta nelle tecniche, mentre in campagna si pratica un’agricoltura con l’utilizzo di tecniche biodinamiche, in cantina, invece, c’è una riduzione a zero dei coadiuvanti alimentari.
Quali sono stati i momenti di paura e quali di svolta, durante la produzione del Suo Verdicchio?
La difficoltà più grande è stata quella di far conoscere il mio vino. Quando ho avviato l’azienda avevo un’ottica totalmente convenzionale, dopo vari studi, ho sviluppato una mia idea di vino, e proporla non è stato semplice, soprattutto riuscire ad aprire un orizzonte che è ben lontano dagli schemi generici di sommelier ed enologi. La svolta l’ho avuta con l’annata 2010, ha maturato i vini che volevo. Il mio “Verdicchio” aveva preso finalmente forma.
Le persone che sono di Cupramontana possono acquistarlo direttamente nella mia cantina. Noi siamo distribuiti in tutta la penisola, in enoteche e ristorante, ma per un contatto più diretto è possibile scriverci sul nostro sito internet “La Distesa”.
Da giovani possiamo intraprendere un percorso per poi ritrovarci da grandi in tutt’altra direzione. Non sappiamo cosa ha in serbo per noi la vita, ma sicuramente ci sorprende ogni volta. Mai lasciare un treno che arriva… anche se non conosciamo la meta, ci darà sicuramente lo stimolo verso la scoperta di cose nuove e inaspettate. Perché non salire sul treno? D’altronde la vita è tutto un punto di domanda!