Dario Guida lavora al Dry Martini Sorrento, che in tutte e due le sue location, in terrazza o al main hall, dona ai propri clienti un’esperienza indimenticabile ed unica creata su misura per ciascun ospite.
Dario Guida come ti sei avvicinato alla mixology?
Salve!! Ricordo come fosse ieri il giorno in cui presi la decisione di diventare un bartender. Circa 9 anni fa vivevo a Londra; lavoravo in un ristorantino al centro di Soho gestito solo da giovani. Un pomeriggio poco dopo aver finito il turno di mattina, mi messaggia il mio datore di lavoro dicendomi: alle 21:00 al ristorante. Porta camicia e giacca, poi capirai. Spinto dalla curiosità mi presentai al ristorante circa 30 minuti prima, un saluto al volo e.. direzione: American Bar at Savoy Hotel. Io che prima di allora rinchiudevo i bar nella cerchia di street bar e/o discoteca, rimasi totalmente folgorato da tutto il contesto, il modo in cui i bartenders si muovevano, un’eleganza a cui non ero per nulla abituato, il servizio, l’atmosfera… tutto, ogni singola cosa m’incantava in maniera indescrivibile fino ad arrivare al punto da esclamare: Io non so questo cos’è, ma voglio farlo anch’io! Fu amore a prima vista. Quindi dopo un po’ decisi di lasciare la capitale britannica e tornare a casa. Mi iscrissi ad un corso di formazione e pian piano cominciai la mia gavetta come barback, per poi proseguire con tante tappe che mi hanno portato qui dove sono oggi
Beh, prima del mio amore per il bar e tutto il mondo che lo circonda, insegnavo breakdance e dipingevo murales/graffiti. Infatti, quando mi trasferii a Londra, oltre il ristorante, avevo un secondo impiego in una galleria e laboratorio d’arte a Portobello che trattava solo street art.
Poi, è entrato il bar nella mia vita, e mi ci sono dedicato anima e corpo. Tra le svariate ramificazioni che il mondo del bar ha da offrire, decisi di dedicarmi prettamente al connubio cocktail – food, cercando un approccio leggermente diverso dal food pairing, nel senso che (anche grazie all’aiuto degli chef) la costruzione del drink era pensata non per esaltare il piatto o viceversa, ma bensì per completarlo. Un approccio folle che però ha dato i suoi frutti, e soprattutto l’approccio con gli chef mi ha dato l’opportunità di accrescere le mie
conoscenze e poter sperimentare cose nuove con consapevolezza.
Durante il mio percorso ho partecipato ad alcune competizioni, ma quella a cui sono più affezionato è sicuramente la Head to Head. E’ stato proprio durante questa gara svoltasi due anni fa, che ebbi l’occasione di conoscere Lucio D’Orsi, General Manager del Dry Martini Sorrento. Incontrai nuovamente il sig. D’Orsi dopo circa un anno, alla semifinale di Baritalia a Bari e qualche mese più tardi a Milano per la finalissima. Fu durante questi incontri che ebbi l’opportunità di presentarmi meglio in tutto e per tutto, tra discorsi in leggerezza e discorsi professionali, mi rendevo conto sempre più che il modus operandi del Dry Martini era più che affine al mio concetto di bar. Una forte sintonia è stata l’artefice della proposta da parte di Lucio D’Orsi di essere il nuovo Head Bartender del Dry Martini Sorrento. Ed è così che è iniziato il mio percorso al Dry.
Capitanato da Lucio D’Orsi, il Dry Martini Sorrento è il quinto di cinque fratelli sparsi per il mondo. Il primogenito nato 40 anni orsono a Barcellona da Javier De Las Muelas. A differenza da ogni altro Dry Martini, il nostro di Sorrento è l’unico ad avere una doppia location. La prima è sulla terrazza del Majestic Palace Hotel che offre una doppia vista mozzafiato una su Sorrento e la sua costiera; l’altra, su Napoli ed il suo golfo con il Vesuvio che la fa da padrone. La seconda location è al Main Hall on Pool Side, uno splendido banco vista piscina con una liquor display in stile libreria che vanta oltre 650 etichette. La nostra filosofia che è anche il nostro modus operandi, è ospitalità e attenzione all’ospite e ad ogni minimo dettaglio. Per noi la cura dell’ospite è più che fondamentale. Dobbiamo ricordare che la superstar non è dietro al bancone, ma bensì davanti. Accogliere ogni ospite con un sorriso è la chiave del successo. A soddisfare ogni esigenza ci sono le nostre Drink List suddivise in: Classici, Eccentrici, Signature, Dry & Tonic, Fresh Fruits e ultima arrivata in casa Dry: la Drypedia. Una drink list ispirata alle sette arti e suddivisa in altrettanti volumi. Ogni trimestre un nuovo volume, ognuno di questi composto da otto cocktails, quest’anno abbiamo pubblicato il primo volume: Letteratura.
Cosa pensi del bartending di oggi e come pensi cambierà nell’immediato futuro?
Ad oggi il bartending è cambiato moltissimo e tanto è dovuto ad una maggiore consapevolezza ed interesse da parte dell’ospite. Il mondo del bar odierno gode di attrezzature innovative in grado di dar vita a prodotti unici nel loro genere, quindi il bar diventa un vero e proprio laboratorio alchemico, dove l’alchimista (il bartender) si cimenta in nuovi “esperimenti di pozioni” in modo da poter tenere viva la curiosità dell’ospite. Nonostante tutto questo progresso però, penso ci sarà un “back to the classic”.
Il cocktail must del Dry Martini è appunto il Martini Cocktail. Rigorosamente “stirred not shaken”, adoro la tecnica dello steering. La cosa che mi attrae maggiormente di questa tecnica è il suono delicato del ghiaccio che scivola sulle pareti del mixing glass e contemporaneamente sentire tutti i profumi del cocktail che sto andando a preparare. In momenti “busy” mi diverte molto mescolare e shakerare contemporaneamente, trovo che sia di forte impatto visivo anche per l’ospite che sta guardando.
Ma quanto spazio ha la creatività nel tuo lavoro?
Tanto. Ritengo che la creatività sia un pilastro della miscelazione se usata con coscienza. Creare qualcosa dal nulla non è semplice, bisogna studiare molto, avere una conoscenza non solo dei cocktails e della storia che si cela dietro ognuno di essi, ma bisogna conoscere nel profondo la merceologia, i prodotti che si vanno ad utilizzare che siano distillati, liquori, frutta, spezie ecc… Solo avendo piena coscienza di ciò si sta utilizzando, si può dare spazio alla creatività.
Sono un amante del Whisky/Whiskey in tutte le sue forme. Dai single malt ai rye. Trovo che il whisky/whiskey sia uno dei prodotti più versatili. Sono ricchi di aromi, gusto e retrogusti che difficilmente troviamo in altri distillati, ed è proprio questa ricchezza di sapore che rende il whisky/whisky, per me, il miglior prodotto da miscelare.
Qual è il cocktail che preferisci bere e quello che preferisci realizzare?
Come detto poc’anzi prediligo il whisky/whiskey. E senza indugi il drink che preferisco realizzare è allo stesso tempo quello che preferisco bere, ovvero: un intramontabile Old-Fashioned. seguono a ruota: Manhattan, Rob Roy, Boulevardier.
A tuo parere, che cosa non può mancare in un bar, a livello di servizio, di attenzione?
Il sorriso! Accogliere un ospite che ha scelto il nostro locale tra tanti è sempre un onore. Basta un sorriso per far sentire a proprio agio una persona. Come dico sempre: per un bartender il cocktail è l’ultima cosa. Il saper accogliere un ospite, far in modo che non manchino mai acqua e tovaglioli, insomma, attenzione ad ogni dettaglio, perché si sa : sono i dettagli che fanno la differenza. Una volta alzatosi, all’ospite non basta un arrivederci, è il “grazie” che conta
Purtroppo stiamo vivendo una fase alla quale il mondo della ristorazione e dell’hospitality in generale non era per nulla preparato. Io sono un inguaribile ottimista, e penso che tornerà tutto com’era prima, sicuramente con qualche accorgimento in più.
Progetti per il futuro?
Penso che come ogni altro bartender desideri, il mio progetto più grande è quello di aprire il mio cocktail bar. Ho ancora tanto che voglio dimostrare e ancor di più da imparare, e senza ombra di dubbio con una famiglia come il Dry accanto, non posso far altro che crescere e maturare. Progetti, idee, ambizioni sono tutte condivise e sono parte integrante di noi. Io con tutta la famiglia Dry Martini pensiamo sempre al domani a come poter offrire e dare sempre di più.