La storia di Girolomoni inizia nel 1971 con Gino Girolomoni, giovane sindaco del comune di Isola del Piano, che comincia a promuovere iniziative volte a valorizzare e sostenere l’antica civiltà contadina: corsi di agricoltura biologica e convegni attirano intellettuali, giornalisti e tecnici da tutta Italia. Queste prime esperienze sono alla base della nascita, il 13 luglio 1977, della Cooperativa Agricola Alce Nero®, di cui viene ceduto il marchio circa 25 anni dopo, diventando Montebello®. In seguito alla scomparsa del suo fondatore, avvenuta nel marzo del 2012, la Cooperativa cambia il proprio nome in Gino Girolomoni Cooperativa Agricola®.

Riproponiamo un’interessantissima intervista fatta con il presidente della cooperativa Giovanni Battista Girolomoni.

 

 

“Mangiare non è soltanto trasformare e cuocere il cibo: è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, colore, sapienza, profumo, semplicità, compagnia.”, questa frase di Gino Girolomoni, è alla base della sua e della vostra filosofia, ci raccontate di più?

Questa frase racconta tanto di noi, della nostra visione, perché riecheggia le tavolate del mondo contadino, quelle attorno cui ritrovarsi in tanti, dopo una giornata di fatica, fatta di condivisione, di cibi semplici ma con tutto il sapore di una terra buona, custodita senza veleni, in parte frutto della fatica umana e della sorte. Perché il cibo non è merce, ma dono.

Alcune frasi di Gino che hanno attratto la nostra attenzione sono:: “L’agricoltura biologica e biodinamica sono la cura alle profonde ferite inferte alla campagna.” e ”La Terra è nostra madre! Una madre che ti nutre e tu devi custodirla!”, ci spiegate i vantaggi dell’’agricoltura biologica e come si fa in un mondo caratterizzato dalla competizione globale?

Dai pochi ettari degli anni 70, negli ultimi anni la superficie agricola coltivata in biologico è aumentata del 70% circa, mentre l’intera economia è in forte crisi, il biologico è in contro tendenza.

Ma naturalmente i benefici non si fermano qui.

Oramai per fortuna il termine biologico è entrato a far parte del linguaggio comune, significa cioè produrre alimenti senza l’uso di sostanze chimiche di sintesi (erbicidi, pesticidi, concimi chimici, anticrittogamici e così via).
Perché fare a meno di questi di questi prodotti?

I concimi chimici aumentano le rese, ma causano una crescita forzata delle piante e si va ad alterare l’equilibrio ecologico: perdita di fertilità del terreno, scadimento nutrizionale, proliferazione dei parassiti. Si innesca poi un circolo vizioso che costringe ogni anno a ripetere decine di trattamenti e le piante diventano dipendenti dagli apporti esterni.

Il rischio di consumare prodotti con residui di pesticidi è inferiore rispetto al passato, ma ancora oggi è uno dei principali effetti collaterali dell’agricoltura chimica. E’ vero che ci sono dei limiti di legge sulla capacità di assorbimento da parte del corpo umano del singolo residuo, ma nessuno ci ha mai detto quali sono gli effetti delle interazioni tra residui. Esattamente come hanno messo in luce anche le indagini ISPRA sulle acque superficiali e profonde dove a spaventare è il miscuglio di pesticidi presenti…

 Quindi scegliere biologico è il modo più sicuro di ridurre al minimo l’uso e l’assunzione di pesticidi .

Ma i pesticidi e tutte le sostanze chimiche di sintesi non causano solo problemi di salubrità, ma soprattutto di sostenibilità. Tutti questi prodotti sono figli dell’industria petrolifera e hanno un pesante impatto ambientale in termini di inquinamento ma anche in termini di efficienza energetica. 

Quindi in estrema sintesi la prima risposta è il biologico per contrastare l’industria dei veleni e quindi biologico come cura alle profonde ferite della terra causate dalla chimica di sintesi.

Ma nel nostro caso, una frase che mio padre ripeteva spesso è 

“L’agricoltura biologica è un punto di partenza per ricostruire il mondo rurale”.

 

Oggi l’agricoltura biologica sta vivendo un grande boom, il mercato che continua a crescere da diversi anni (il 2015 in particolare è cresciuto a doppia cifra in Italia e un po’ in tutta europa).

Finalmente l’anno scorso hanno iniziato ad aumentare anche le superfici coltivate a bio. Dopo anni però in cui le superfici erano ferme. Era un trend preoccupante quello degli ultimi anni perché all’aumento della richiesta di biologico si tende a rispondere troppo facilmente con l’import di materie prime dall’estero

Il biologico è nella fase 3.0.

Come riporta Ifoam (Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica), la prima fase, quella “1.0”, è stata iniziata dai pionieri che hanno osservato i problemi legati alla direzione che stava prendendo l’agricoltura chimica e hanno visto il bisogno di un cambiamento radicale. La seconda fase “2.0”, è quella della certificazione, che grazie alla codificazione degli standard dell’agricoltura biologica e l’inserimento in un quadro legislativo, ha permesso lo sviluppo del settore. La fase “3.0” la stiamo vivendo ora e consiste nel portare il bio fuori dalla corrente nicchia, per diventare mainstream e contribuire a risolvere le tremende sfide del pianeta e della nostra specie.

In questo nuova fase si inseriscono anche l’industria, la distribuzione e le multinazionali. Giusto per dare qualche esempio: Barilla lancia anche in Italia la Pasta bio; McDonald’s in Germania propone l’hamburger biologico; Unilever, leader mondiale dei beni di largo consumo con più di 400 brands, nel corso dell’anno ha acquisito due aziende: Pukka Herbs, produttrice britannica di tè e tisane bio, e Mãe Terra, azienda bio brasiliana con più di 300 dipendenti; l’azienda americana C Johnson & Sons acquista Ecover, storico marchio Belga di detergenti sostenibili; Amazon acquisisce Whole Foods, la più grande catena di supermercati naturali e bio negli USA, per circa 13,7 miliardi di dollari.

Personalmente non so come prendere queste notizie, da una parte penso siano un bene, dall’altra mi spaventano un po’ e mi manca molto la nostra sentinella Gino.

Ma è proprio in questo momento che il bio cresce a dismisura che è necessario prestare la massima attenzione, perché il rischio è quello della convenzionaliazzione del bio.

“L’agricoltura biologica era un punto di partenza per ricostruire il mondo rurale: ci siamo fermati?”

ETICHETTA E LOGO VERDE BIO COME PUNTO DI ARRIVO.

Si perde così l’opportunità di fare del biologico un punto da cui partire per ricostruire il mondo agricolo e anzi rischia di prevalere un biologico industriale e non rurale.
A questo rischio noi rispondiamo in due modi:

  • BIOLOGICO COME SFIDA CULTURALE
    Noi da sempre sosteniamo che il biologico è una sfida culturale. La promozione dei prodotti bio non può passare solo attraverso marketing e comunicazione, è necessario invece che si presenti l’agricoltura biologica come uno stile di vita  e non solo come un’opportunità di mercato, altrimenti i risultati che si raggiungono rischiano di essere solo a breve termine.
    E poi c’è la FONDAZIONE GIROLOMONI, che rappresenta simbolicamente il cuore di tutta la nostra attività.
  • BIOLOGICO COME OPPORTUNITA’ PER LA COMUNITA’

Il tema è quello  del ritorno alla terra non come operazione nostalgica, ma come proposta di comunità diversa. Con la forte consapevolezza che viviamo nel terzo millennio e con gli strumenti di questo tempo dobbiamo rispondere ai problemi, efficienza, imprenditorialità, commercializzazione, soprattutto con la possibilità di incidere nel territorio in cui viviamo e in cui siamo inseriti.
Quindi sull’alimentazione dobbiamo cambiare il paradigma, il biologico può rappresentare una grande opportunità di cambiamento per tutti, e ognuno deve partire dalla propria comunità.

Creando un modello dove davvero la ruralità torni al centro e le Marche ne hanno tutti i presupposti, perché sono la regione più stimata in Italia dove si pratica un biologico di qualità.

Noi da parte nostra da oltre 40 anni cerchiamo di mettercela tutta, non da soli, anzi cerchiamo alleanze come con gli amici de La Terra e il Cielo di Piticchio di Arcevia, con i quali stiamo condividendo un percorso comune di investimenti all’interno del primo progetto di marcofiliera regionale, sotto il nome di Consorzio Marche Biologiche.
All’interno di questo progetto c’è l’obiettivo di costruire anche il mulino a Isola del Piano, attaccato al pastificio. Avremo quindi primi nel mondo, proprio nelle Marche la filiera tutta bio, gestita e controllata dagli agricoltori stesso. Era il sogno di Gino Girolomoni, e siamo emozionati nel portare avanti questo progetto.

Nel 1977, Gino insieme alla moglie Tullia, fonda la cooperativa Alce Nero, nel 2004 c’è la separazione dal marchio Alce Nero e la nascita del marchio Montebello®, per poi trasformarsi definitivamente in Girolomoni®, ci raccontate le fasi della storia dell’azienda?

Nel 1971 iniziano le prime attività culturali di valorizzazione della civiltà contadina a Isola del Piano, mentre Gino era un giovane sindaco del piccolo paese di Isola del Piano, quelle attività fecero da culla alla nascita della Cooperativa Alce Nero nel 1977 insieme a sua moglie Tullia, a due anziani agricoltori e a cinque giovani del paese. Piano piano negli anni la cooperativa si è strutturata nell’organizzazione agricola, poi nel farne una pasta, nella distribuzione e commercializzazione, ogni parte della filiera è andata strutturandosi, spesso con enormi difficoltà, non solo economiche, si pensi ad esempio ai sequestri di pasta perché fummo il primo pastificio in Italia a fare pasta integrale macinando tutto il chicco di grano e non aggiungendo crusca alla semola già raffinata, come invece si usava fare. Questo comportava una quantità maggiore di ceneri che facevano uscire la nostra pasta integrale da quella che veniva definita come tale secondo le norme vigenti.

Nel 2004 c’è la separazione dal marchio Alce Nero e la nascita del marchio Montebello®, con una grafica che raffigura in sintesi il monastero di Montebello. Nel 2012 Gino Girolomoni viene tristemente a mancare. Il nome Girolomoni® sostituisce del tutto quello di Alce Nero e Montebello: il posto del capo indiano a cui ci si era ispirati per il primo brand lascia spazio a questo “capo” contadino che nella vita ha saputo galoppare, con quanto fiato aveva in corpo, per le colline pesaresi, per raccontare una storia e per vendere i suoi prodotti. Quei prodotti che la cooperativa è ancora in grado di offrire grazie a ciò che Gino ha lasciato in eredità e grazie alle convinzioni che continuano a vivere in noi figli, collaboratori e soci.

Quest’anno, dopo 20 anni circa il grano verrà di nuovo trasformato qui, sulla collina di Montebello, accanto al pastificio. Facendoci diventare la prima cooperativa agricola italiana a detenere l’intera filiera.

Tra i vs prodotti troviamo Pasta di Grani Antichi, prodotta utilizzando tre varietà di cereali che abbiamo recuperato dal passato, potete dare qualche informazione in più per i nostri lettori?

Realizziamo una pasta di alta qualità valorizzando il grano prodotto dai quasi 300 agricoltori soci della cooperativa. La pasta è prodotta con le più moderne tecnologie nel rispetto della tradizione. L’essiccazione avviene in tempi molto lunghi al fine di mantenere nella pasta tutti i principi nutritivi ed organolettici presenti nel grano.

Accanto alla pasta di semola di grano duro – bianca o integrale – nella produzione di pasta bio Girolomoni® spiccano le tipologie prodotte utilizzando tre varietà di cereali recuperate dal passato: Cappelli, Graziella Ra® e Farro Triticum Dicoccum.

Per produrre la pasta con il grano khorasan Graziella Ra la Girolomoni® utilizza un grano biologico con spighe alte e bellissime, coltivato nei campi intorno al pastificio a Isola del Piano. La denominazione viene da una storia che ha per protagonista una bambina, Graziella, con padre archeologo che riportò questo grano da una spedizione in Egitto, e dal nome del sole, che così si chiamava nell’antica lingua egizia: RA. Da analisi condotte dall’Università di Urbino (Dipartimento di Biotecnologie Alimentari), risulta essere un frumento particolarmente ricco di proteine, di sali minerali e di selenio

Il grano antico Cappelli è chiamato così in onore del senatore abruzzese Raffaele Cappelli, promotore nei primi del ‘900 della riforma agraria. Cappelli è un grano antico ad elevato contenuto proteico, che svetta maestoso nei campi (può raggiungere i 180 cm). Proprio la sua altezza ha reso difficile coltivarlo, perché con il vento e la pioggia le spighe sono a rischio di allettamento. Questa varietà era stata quindi abbandonata nel dopoguerra a favore di grani di taglia più bassa e più produttivi, ma dagli anni ’90 è stata riscoperta e recuperata dagli agricoltori biologici. Se ne ottiene una pasta di buon tenore proteico, alto contenuto di fibra alimentare, elevata percentuale di amido e alto valore energetico.

Infine la pasta Girolomoni di Farro Triticum Dicoccum. Il farro è un cereale antico, con alte componenti nutrizionali che si ritrovano anche nel prodotto finito. Con il farro Girolomoni® produce una pasta bianca utilizzando 100% farina di farro ed una pasta integrale utilizzando 100% farina integrale di farro, macinata a pietra.

Presto le paste di grani antichi e grano duro Girolomoni avranno un ulteriore valore aggiunto: la cooperativa infatti di recente ha annunciato che sono iniziati i lavori per la costruzione di un molino di proprietà direttamente collegato al pastificio, a Isola del Piano (PU). Un investimento che ammonta a 3 milioni di euro, grazie al quale la Girolomoni® potrà controllare la lavorazione del grano in ogni fase, diventando il primo pastificio biologico italiano a chiudere la filiera, dal seme al piatto.

Presto sulla collina marchigiana a 15 km da Urbino svetteranno l’uno vicino all’altro: la locanda, il monastero, il pastificio e il molino.

 

Inoltre producete Pasta di grano duro, ottenuta esclusivamente con grani duri coltivati in Italia, dai nostri soci o da aziende con voi convenzionate, quali sono le sue caratteristiche?

Fatta con grano duro coltivato da noi, nutriente grazie alta materia prima di qualità e ad una lavorazione lenta che ne permette la conservazione dei principi nutrizionali nella trasformazione del chicco in pasta.

La pasta dal gusto semplice, ma comunque intenso in quanto ai profumi che richiamano ai granai e dal prezzo conveniente.

La pasta di grano duro ha queste varianti:

  • Bianca
  • Integrale
  • Semi- Integrale
  • Paste speciali (Strozzapreti tricolore e fusilli verdi agli spinaci)

Alcuni formati son trafilati al bronzo, pasta ruvida, e altri al teflon, pasta liscia, tra le due non ci son differenze qualitative, solo nel gusto.

L’essiccazione avviene a basse temperature ed in tempi molto lunghi (circa 12 ore per la pasta lunga e circa 8 ore per la pasta corta) al fine di mantenere nella pasta tutti i principi nutritivi ed organolettici presenti nel grano. Tutta la pasta Girolomoni® viene prodotta nel nostro pastificio a totale conduzione biologica e alimentato da una caldaia a cippato.

Troviamo anche altri prodotti come il caffè, legumi, olio etc. che sono tutti prodotti provenienti da aziende del biologico che collaborano con la Cooperativa Girolomoni, ci potete raccontare qualcosa?

Sono aziende biologiche, serie, con cui collaboriamo per riuscire ad avere un listino più ampio, che comunque giri attorno alla pasta, ad eccezione del caffè che invece nasce come progetto solidale con Port de Paix in seguito alla richiesta di un amico.

Il Monastero di Montebello nasce nel 1380 fondato da Beato Pietro Gambacorta da Pisa, Gino e Tullia in quarant’anni. Sono riusciti a ricostruirlo in tutte le sue parti, un’impresa titanica, com’è nato questo progetto?

Nasce da un’idea cristiana, spirituale, questa è stata la grande forza per mantenere le convinzioni e la determinazione nelle difficoltà. La missione era risollevare un luogo cristiano importante andato perduto e farlo rivivere con un progetto imprenditoriale che desse nuove chance al territorio  e che nel farlo tenesse conto anche dello spirito dell’uomo, del rispetto del prossimo e del creato, questa volontà ha preso corpo in quarant’anni e si è tradotta in quello che oggi siamo: un organizzazione di produttori a cui viene riconosciuto un giusto prezzo per il grano, nei tempi giusti, una cooperativa agricola che trasforma il grano di quegli stessi produttori e ne fa una buona pasta e la porta in tutto il mondo, investendo quando possibile in energie rinnovabili, una Fondazione che nutre la culutura anche attraverso una rivista trimestrale “Mediterraneo Dossier” simbolo del nostro fare e pensare, raccoglitore di idee e di pensieri, nostri e di altre realtà E per finire le motivazioni iniziali si son tradotte anche in un agriturismo e una locanda a far da mamme a questa collina che altrimenti non avrebbe accoglienza.

Avete anche un agriturismo dove è possibile soggiornare e poter mangiare cibo sano, campi coltivati con metodo biologico, come si innesta nella vostra filosofia?

Bello il verbo “innestare”! Esattamente, l’agriturismo s’innesta più tardi, prima l’accoglienza avveniva in modo familiare, poi si è sentita l’esigenza di strutturare un’accoglienza che permettesse di assaggiare la pasta che produciamo, e che potesse far fermare qui i giornalisti, i clienti, i visitatori, gli studenti e tutti i curiosi di voler vivere quest’atmosfera per qualche giorno, per poter abitare questo stile di vita.

Dispone di 11 camere dislocate tra due strutture: monastero e locanda, distanti 500 mt tra loro.

Con circa 25 posti letto e 60 per mangiare.

Intrattenimenti? La piscina tratta con sale presso la locanda, la visita al pastificio e al monastero, per il resto si può godere della natura, dei bellissimi tramonti, diamo a disposizione delle coperte per guardare le stelle la sera dopo la cena in locanda, si possono fare passeggiate qui intorno, un buon libro e volendo qualche giretto nella zona, non mancano mete culturali e naturalistiche, siamo a 15 km da Urbino e 35 km da Fano e Pesaro.

La cucina della locanda utilizza ingredienti provenienti da agricoltura biologica, con ricette tradizionali, ma anche nuove, perché la tradizione sia il punto di partenza e non il legaccio della creatività. Riteniamo che vada sempre conosciuta e contemplata dai ragazzi che lavorano in cucina ma non deve essere freno alla loro espressione.

Il risultato è un menù stagionale circoscritto a 15 portate, in cui le tre chiavi di lettura sono: territorio, biologico e cura.

Da voi è anche possibile partecipare alla fattoria didattica di Montebello dove i ragazzi oltre ad assistere al ciclo di produzione della pasta, vengono istruiti sui vantaggi del biologico, che riscontro avete?

Ciò che rende prezioso il lavoro della Cooperativa Gino Girolomoni è l’attività culturale e di divulgazione rivolta a chi è sensibile a uno stile di vita sostenibile, a un modo consapevole di nutrirsi e farsi del bene. E sostanzialmente i modi in cui lo facciamo sono tre: l’accoglienza, la rivista della Fondazione Girolomoni “Mediterraneo Dossier” e la fattoria didattica.

Qui è facile incontrare scolaresche e gruppi universitari di tutta Italia ospitati per far conoscere le nostre attività, la nostra storia, il nostro ambiente.

Presso la nostra fattoria didattica di Montebello i ragazzi oltre ad assistere al ciclo di produzione della pasta, vengono istruiti sul perché non usiamo veleni né additivi chimici e su cosa sia un alimento biologico.

I ragazzi si entusiasmano nel prendere in mano gli spaghetti appena usciti dall’impastatrice, nel vedere una mucca al pascolo, nel correre nei prati respirando l’aria pulita delle nostre colline.

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

Alcuni sono ancora nei nostri pensieri, quindi non ne parliamo ancora. Un progetto che invece ormai possiamo dire quasi compiuto è il molino.

Dopo anni di attesa e studi, il 18 Giugno 2018 sono stati avviati i lavori che termineranno a fine settembre, se tutto va bene.

Saremo la prima cooperativa italiana di agricoltori a chiudere la filiera agricola, dal seme al piatto attraverso la costruzione di questo molino a cilindri, il più piccolo molino a cilindri che si possa costruire, realizzato da una ditta tutta italiana, la Ocrim.

Per noi questo è la realizzazione di un sogno, quella cioè che un gruppo di agricoltori sia riuscita ad auto determinarsi, detenendo tutta la filiera partendo dal nulla e restando nel proprio territorio.

Il molino darà la possibilità di partire da una materia prima di qualità, ben coltivata, e di poter scegliere i silos da cui attingere nella preparazione delle giuste miscele di grano da avviare alla macinazione. E’ un indiscutibile valore aggiunto potere selezionare le migliori semole per fare la pasta, con un feedback continuo tra laboratorio analisi, molino e pastificio, ottenendo così una semola su misura, quindi una pasta su misura.

Dopo quarant’anni spesi nei campi e a diventare bravi nel fare pasta, ci cimentiamo in un nuovo mestiere, quello dei mugnai.

Luigi Cristiani

Laureato in Economia, ha poi conseguito un MBA presso lo Stoà. Lavora in Enel Green Power dove si occupa di pianificazione e controllo . Dal 2010 scrive su diversi blog di economia e finanza (Il Denaro,...

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